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Slowdive

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Sabato 3 e domenica 4 marzo saranno in Italia per due date gli Slowdive, band capostipite dello shoegaze. Il loro bassista Nick Chaplin ci ha raccontato come è stato rimettere insieme la band e cosa li porta di nuovo nel nostro Paese.

Stanno per arrivare in Italia per due date, sabato 3 marzo al Locomotiv Club di Bologna (già sold out) e domenica 4 marzo all’ Alcatraz di Milano, gli Slowdive, iconica band shoegaze che, dopo lo scioglimento datato 1995, è tornata insieme nel 2014 e ha dato alle stampe nel 2017, a 22 anni di distanza dal precedente “Pygmalion”, un nuovo album di inediti intitolato semplicemente “Slowdive”.

Paradossalmente la band di Reading sta vivendo adesso un momento di celebrità anche maggiore rispetto a quanto non capitasse loro negli anni ’90: da band per cultori sono stati riscoperti e il loro zoccolo duro di fan si è ampliato fino alle nuove generazioni, ragazzi che nel 1995 avevano qualche anno appena o che forse non erano neppure nati.

Ho avuto l’opportunità di fare quattro chiacchiere con Nick Chaplin, il bassista della band, che mi ha raccontato del loro ritorno sulle scene e del loro imminente arrivo in Italia.

Nick, sono quattro anni ormai che gli Slowdive sono ufficialmente tornati: come sta andando la seconda vita della band?

Sta andando davvero molto bene, stiamo suonando in un sacco di Paesi dove non eravamo mai stati prima, il nuovo disco suona molto bene, ci piace eseguirlo dal vivo, è tutto grandioso.

Anche se il “progetto” Slowdive si era fermato nel 1995, alcuni di voi avevano continuato a fare musica insieme in altri progetti, pensavate di aver detto tutto come Slowdive in quel momento? Cosa vi ha portato a rimettere insieme la band?

Si, Rachel e Neil, insieme a Ian (McCutcheon, anche lui membro degli Slowdive per il disco “Pygmalion” ndr) continuarono nei Mojave 3, io invece non ho suonato in altre band, ma abbiamo continuato a tenerci in contatto con Rachel e con Simon (Scott, batterista degli Slowdive ndr), siamo rimasti amici anche se non ci vedevamo molto spesso, magari però andavamo a dei concerti insieme a Londra o cose così.

Molti anni dopo abbiamo iniziato a parlare tra noi della possibilità di fare un nuovo disco come Slowdive, di tornare insieme come band ed è arrivata l’offerta di suonare al Primavera Sound Festival nel 2014, avevamo tutti dei figli e il Primavera è una grande festa, ci è sembrata una grande occasione per tornare e far divertire anche le nostre famiglie a Barcellona. Saremo sempre grati al Primavera per averci dato quell’occasione da cui poi è ripartito tutto, tanto che quest’anno torneremo nuovamente a suonarci.

Come musicisti e come persone quanto siete cresciuti in questi 22 anni tra “Pygmalion” e il nuovo album?

Musicalmente, come ti dicevo prima, per me è stato un po’ diverso che per gli altri perchè io non ho continuato a suonare in nessuna band, fino al 2014 quando la band si è riunita, al contrario di tutti gli altri.

Adesso credo che siamo tutti migliorati come musicisti: siamo più maturi, abbiamo più confidenza con il palco e con la nostra musica. Come persone tutti noi abbiamo figli, abbiamo delle famiglie, suonare, essere in una band, non è più la cosa più importante per noi, ci sono altre cose che fanno la differenza. Però le nostre personalità sono sempre le stesse: siamo gli stessi ragazzi di 20 anni fa, in fondo e suonare è stato un po’ come tornare a giocare e divertirsi come se avessimo ancora 20 anni, con una maturità nuova.

Insomma gli Slowdive sono una pausa dalle responsabilità e dalla vita da adulti…

Sì, esattamente, andare in tour adesso è molto più facile che negli anni ’90, meno stancante, è molto più bello per noi: è bello fare felici le persone che vogliono sentire la nostra musica. Per noi è una fuga dalla vita da adulti, hai ragione. E ci piace un sacco.

Ho letto tra l’altro che vivete tutti distanti tra voi e quindi dovete essere molto organizzati per andare in tour.

Sì, dobbiamo essere molto organizzati: ci divertiamo sul palco, ma io e Chris (Savill, chitarrista degli Slowdive) ad esempio avevamo dei normali lavori da ufficio e quando la band è tornata insieme abbiamo dovuto decidere se era il caso di lasciarli, abbiamo delle famiglie, quindi non era una decisione facile, per cui suonare in una band non è più come a 20 anni, ci divertiamo, ma questo implica anche organizzazione e una certa serietà nell’affrontare un tour. Fare musica è una carriera per noi e siamo sicuri sia meglio di qualsiasi altra cosa, è giusto che sia presa con serietà.

In questo momento storico tutta la scena shoegaze sta avendo una nuova vita e, per certi aspetti, più successo rispetto a quanto avesse negli anni ’90. A cosa pensi sia dovuto?

Io credo che la musica sia circolare, le persone si annoiano ad ascoltare sempre le solite cose e tornano a riscoprire cose del passato, il rock che passa in tv o in radio è sempre lo stesso ma adesso grazie a internet, grazie a youtube, a spotify, puoi anche andare a cercare qualcos’altro come ad esempio lo shoegaze.

Non so come andavano le cose in Italia, ma in Inghilterra lo shoegaze fu popolare per pochissimo tempo e poi divenne spazzatura e tutta la critica scriveva cose terribili su ogni band che faceva shoegaze: all’epoca questo pesava molto e decretò la fine dello shoegaze, ma adesso non è più possibile perchè tu puoi andare su spotify o su youtube e ascoltare quello che vuoi senza farti influenzare da nessuno, decidendo cosa ti piace e cosa no. In più se ascolti noi su spotify o youtube vieni rimandato ad ascoltare band come i My Bloody Valentine o viceversa e puoi decidere da solo se ti piacciono o no, in questo la tecnologia ci ha molto aiutato.

Hai anticipato in parte la mia prossima domanda, proprio perchè volevo chiederti del fatto che voi come band avete vissuto la musica sia nella fase pre-internet sia adesso, dove internet e la tecnologia dominano su tutto. Come musicista cosa è cambiato per te e non pensi che il fatto di poter accedere a qualsiasi musica tu voglia in un secondo abbia diminuito la capacità del pubblico di scegliere cosa è bello e cosa no e la qualità stessa della musica in circolazione?

Si, penso che tu abbia centrato il punto: per le persone è molto difficile scegliere quale musica ascoltare, sono bombardate di musica ovunque, ogni band può fare il suo disco in cameretta con un computer e metterlo su youtube il giorno dopo.

E diventare anche una star, il giorno dopo…

Sì esattamente, la cosa positiva è il non aver più bisogno di un’etichetta discografica, di non aver bisogno delle recensioni della stampa. La cosa negativa è che, vista la tanta musica che esce ogni giorno, farsi notare diventa molto più difficile e ci sono band che pagano addirittura cifre folli per avere il proprio momento di celebrità. Però credo ancora che ci siano più lati positivi che negativi nell’avvento dei social e della tecnologia: ad esempio noi se nel 1995 volevamo annunciare un tour dovevamo avere un’etichetta alle spalle, la stampa che parlasse di noi, era molto più difficile raggiungere le persone. Oggi basta un tweet o scriverlo sulla pagina facebook e lo sanno tutti.

Cosa ne pensi del fatto che la vostra musica è capace ancora oggi di attrarre non solo i vostri vecchi fan ma una nuova generazione di fan, ragazzi che magari nel 1995 erano bambini o non erano addirittura ancora nati?

Penso che sia grandioso, siamo felicissimi di questo, ai concerti troviamo sia persone che ci seguivano all’epoca e che vengono ai live con le vecchie t-shirt e magari portano i loro figli, sia ragazzi che ci conoscono grazie solamente al nuovo disco. Per noi tutto ciò è grandioso: in alcuni Paesi trovi un pubblico più “anziano”, come ci è successo adesso in Germania, in altri un pubblico più giovane, come negli Stati Uniti. Sono curioso di vedere cosa capiterà in Italia.

Che rapporto avete con l’Italia? Avete suonato a Milano circa 6 mesi fa, adesso suonerete anche a Bologna… c’è qualcosa del nostro Paese che amate particolarmente?

Penso che tutti amino l’Italia, tra l’altro io ho un po’ di Italia nella mia storia personale, mia madre arrivò in Scozia da…sto cercando di ricordare dove, dalla zona di Torino mi pare, il suo cognome è Rebello. Penso che comunque tutti in generale amino l’Italia come dicevo, il cibo, il tempo, i paesaggi: anche se ora so che c’è un tempo orribile, i vostri paesaggi innevati sono bellissimi.

Inoltre negli anni ’90 non abbiamo mai suonato in Italia, per cui quando siamo tornati nel 2014 volevamo per forza suonare da voi e siamo felici di esserci riusciti.

Ultima cosa che ti chiedo: il 7 luglio suonerete al maxi-evento per i 40 anni di carriera dei Cure, quindi ti chiedo se sono una delle vostre band preferite e delle band che vi ha ispirato quando avete iniziato. Inoltre l’anno prossimo saranno anche 30 anni di Slowdive, ci possiamo aspettare qualcosa di speciale?

Wow, è vero. Penso che nessuno di noi quando abbiamo iniziato avrebbe pensato che nel 2018 o 2019 avremmo fatto ancora musica o tour, da quando ci siamo rimessi insieme nel 2014 ci stiamo semplicemente godendo il momento, senza fare progetti così a lunga scadenza, per cui non so dirti se ci sarà qualcosa di speciale tra un anno. Ci penseremo. Per quanto riguarda i Cure, quando eravamo ragazzi eravamo tutti loro fan, tutti abbiamo suonato almeno un loro pezzo, credo siano una delle band che ha più influenzato la nostra generazione, per cui quando ci hanno chiamato per questo show ci siamo subito detti che dovevamo esserci.

(Intervista e traduzione a cura di Alessio Gallorini)

 

 

 

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Dopo i live della scorsa estate, rispettivamente al Medimex di Bari a giugno e ad Unaltrofestival a Milano a settembre (qui il nostro live report), nel 2018 torneranno nuovamente nel nostro Paese gli Slowdive, indiscussi alfieri dello shoegaze, che hanno rilasciato un album di inediti dopo ben 22 anni.

Il loro tour ricco di sold out approderà a marzo a Bologna e Milano, rispettivamente al Locomotiv Club e all’Alcatraz, per due date in cui di certo Rachel Goswell e compagni non faranno mancare i grandi classici del loro repertorio, che li ha resi immortali.

Riunitisi nel 2014, gli Slowdive, band proveniente da Reading, hanno rilasciato nel 2017 il primo album di inediti, semplicemente omonimo, a 22 anni di distanza da “Pygmalion”, loro precedente fatica.

Questi i dettagli delle date italiane:

03 marzo 2018 @ Bologna – Locomotiv Club
Biglietto: 25 euro + d.p.

04 marzo 2018 @ Milano – Alcatraz (in collaborazione con TOdays festival)
Biglietto: 22 euro + d.p.

Le prevendite per entrambe le date sono già disponibili sul circuito Ticketone.

 

Gli Slowdive mandano in estasi il Magnolia durante Unaltrofestival 2017

Premessa doverosa: è difficile, quando un live ti emoziona sul serio, ti entra sottopelle, trovare le parole per descriverlo appieno: questo è sicuramente quello che è successo con gli Slowdive ad Unaltrofestival, manifestazione “per chi non si rassegna al ritorno in città dopo le vacanze”, come recita lo slogan, che si è svolta ieri sera al Circolo Magnolia di Segrate (Milano).

Gli headliner, preceduti da band come Seafret (ottimi, assolutamente da scoprire) e Gazebo Penguins (dislocati su un palco più piccolo), erano appunto Rachel Goswell e compagni, attesissimi dopo la pubblicazione del nuovo album, a distanza di ventidue anni dal precedente, “Pygmalion”.

Quello che è andato in scena è il ritorno di una band che ha ancora tantissimo da dire, una band per cui il tempo sembra essersi fermato: bentornati negli anni ’90, noi siamo gli Slowdive e adesso vi facciamo sognare, avrebbero potuto dire esattamente questo, prima di cominciare un set che ha estasiato fan giovani e meno giovani, nostalgici e chi li ha scoperti solo con l’ultimo lavoro.

Rachel, fasciata in un giubbottino leopardato (il tempo prometteva pioggia e le temperature erano già autunnali), ha dimostrato come sia ancora lei la voce più fedele ed emozionante dello shoegaze: una performance assolutamente da brividi,  iniziata con “Slomo”, proseguita con “Catch the breeze”, primo colpo al cuore della serata, e via via lungo una carriera costellata di perle.

Neil Halstead ha regalato dinamiche strepitose alla chitarra e confermato come dopo più di vent’anni la sua voce e quella della Goswell si intreccino e sorreggano ancora alla perfezione, in un gioco di incontri e sfioramenti che sembra quasi un corteggiamento sonoro, favorito da un tappeto melodico di assoluto livello, un suono avvolgente e denso come raramente si riesce a sentire.

La cosa veramente complessa da descrivere è però l’atmosfera, una specie di bolla onirica in cui band e pubblico si sono ritrovati, empatici, con Rachel che sorrideva felicissima dal palco, quasi incredula che dopo tutto quel tempo le sue canzoni riuscissero a regalare ancora emozioni e fossero conosciute e cantate da tanta gente.

“Machine gun”, “Souvlaki Space Station”, l’acclamatissima “Alison“, gli Slowdive non hanno fatto mancare niente ai loro fan italiani, regalando un best of in cui bene si sono inseriti i brani dell’ultimo disco, come “Sugar for the pill” e “Star roving”.

Un concerto da ricordare, di quelli che ti restano nel cuore e nel cervello per un po’ di giorni, di quelli che pensi che sei stato fortunato ad essere lì, a poterne godere.

Uno di quei concerti che, dopo la conclusione della straordinaria “40 days”, ultimo bis, vorresti semplicemente dire “ancora”. Fino a non riuscire mai a saziarti.

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Il prossimo 2 settembre torna in Italia la band di Rachel Goswell

Sono tornati con un disco omonimo dopo 22 anni e, adesso, è giunto anche il momento che il loro tour mondiale tocchi l’Italia: se il 9 giugno saranno al Medimex di Bari per una data gratuita, ecco che a settembre gli Slowdive, band cardine dello shoegaze, torneranno in Italia per essere gli headliner della quinta edizione di UNALTROFESTIVAL, che si svolgerà al Magnolia sabato 2 settembre. Oltre a loro saranno annunciati altri protagonisti del festival i prossimi giorni, festival che avrà comunque tre succose preview durante l’estate: il 4,5 e 6 giugno rispettivamente si esibiranno Grandaddy, Whitney e Pond.

I Biglietti per la data del 2 settembre di UNALTROFESTIVAL saranno in prevendita su Ticketone da sabato 13 maggio.

 

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Un nome, ma al plurale. Un gruppo, ma ne contiene almeno tre. Un solo album, ma anni di esperienza alle spalle.
Dei Minor Victories se ne è parlato già molto, il loro omonimo album di debutto è stato accolto a braccia aperte dalla critica e soprattutto dai fan. Ma ora sono alle prese con il primo tour e chi sono davvero i Minor Victories?
I numerosi ragazzi presenti il 24 ottobre al Santeria Social Club di Milano sanno bene chi hanno di fronte, o almeno, chi dovrebbe esserci:  Stuart Braithwaite, caposaldo dei Mogwai alla chitarra, Rachel Goswell, la voce degli Slowdive dalla brillante e calorosa presenza al centro del palco, James Lockey, musicista e filmmaker al basso, due presenze dall’ignoto nome ma dall’indubbio talento alla tastiera e alla batteria. E Justin Lockey dall’ultima formazione degli Editors ideatore del progetto..? Dov’è?
Non ci è dato da sapere e nessuno lo chiede.
I cinque musicisti vengono accolti calorosamente, la canzone d’apertura del concerto coincide con quella dell’album. Give Up The Ghost è il miglior biglietto da visita che un gruppo possa desiderare: con andamento lento ma incalzante, la voce di Rachel che culla per tutto il tempo mentre ci si immerge in suoni a volte graffianti, a volte violenti. Ma è in The Thief che arriva il primo grande muro di suono, i riverberi della voce sono inondati dall’esplosione strumentale. Ancora storditi ci si tuffa nella romantica atmosfera dark di A Hundred Ropes, ma peccato che per questo pezzo non siano stati veri violini a fare da protagonisti sul palco.
Il live prosegue per circa 50 minuti, alternando così momenti di magici riverberi a cielo aperto a quelli di un rock più deciso e tenebroso. Sembra che non manchi nulla, a parte un po’ di voce della protagonista, che viene troppo spesso (facilmente) sovrastata dagli strumenti. Tutte le canzoni dell’album sono in scaletta, a parte una, la più sofisticata e minimalista For You Always, forse perché ne manca il principale autore e interprete Mark Kozelek, che ha straordinariamente collaborato con la band. Sul megaschermo che fa da sfondo slittano le immagini dei principali simboli del neogruppo: i cubi in 3D della croce in copertina sull’album e il gattino dallo sguardo laser assassino, ma dov’è quell’immaginario di luoghi e persone che ci hanno tanto fatto innamorare dei loro videoclip?
Insomma tutto bello, tutti felici, tanti complimenti e tanto calore, ma un po’ troppi “se” e troppi “ma” sono sorti quando ci si è fermati a riflettere sulla sostanza portata sul palco di tutto questo assordante e conturbante mondo onirico. Sembrerebbe che in tour stiano portando piuttosto il loro nome e il loro merchandising.
Quando ci si trova davanti a dei nomi che vengono immolati così sull’altare del rock le aspettative crescono, i prezzi dei biglietti al concerto aumentano e le voci cominciano a girare.
Ma prima di permetterci di esprimere un parere negativo preferiamo stare a guardare cosa succede.
Perché che non sia finita qui lo sapevamo ancor prima di recarci al concerto: poche ore prima il gruppo ha annunciato l’arrivo ad anno nuovo dell’album Orchestral Variations che contiene una serie di reinterpretazioni strumentali delle canzoni contenute in Minor Victories. Aspetteremo curiosi non solo questo album, ma anche il prossimo tour.

SETLIST:
Give Up The Ghost
The Thief
A Hundred Ropes
Cogs
Breaking My Light
Folk Arp
Scattered Ashes
Higher Hopes
Out To Sea

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Minor Victories 2016, Ph. Ryan Johnston
Minor Victories 2016, Ph. Ryan Johnston
Minor Victories 2016, Ph. Ryan Johnston

E se il leader dei fascinosi Mogwai, il chitarrista degli ormai affermatissimi Editors e la voce eterea degli Slowdive decidessero di avventurarsi insieme in un nuovo progetto musicale?

I primi a sorprendersi di tale domanda sono gli stessi componenti del neonato gruppo:  Stuart Braithwaite (Mogwai), Rachel Goswell (Slowdive), Justin Lockey (Editors) e suo fratello James non si erano mai incontrati prima di iniziare questo esperimento l’anno scorso. Ma il risultato è stato folgorante. E’ una perfetta sinergia rock quella che si è venuta a creare nel loro omonimo album di debutto Minor Victories, pubblicato a giugno.

Per chi fosse interessato a testimoniare di tale forza, equilibrio, consapevolezza artistica e, senz’altro, talento, l’appuntamento è il 24 ottobre 2016 a Milano, presso Santeria Social Club, unica data italiana del tour autunnale i cui biglietti sono già disponibili in prevendita online.

Irresistibili come questo gattino..

La band di Neil Halstead torna in Italia dopo la data a Padova dell'estate scorsa

Torna in Italia una delle band più rappresentative della scena shoegaze: gli Slowdive!
Dopo la data a Padova dell’estate scorsa, successiva alla recente reunion, Neil Halstead e soci saranno quest’anno live alla Fiera della Musica di Azzano Decimo (PN) il 30 luglio prossimo.
La data sarà aperta da una delle band più significative della scena post-punk degli ultimi anni, ovvero le Savages.
Qui i dettagli della data:

30 LUGLIO – SLOWDIVE (+ Savages) – FIERA INTERNAZIONALE DELLA MUSICA -Azzano Decimo (PN)+

Biglietti in vendita dalle ore 16 di giovedì 30 aprile al costo di 15 euro + d.p. su ticketone.it

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Come ogni anno Padova la prossima estate tornerà ad ospitare la manifestazione musicale Sherwood Festival. Tra l’11 giugno e il 19 luglio infatti il palco situato presso il Park Nord Stadio Euganeo darà ancora una volta spazio ad numerose e importanti realtà artistiche. Alcuni dei nomi presenti in line-up, ancora in via di definizione, sono Slowdrive, New York Ska Jazz Ensamble e Caparezza. I primi, protagonisti del ‘Radal Festival Day One’ si esibiranno per la prima volta in Italia in occasione del loro reunion tour, proponendo alcuni successi anni ’90 ma anche del materiale inedito. I secondi sono considerati appunto i pionieri dello ska jazz e conosciuti per la potenza delle loro performance dal vivo. Inoltre Caparezza, in occasione di un concerto previsto per l’11 giugno,  presenterà dal vivo il suo nuovo album. Nei prossimi giorni verranno resi noti ulteriori dettagli.

Sherwood Festival 2014, calendario:

11 giugno – Caparezza
6 luglio – New York Ska Jazz Ensamble
16 luglio – Radar 14 Day One: Slowdive + Open act: Brothers in Law