Vi presento i Santa Margaret: Rock e cantautorato si fondono in un’atmosfera...

Vi presento i Santa Margaret: Rock e cantautorato si fondono in un’atmosfera vintage.

0 462

I Santa Margaret nascono a Milano dall’incontro della cantautrice Angelica Schiatti
(classe 1989), con il chitarrista delle Vibrazioni, Stefano Verderi. Negli ultimi due anni si sono
dedicati alla composizione di brani originali, chiamando a se amici e musicisti di lunga
esperienza nella scena milanese, per dare vita ad un sound che affonda le sue radici nel
blues e nel rock, per poi perdersi in sonorità più psichedeliche, e ritrovare infine la strada di
casa con melodie tipiche della canzone d’autore italiana degli anni ’60. In occasione dell’uscita del loro primo Ep, “Il suono analogico cova la sua vendetta” (Vol.1), abbiamo intervistato la frontman e voce Angelica, che partendo dalle origini, ci ha svelato i sogni futuri.

Angelica, come sono nati i Santa Margaret e quali sono le influenze musicali?
«Il progetto Santa Margaret nasce effettivamente da poco tempo, ma noi veniamo tutti da esperienze musicali di vecchia data. Abbiamo iniziato io e Stefano (Verderi ndr) che è il produttore del disco e il chitarrista a scrivere dei pezzi. Entrambi avvertivamo la necessità di un sound un po’ più costruito rispetto a quello cantautorale. Dato che tutti e due abbiamo le stesse influenze musicali e ci rifacciamo al rock degli anni ’70 e al cantautorato italiano, abbiamo formato questa band, completandola con Marco Cucuzzella (batteria ndr), Leonardo Angelicchio (tastiere ndr) e Ivo Barbieri (basso ndr), con cui suonavamo da parecchi anni. Il fatto di ritrovarsi insieme a suonare è stato un gesto abbastanza naturale e di qui sono nati i Santa Margaret».

Un nome che incuriosisce e rievoca il centro e sud America: come è stato scelto?
«Noi volevamo rifarci all’italianità nel mondo. Evocando tutto ciò che è mediterraneo e che si riferisce al Sud. Per cui abbiamo scelto Santa, che è un nome sicuramente nostrano e Margaret, che invece è internazionale. In più Margaret è donna e questo richiama il fatto che sono una donna e quota rosa in una band al maschile. In definitiva Santa Margaret è un luogo di ispirazione, ma anche un’isola che non c’è».

Il vostro sound è un vero mix di rock e sonorità a tratti antiche, un’operazione nostalgica amplificata anche dalla scelta di registrare in analogico e vendere la vostra musica su vinile. Non è una cosa un po’ anacronistica?
«Non siamo nostalgici, anche se ci piace la musica del passato. In realtà la registrazione in analogico non è affatto una scelta antica. Ad oggi si può scegliere tra la tecnologia digitale e quella analogica, anche sulla base di cosa suona. Noi utilizziamo strumenti vintage e per questo siamo giunti alla conclusione che l’analogico sarebbe stata la strada più ovvia, conseguente e naturale. Quanto al vinile, vorrei ricordare di come sia l’unico supporto, ad oggi, dove la musica si sente veramente bene. E’ il formato migliore per trasmettere l’onda sonora e il tocco. Detto questo posso dire che il Cd lo faremo. Del disco abbiamo lo streaming e il download gratuito e quindi è già presente una versione digitale».

La scelta di spezzare il lavoro in due Ep, uno appena uscito e l’altro che invece sarà pubblicato nel 2015 è stata dettata dalla necessità di rifinire i brani del secondo disco?
«In realtà è un unico volume, infatti anche il secondo Ep è già pronto. L’abbiamo diviso in due, per una questione di promozione. Poiché siamo emergenti e siamo sbucati come un funghetto nel bosco era più conveniente spezzarlo. L’unico dubbio è capire se il secondo sarà in effetti un Ep oppure un Cd che conterrà anche la prima parte. Ma la decisione arriverà alla fine di questo tour promozionale».

Il vostro debutto dal vivo è arrivato sul palco di una band rock storica, quali sono i Deep Purple. La vostra vera essenza è la musica dal vivo?
«Assolutamente. Ma credo che tutte le band ambiscano esibirsi su un palco. La differenza tra una band ed un interprete sta proprio nel fatto che noi lavoriamo sempre insieme al nostro produttore e quindi il concerto è lo sbocco naturale del nostro prodotto. Un interprete magari ha una produzione e degli strumentisti che possono differire tra studio e palco. Parte del nostro disco è in realtà una live session e questa è sicuramente la dimensione che noi preferiamo. Purtroppo il vero problema è la mancanza di spazi dove potersi esibire dal vivo. Magari si trovano locali dove suonare unplugged, ma sono situazioni ristrette. A noi piacerebbe allargare un po’ i nostri orizzonti».

Come siete stati accolti dal pubblico rock genuino dei Deep Purple?
«Il pubblico era molto eterogeneo: dall’adolescente al cinquantenne. Ad oggi possiamo dire che sia stata la platea più figa che noi abbiamo mai avuto. Gli spettatori erano molto attenti ed io ero preparata al peggio, visto che mai ero salita su un palco così prestigioso. Invece ci hanno accolto benissimo. E’ stato eccezionale».

Tra qualche giorno uscirà il film di Aldo Giovanni e Giacomo, “Il ricco, il povero e il maggiordomo”, con due vostri brani nella colonna sonora: come è nato questo progetto di collaborazione?
«La cosa è nata in modo casuale. Cercavano pezzi rock per il trailer e per alcune scene e tra i vari ascolti che hanno fatto hanno scelto i nostri pezzi. Siamo sorpresi ed onorati, perché amiamo moltissimo Aldo, Giovanni e Giacomo. La loro è una comicità di serie A, senza dimenticare che sono nostri concittadini. Non li abbiamo ancora conosciuti, ma speriamo di farlo nelle prossime settimane. Sarebbe bello nascesse in futuro qualche altra collaborazione, perché crediamo nelle sinergie delle varie forme d’arte. Basti ricordare la copertina del nostro disco che è stata realizzata da Shout, un illustratore forse sconosciuto in Italia ma bravissimo, che siamo contenti di promuovere».

Il film potrebbe regalare la consacrazione, ma cosa vedono i Santa Margaret nella sfera di cristallo per il loro futuro? Magari Sanremo?
«Sanremo sarebbe la cosa più bella e importante. Purtroppo il Festival è una delle ultime manifestazioni con una simile visibilità, dove è possibile suonare i propri pezzi e farsi conoscere. La partecipazione non dipende da noi. Ci speriamo, anche se non sarà facile».

Intervista a cura di Vincenzo Nicolello

NO COMMENTS

Leave a Reply