PJ Harvey e la sua magnifica band portano Milano nei Paesi in...

PJ Harvey e la sua magnifica band portano Milano nei Paesi in guerra

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PJ Harvey Milano, 23/10/2016 foto di Francesco Prandoni
PJ Harvey Milano, 23/10/2016 foto di Francesco Prandoni

La nostra eroina del rock inglese ha viaggiato tanto e a lungo per arrivare fino a noi.
Tra il 2011 e il 2014 attraversa le terre polverose e degradate, lacerate dalla guerra dell’Afghanistan e del Kosovo, raggiunge “la città dove vengono prese le decisioni riguardanti questi due Paesi”, la ricca e contraddittoria Washington DC, ed è tornata a casa, a registrare sotto gli occhi del pubblico al Somerset House di Londra. Il risultato di quest’esperienza, oltre al libro che raccoglie le sue poesie e le foto di Murphy The Hollow of The Hand, è un album di quelli che pesa, che vale e che scotta, corrosivo.

Si chiama The Hope Six Demolition Project, è stato pubblicato il 15 aprile 2016, è stato portato sui palchi dei più importanti festival musicali questa estate e ora viaggia in un tour autunnale europeo.

Il 23 ottobre è arrivato all’Alcatraz di Milano.

Lasciamo stare i convenevoli, PJ Harvey e la sua band di 9 uomini sono magnifici.
Proprio come i 10 magnifici eroi di un vecchio cartone animato anni ’80, ma attualissimi.
Entrano in scena tutti insieme, in marcia, uno dietro l’altro, ognuno col proprio strumento, interrompendo il lungo silenzio nel quale il pubblico era immerso da ore. Chain of Keys è perfetta per immolare questo momento. E’ un inizio solenne, marcato poi da The Ministry of Defence, seconda in scaletta, in cui le 9 eleganti presenze maschili sul palco rendono onore e giustizia al forte carisma della protagonista, coperta di una striscia di pelle nera che le fa da gonna e piume corvine sulla giaccia e tra i capelli.

The Hope Six Demolition Project trionfa sul palco: tutte le canzoni dell’album sono portate in scena in ordine sparso e prima che un altro pezzo possa cominciare la disposizione dei musicisti e il loro ruolo è cambiato, ognuno ha il proprio posto in prima fila accanto alla regina del rock. Si muovono, cantano e suonano in perfetta armonia, come un in ingranaggio complesso e preciso.
A sconvolgere infatti è la perfezione dell’esecuzione, come da album, ma anche la potenza e l’energia che solo un live può trasmettere.

Le performance di PJ Harvey sono di quelle che rimangono impresse per anni: le parole si uniscono ai gesti, la cantautrice diventa interprete e si riportano in scena le atmosfere e gli animi di ogni album le cui canzoni hanno un posto nella setlist.

I brani tratti dal precedente capolavoro Let England Shake, vincitore del Premio Mercury nel 2011, si inseriscono alla perfezione nello scenario di atrocità e ipocrisie raccontato da PJ e i suoi eroi.
Dalle parole di A Line in the Sand, a quelle di Medicinals, passando per The Words That Maketh Murder e The Glorious Land: è difficile non essere disarmati e colpiti dalla semplice schiettezza e crudità dei testi, immersi nella magnificenza del suono di fiati, percussioni, chitarre, battiti di mani e cori.

Ma un attimo dopo ci si ritrova catapultati nella plumbea solitudine di White Chalk, album del 2007, con When Under Ether e The Devil, tra le quali si inserisce lo struggente assolo di sax di Terry Edwards in Dollar Dollar, che dal vivo acquista qualcosa di magico e inaspettato.

C’è anche spazio per l’aggressivo punk rock dell’ormai lontano secondo album (Rid of Me, 1993) in un’unica ma imponente canzone che è 50ft Queenie, e per i grandi successi del passato Down by the Water e la titletrack di To Bring You My Love, cantate insieme al pubblico, che pende dalle grandi labbra di Polly. Rapito e stregato partecipa come da copione al coro e recita allucinato la filastrocca: “Little fish, big fish. swimming in the water. Come back here, man, gimme my daughter…”

Il gran finale spetta al mantrico gospel River Anacostia: il sipario architettonico alle spalle del palco scende piano, le luci si abbassano, i suoni si assottigliano e uniformano, rimangono solo le percussioni. Infine il mantra è recitato da tutti solo con le voci, anche dal pubblico: “Wade in the water, God’s gonna trouble the water..”, i nostri 10 magnifici eroi ora sono tutti in prima fila, gli uni accanto agli altri. Le luci si spengono e la salvezza sembra essere stata toccata con un dito.
Il ritorno sul palco per il bis non ha particolarmente colpito, lasciando i fan più accaniti leggermente delusi, ma non per questo il live non rimarrà un’esperienza unica per ogni suo spettatore.

 


 

SETLIST:
Chain of Keys
The Ministry of Defence
The Community of Hope
The Orange Monkey
A Line in the Sand
Let England Shake
The Words That Maketh Murder
The Glorious Land
Medicinals
When Under Ether
Dollar, Dollar
The Devil
The Wheel
The Ministry of Social Affairs
50ft Queenie
Down by the Water
To Bring You My Love
River Anacostia

ENCORE:
Near the Memorials to Vietnam and Lincoln
The Last Living Rose

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