Questo è l’anno della celebrazione di molte band della felice epoca del Post Punk a cavallo tra i 70 e gli 80, quella che propose la grande novità della New Wave declinata nei vari sottogeneri , madre della musica Alternative Rock delle decadi successive e che ha lasciato un grandissimo capitale al panorama internazionale.

E una di queste band seminali dell’epoca  ovvero i grandi Bauhaus di Peter Murphy, ci hanno mostrato che il talento musicale non è assolutamente scalfito da tanti anni di militanza sulla scena e proprio dal loro concerto di Milano al Fabrique ritorniamo con un carico di pathos e di magia.

Prima degli headliner segnaliamo gli ottimi Desert Mountain Tribe che riescono bene nell’intento di scaldare l’atmosfera per l’arrivo di Peter Murphy , affiancato da David J storico bassista e co autore di molti brani firmati Bauhaus , dal chitarrista Mark Gemini Thwaite e da Marc NYC Slutsky alla batteria.

Murphy si pone al centro della scena con il suo carisma indiscusso con tutta la sua teatralità gestuale con una mise darkeggiante in volto ma soprattutto con la sua voce unica , cavernosa e graffiante allo stesso tempo, potente e sicura in tutti i brani della scaletta; Il palco è tutto suo ad officiare il rituale dark che i Bauhaus hanno incarnato nella loro seppur breve carriera.

 

 

Molti brani a cominciare dall’ouverture lasciata a Double Dare sono tratti da In The Flat Field il primo album della band che nel 1980 risuonò con tutta la sua straordinaria dissonanza creativa; Peter Murphy si muove furioso sul palco, si autoincorona  e punta l’occhio di bue su David e Marc che scandiscono un tempo musicale sincopato e tribale con Gemini a riffare graffiando le corde della sua elettrica .

La velocità aumenta con  Dive e in The Flat Field per poi tornare ad abbassarsi con la stupenda A God in an Alcove e la gemma dark di Nerves che per oltre sei minuti ci regala un Peter Murphy maestro della sue ardite melodie stralunate, alternate a cantilene oscure.

Riascoltare Bela Lugosi’s Dead  è tornare alla danza magica della musica dark è come tuffarsi in una mare profondo e oscuro nell’incubo delle ombre che ti inseguono di notte per poi uscire violentemente e risvegliarsi con She’s in Parties con lo stesso Peter  a destreggiarsi con la clavietta o con la drum machine

Bellissime anche Burning form the Inside e The Silent Hedges  e anche una meno consosciuta e potente Adrenalin tratta dal magnifico album di reunion del 2008 Go Away White.

 

 

Lo spazio per un paio di encore ci viene concesso con The Three Shadows Part 2 con solo Peter e Gemini alla chitarra e una bella cover di Severance dei Dead Can Dance senza però a malincuore trovare traccia della ben più famosa cover di  Ziggy Stardust degna celebrazione del del Duca Bianco da sempre fonte di ispirazione per molti artisti della scena gothic rock.