Meg Remy sembra una creatura aliena, la osservi sul palco e la trovi algida, austera eppure bellissima, rabbiosa eppure stranamente in cerca di dolcezza: il live di U.S. Girls, moniker dietro cui Meg si nasconde, si può perfettamente riassumere proprio nell’aggettivo “magnetico”.
E’ un live in cui non si riesce mai a staccare gli occhi dal suo viso, dal suo modo di muoversi, dagli accenti della sua voce: coadiuvata dagli straordinari The Cosmic Range, Meg è completamente padrona della scena, si muove con classe, eleganza e, più che cantare, sembra quasi declamare i brani, dandogli di volta in volta sfumature nuove, facendo passare senza filtro messaggi importanti.
Da “Velvet 4 sale” a “The Island song”, da “Sororal Feelings” a “Pearly days” quelli di Meg sono piccoli gioielli, inni che incitano e fanno riflettere: in lei si ritrova quello spirito combattivo e straniante che faceva parte anche di Amy Winehouse, in una versione meno maledetta ma più “jazzy”.
Sembra di assistere a un live di un’orchestra, ma non un’orchestra qualsiasi, un’orchestra popolare, sporca eppure perfetta, che sa mescolarsi col popolo e farlo ballare.
E poi, oltre alla musica, c’è l’immagine inquieta di Meg, i suoi occhi di ghiaccio che penetrano ogni singolo spettatore e fanno sì che le sue parole risuonino ancora di più.
Quello di U.S. Girls è un concerto da film, mi sono chiesto mentre ero lì cosa ne avrebbero detto registi come David Lynch o Ken Loach, diversissimi per immaginario eppure accomunati nell’anima della Remy, che si conferma con questo ultimo disco, “A poem unlimited” e questo successivo straordinario tour, un’artista a 360 gradi.
Noi che eravamo al Locomotiv di Bologna per la sua unica data italiana ne siamo rimasti catturati, affascinati, totalmente avvolti. E la sua stella è destinata a diventare ancora più luminosa. Garantito.