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gru village 2014

Che non sia una estate particolarmente favorevole per i concerti all’aperto ormai è un dato di fatto; ne sanno qualcosa anche i Simple Minds che solo due giorni fa si sono esibiti sotto l’ennesimo nubifragio a Lignano Sabbiadoro (Guarda la gallery) ma per fortuna le loro esibizioni italiane si sono concluse al Gru Village con un tempo clemente e temperature piacevoli. Ultimo appuntamento musicale per la rassegna nel centro commerciale Le Gru alle porte di Torino; sul palco per questa edizione si sono alternati mostri sacri della musica, come Dream Theater e Steve Hackett, a serate più giovanili e movimentate con Caparezza e Salmo fino ad arrivare alla serata in puro stile retrò dei Simple Minds.

L’arena gremita di fans ha accolto varie generazioni, da chi è cresciuto con questa musica ai nostalgici veri e proprio fino ai curiosi che sono stati attirati dall’importante nome in cartellone.
Concerto iniziato in perfetto orario alle 22 con “Waterfront”, contenuto nell’album del 1984 “Sparkle in the Rain”, e durato ben 2 ore con una scaletta che ha spulciato tra i grandi classici della band. Poche canzoni politiche e più spazio agli anni ’80 con un Jim Kerr scatenatissimo già dalle prime note; avere un frontman così carismatico ha permesso alla band di restare sulla cresta dell’onda per decenni proponendo sempre repertori degni di grandi e indimenticabili concerti.
Per i primi tre brani, quelli che spettano ai fotografi (tra cui il nostro collaboratore), il cantante ha dato il meglio di sé; ha giocato con le fotocamere, con occhiolini ammiccanti e linguacce, ha gattonato sul palco e fatto roteare il microfono, insomma, se c’è un obiettivo Mr. Kerr non si tira indietro… e non si tira indietro neanche per saltare e ballare per tutto il resto del concerto, tanto che dopo un’ora e mezza di show, in una mini pausa, ha esclamato “minchia se sono stanco”, espressione che sicuramente ha imparato nella “sua” sicilia, dove si è trasferito già da un po’ di anni e dove ha aperto anche un albergo.

Insomma, uno scozzese a cui piace l’Italia e lo dimostra anche quando, sempre in italiano, dice al pubblico torinese che è un dispiacere esser mancato dal capoluogo piemontese per ben 20 lunghi anni, “Come è possibile mancare da così tanto tempo?”, ha chiesto, ricevendo in risposta un lunghissimo applauso di approvazione.
Il resto del concerto è stato davvero emozionante ed energico, la gente si è proprio divertita, con l’apoteosi della partecipazione durante le canzoni “Don’t You (Forget About Me)” e “Alive and Kicking” entrambe classe 1985.
Che dire, il tempo passa, ma la musica di qualità resta immutata negli anni, nei decenni, e possiamo solo sperare che Jim Kerr e socì decidano di tornare presto a Torino e che non ci sia da attendere altri 20 lunghi anni, questa volta sarebbe decisamente un attesa fin troppo stancante.

Setlist:
Waterfront
Broken Glass Park
Love Song
Mandela Day
Hunter and the Hunted
Promised You a Miracle
Glittering Prize
Imagination
I Travel
Dolphins
Theme For Great Cities
Dancing Barefoot
(Patti Smith cover)
Let the Day Begin
(The Call cover)
Someone Somewhere In Summertime
See The Lights
Don’t You (Forget About Me)

Encore:
Big Music
New Gold Dream (81-82-83-84)

Encore 2:
Let It All Come Down
Alive and Kicking
Sanctify Yourself

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La leggenda dei King Crimson approda a Torino al GruVillage a seguito di un tour mondiale che li ha visti partecipare anche della “Baja Prog”, il più grande festival di rock progressive del mondo. L’arena della musica di Grugliasco non è completamente sold out, qua e la c’è qualche sedia vuota ma quelle occupate sono tutte riservate ad orecchie fini, musicisti e veri intenditori; notiamo, infatti, tra le prime file anche l’amico Roberto Gualdi della PFM.
Parliamoci chiaro, il postulato è che non sono i King Crimson, ma fa lo stesso, vederne tre della formazione originale è comunque un bel colpo.

Tony Levin e Adrian Belew entrano nei King Crimson nel 1981, Pat Mastelotto nel 1994. Levin e Mastelotto formano gli Stick Men nel 2009, Belew inaugura il suo Power Trio nel 2006. L’unione di queste forze permette la nascita della straordinaria formazione del Crimson ProjeKCt: sono, infatti, Levin, Mastelotto e Belew, che ancora oggi ne rappresentano il cuore pulsante, con il supporto dei tre straordinari artisti Markus Reuter, che ricopre il ruolo di Fripp con la sua incredibile e autocostruita Touch Guitar (Stick Men-Guitar Craft-Europa String Choir-Tim Bowness), Julie Slick, bassista solida, grintosa e molto tecnica (Adrian Belew Power Trio – Ike Willis/Napoleon Murphy dalle band di Zappa – Jon Anderson degli Yes, Stewart Copeland, Ann Wilson delle Heart – Alice Cooper) e Tobias Ralpah, batterista eclettico e funambolico che ha grande esperienza sia in studio che live (Adrian Belew Power Trio – Tricky – Defunkt – 24/7 Spyz – Nena – Paul Gilbert – Medicine Stick di Muzz Skillings dei Living Color – Plexus – Doop Troop di Joseph Bowie dei Defunkt).

I King Crimson, fondamentali per l’evoluzione del rock contemporaneo, pubblicano nel 1969 il leggendario “In the Court of the Crimson King”, 33 giri di esordio: quando ancora non esisteva il concetto di rock progressive loro ne sintetizzavano già l’essenza. The Crimson ProjeKCt è senza dubbio una diramazione dei King Crimson a cui manca però Robert Fripp.

Ma mentre il progetto King Crimson è in tour, Robert Fripp ne sente quasi la mancaza e di persona annuncia una nuova formazione dei King Crimson con tanto di lavoro in studio e tour escludendo Belew, che dispiaciuto scrive cosi direttamente sui social:

«Dopo trentadue anni, non farò più parte dei King Crimson, nessuno mi ha avvisato. Robert mi ha mandato una e-mail dove mi spiegava di aver riattivato il gruppo con una line-up di sette elementi. Mi ha detto che non sarei stato adatto a quello che il gruppo sta cercando di fare. Mi sento felice con le cose che mi rendono felice, che sono tante. Cosa volete che vi dica sulla nuova versione dei King Crimson? Il mio consiglio è di darle una possibilità, poi, nel caso dovessero piacervi, sosteneteli».

Ma torniamo al concerto della scorsa sera, ovviamente tante sorprese in serbo per gli spettatori, solo classici dei King Crimson.
Il loro è un concerto magico che attraversa i classici degli anni ’70 (“Red”, “Larks’ Tongues in Aspic Part II”, le pulsioni ritmiche degli anni ’80 (“Elephant Talk”, “Frame by Frame”, “Indiscipline”, “Thela Hun Ginjeet”, “Sleepless”), le sperimentazioni ricercate e nervose dei ’90 (“THRAK”, “B’Boom”, “VROOOM”)
I musicisti si incrociano sul palco varie volte ma in realtà sono due trii ben delineati, da una parte il Power Trio di Adrian Belew, con Julie Slick al basso e Tobias Ralph alla batteria e dall’altra gli Stick Men con Tony Levin al basso, Pat Mastelotto alla batteria e Markus Reuter alla Touch Guitar, che lui stesso ha disegnato, a cui sono affidate le parti chitarristiche prima eseguite da Robert Fripp. Mastelotto, invece, non si limiterà alla sola batteria acustica ma userà campioni elettronici per ampliare le possibilità sonore, in modo da sembrare spesso più di quanti siamo in realtà sul palco.
Il live inizia pochi minuti prima delle 22, sul palco dopo una breve intro assegnata ai due batteristi e al chitarrista Markus, entrano in scena il resto della formazione per dare un assaggio del sound pieno che riescono a creare. Proprio ai due batteristi è affidato il compito di dare sostanza e ritmo al suono, momenti all’unisono si alternano a momenti dove sembrano rincorrersi dando così volume e intensità alla ritmica su cui, poi, eccellenti passaggi di chitarra e basso ne completano il senso.
Sul palco gli artisti si divertono e trasmettono lo stesso divertimento e passione a chi è seduto ad ascoltarli; giocano tra di loro, si scambiano sorrisi e cenni di intesa, gli attacchi degli assoli sembrano venire naturali, come in un gioco dove nessuno vuole sovrastare sugli altri, scherzano con i fotografi e fanno parlare i loro strumenti, come un botta e risposta musicale.
Per il resto della serata si alternano sul palco prima un trio e poi un altro per lasciare spazio vitale ad entrambe le formazioni.
La scaletta del live, invece, è stata selezionata quasi interamente dal repertorio dei King Crimson, a parte qualche composizione originale di entrambi i gruppi e la sorpresa di Tony Levin che canta in italiano “L’abito della sposa” dall’album Macramè di Ivano Fossati, una delle sue tante collaborazioni; la super band con una perfezione quasi disumana, in fin dei conti, ha realizzato un insolito spettacolo dal vivo, quasi unico, per più di due ore e mezza di vero prog a cui gli appassionati non potevano assolutamente mancare.

Formazione
Adrian Belew – vocals, guitar
Tony Levin – chapman stick, bass guitar
Pat Mastelotto – drums
Markus Reuter – touch guitar
Julie Slick – bass guitar
Tobias Ralph – drums

Live report a cura di Marco Cometto