Il grunge è morto, facciamogli un “Blues Funeral”. Mark Lanegan a Firenze...

Il grunge è morto, facciamogli un “Blues Funeral”. Mark Lanegan a Firenze (foto e recensione)

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Da brividi…solo così si può definire lo show di Mark Lanegan. Quando ti trovi a pochi centimetri da una leggenda è difficile non rimanere a bocca aperta, soprattutto se lui sa sorprenderti con la sua voce calda e scura, quella che tante volte ha accompagnato le serate dal lettore cd.

L’atmosfera che si crea davanti ai lineamenti dell’ex Screaming Trees, ormai induriti dal tempo, è di quelle spasmodiche: “Gravedigger’s song”, tratta dall’ultimo splendido disco “Blues Funeral”, è un’intro ideale per far subito saltare il banco e portarci nel mondo di Lanegan, un mondo fatto di oscurità ma anche di bellezza estrema, di gentilezza e di sorrisi pesati e dispensati con estrema parsimonia, ma per questo di maggior valore.

Ecco dunque che arrivano “Sleep with me”, “Hit the city”, “Wedding dress” “One way street” e una versione intensissima di “Resurrection song”, che Lanegan regala senza soluzione di continuità, come fossero pezzi di un artista sconosciuto e non perle di una leggenda del rock che, malgrado lo scorrere degli anni, ha ancora molto da dire e da dare, tanto che la sua produzione discografica non ha mai perso di qualità negli ultimi 20 anni.

“Gray goes black” è un altro splendido assaggio di “Blues Funeral”,  mentre “Devil in my mind” è una cover delle Smoke Fairies, blues band inglese tutta al femminile che vi consiglio di andare ad ascoltare. Pezzo davvero notevole. “Harborview hospital” e “Quiver Syndrome” sono l’ennesima conferma delle doti affabulatorie del rocker (o forse sarebbe meglio dire bluesman?) americano, straordinario nel raccontare storie inquiete eppure affascinanti.

“One hundred days” fa assaporare le atmosfere di quel disco incredibile che è stato “Bubblegum”, forse la vetta più alta della produzione Laneganiana; arrivano poi le note conosciute di “Creeping coastline of lights” anche se il vero boato del pubblico avviene quando parte “Black rose way”, vecchio pezzo degli Screaming Trees che gli amanti del grunge non possono non cogliere al volo.

“Riot in my house”, “St. Louis Elegy” e “Tiny Grain of truth”, tutte tratte da “Blues Funeral”, conducono ad un bis forse troppo breve ma che non riesce comunque a deludere: “Hanging tree” e “Methamphetamine blues” sono due veri colpi al cuore.

Chapeau Mark. Sei ancora tu il signore del grunge (e del blues).

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