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Fabrique

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I Wilco decidono di aprire il loro concerto milanese sul palco del Fabrique, omaggiando le ceneri delle bandiere americane, viste le circostanze (Ashes of American Flags). Cappello da cowboy, maglietta a righe, giubbino di jeans e pancia, Jeff Tweedy come sempre ha l’aria dell’americano medio, uno di quelli che alle recenti elezioni ha combinato il pasticciaccio che condizionerà i destini del mondo intero nei prossimi quattro anni. E invece è, al contrario, un essere tutt’altro che ordinario, e chi riempie la sala stasera lo sa bene e non a caso urla il suo nome già dall’inizio.

Ho sempre avuto paura di essere un normale ragazzo americano, canta in Normal American Kids, e invece è riuscito a benissimo a sfuggire a tale maledizione. Un’ apertura scarna e acustica, come lo è l’ultimo straordinario lavoro Schmilco, appena sporcata dai suoni elettrici dei fedeli compagni di band.
Inutile piangersi addosso (Cry All Day) in un momento come questo, Jeff è qui per rassicurarci con tutto il fare bonario di cui è capace. Dice che andrà tutto bene, We’re gonna be alright, che siamo in lutto ma assieme avremo la forza per elaborarlo perché siamo e saremo sempre più di loro, e così la bellezza, che non scomparirà.
Lui lo dice e tu stavolta ci credi sul serio. Quello che sorprende sempre, nonostante l’abitudine, è l’estrema naturalezza con cui in più di vent’anni, i cinque americani  riescono a fare tutto quello che fanno, sia su disco che dal vivo.
Il palco è un bosco e i Wilco suonano tra le fronde per due ore, con una scaletta che è un’ulteriore dimostrazione di intelligenza. Ai momenti più intimi e puliti (Misunderstood, Someone to Lose) si alternano le sperimentazioni di brani quali Art of AlmostI Am Trying to Break Your Heart, che permettono anche al batterista Glenn Kotche e al formidabile Nels Cline di mostrare tutta la loro maestria.
La verità è che, anche se poteva sembrare che con il precedente lavoro Star Wars la band di Chicago avesse avuto una piccola battuta d’arresto, non è mai stato così e i ragazzacci sono più forti di prima.
Dopo i classici Via Chicago e Impossible Germany arriva il momento Jesus, etc. a far sognare la sala e a ricordare che nel nostro mondo esistono brutture come Trump ma anche cose belle e perfette come quel disco che è Yankee Hotel Foxtrot.
Si torna sull’attualità, Tweedy spiega che ora più che mai in America la gente si guarda in faccia chiedendosi che fare e questo in qualche modo è un dato positivo. Poi si riprende a suonare ancora per un po’, con tanto di doppio bis e la platea che non smette di partecipare (canticchiando Spiders). Cline passa alla slide, si torna ai ritmi soft e si conclude al meglio con un’ultima ondata di calore.
I Wilco sono più che una certezza, e se Jeff Tweedy era qui con l’intento di rassicurarci ci è riuscito eccome. Si torna a casa carichi di energia positiva. Certi che, per quando le cose siano difficili, fino a che esiste chi come loro prosegue dritto su un cammino fatto di coerenza e bellezza e ha per fortuna deciso di condividerlo, saremo in qualche modo salvi.

SETLIST
Ashes of American Flags
Normal American Kids
If I Ever Was A Child
Cry All Day
I Am Trying to Break Your Heart
Art of Almost
Pickled Ginger
Misunderstood
Someone to Lose
Via Chicago
Reservations
Impossible Germany
Jesus, etc.
Locator
We Aren’t The World
Box Full Of Letters
Heavy Metal Drummer
I’m The Man Who Loves You
Hummingbird
The Late Greats

Random Name Generator
Spiders (Kidsmoke)

California Stars
War on War
Shot In The Arm

 

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Dal cuore pulsante di Londra arrivano i White Lies per due imperdibili date che li vedranno a Roma il 13 Novembre all’Orion Live Club di Ciampino mentre il 14 lunedì saranno protagonisti sul palco del Fabrique a Milano supporati dai The Ramona Flowers con l’organizzazione di Vivo Concerti .

Giovane e promettente band i White Lies  hanno prodotto già 4 Dischi in carriera tra cui il freschissimo “Friends” ; tutto ciò costituisce una valida argomentazione per assistere alla loro performance live che crediamo possa essere di grande interesse sia per i fan ma anche per tutti gli amanti della musica indie della nuova ondata british.

 

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Il comunicato che annuncia il concerto di Lisa Hannigan promette uno show speciale e intimo.
Nella sala del Fabrique sono state messe, su richiesta della stessa cantautrice, file di poltrone, per creare un ambiente più ordinato e meno dispersivo. Chi è qui conosce chi sta per salire sul palco ed è già nel mood.
Lisa presenta il suo terzo lavoro, At Swim, prodotto da Aaron Dessner dei The National. Un disco che è l’ennesima prova riuscita del suo percorso musicale solista, iniziato dopo la fine della simbiosi di vita che per anni l’ha legata a Damien Rice, l’uomo che sembrava essere, anche artisticamente, la sua anima gemella.

A portare silenzio e raccoglimento ci pensa prima di lei Heather Woods Broderick (sorella del polistrumentista Peter) che si esibisce da sola in una manciata di suoi brani prima alla chitarra elettrica poi alla tastiera. Minimale, rigorosa e discreta, saluta dicendo che tornerà sul palco per suonare con la band.
Ed ecco arrivare la protagonista, assieme ai suoi tre compagni (batteria, contrabbaso, tastiere): l’impianto è in realtà jazzistico anche se le definizioni  vogliono la Hannigan cantautrice folk. A voler ben vedere avrebbe potuto infatti esibirsi senza problemi al Blue Note, anche e soprattutto per la qualità tecnica che lei e i suoi musicisti garantiscono in scena.
Dopo Little Bird in solo, la scaletta prevede un’alternarsi di pezzi dai tre lavori che potrebbero benissimo sembrare lo stesso, per valore e coerenza. Pistachio, O Sleep, Prayer for The Dying, in un crescendo di grazia che ipnotizza il pubblico.

Lisa è incantevole e talmente gentile che ad ogni cambio di strumento (alterna chitarra e mandolino e ukulele) ringrazia il ragazzo dello staff che glielo porta. Dopo aver cantato il nuovo singolo, spiega che per girare il video ha dovuto imparare a cantare la canzone al contrario e ne fa sentire uno spezzone al pubblico. I sorrisi sono accennati, la voce leggerissima, quando parla le mani fluttuano come fossero ali di farfalla. E i presenti di fronte a una donna capace di diventare musa si innamorano, proprio come fece Damien, ora è più chiaro il perché.
La seconda parte del set è, se possibile, ancora più intensa, da Flowers in poi, con le incursioni elettriche di Heather Broderick, perfetta anche come seconda voce (Undertow a due è una perla), e il contrabbasso che diventa un basso. C’è spazio anche per la radiofonica What’ll I do, per la gioia degli spettatori che dopo tanto silenzio possono canticchiare e battere le mani. Lisa ringrazia, dice che passare dall’Italia è sempre delizioso (anche per il cibo), la sala ricambia: deliziosa è lei.

Dopo l’uscita tornano in scena in tre per regalare il coro di Anahorish e adesso davvero non resta che voce nuda a riempire l’atmosfera. A Sail chiude un concerto impeccabile, pulito e delicato.
Da cantautrice, Lisa si era dichiarata persa dopo un periodo un po’ buio e non troppo ispirato, e invece stasera ha dato al suo pubblico la conferma di essersi perfettamente ritrovata.


 

SETLIST

Little Bird
Ora
Pistachio
O Sleep
A Prayer For The Dying
Fall
Snow
Tender
Passanger
Flowers
We The Drowned
Lille
Undertow
Knots
What’ll I Do

Anahorish
Lo
A Sail

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Esplosivi. Questo è indubbiamente l’unico aggettivo possibile per la band guidata da Simon Neil, che ha letteralmente infiammato l’Obihall nella sua unica data italiana di questo 2016.

Si parte subito sparati con “Wolves of Winter” e Simon, James e Ben dimostrano di essere in formissima, di fronte a un teatro stracolmo pronto a sudare di fronte alle loro schitarrate: “Sounds like balloon”, “Biblical”, “Howl”, non c’è un attimo di respiro tra suoni, luci e colori vivissimi. E’ impossibile stare fermi e non saltare, ballare, scontrarsi, in una festa collettiva che lascerà magari qualche livido e qualche maglietta impregnata di sudore, da conservare magari come “trofeo”.

La bellezza di “Black Chandelier” arriva poco prima del punk alla “Blink 182” di “That golden rule”, pezzo sempre amatissimo.

Tutto il live è una sequela di emozioni, una cavalcata senza esclusione di colpi, senza rallentamenti: i Biffy Clyro inanellano alla fine 26 brani, una vera e propria rarità di questi tempi assistere a una scaletta tanto lunga e senza cali di tensione o di ritmo.

I tre ragazzi scozzesi si confermano una delle migliori live band che potrete vedere se amate il rock di questi tempi. E fortunatamente in Italia avrete altre occasioni nel 2017 per vederli: il 2 febbraio al Fabrique di Milano, il 6 febbraio all’Atlantico di Roma ed il 7 febbraio al Gran Teatro Geox di Padova (prevendite già attive)

BIFFY CLYRO SETLIST FIRENZE 20/10/2016

Wolves of Winter
Living Is a Problem Because Everything Dies
Sounds Like Balloons
Biblical
Spanish Radio
Howl
In the Name of the Wee Man
Bubbles
Herex
Black Chandelier
Friends and Enemies
That Golden Rule
Re-Arrange
Wave Upon Wave Upon Wave
Folding Stars
Medicine
Different People
Mountains
On a Bang
9/15ths
Animal Style
Many of Horror
Whorses

Encore:
The Captain
People
Stingin’ Belle

Passenger sceglie Milano per la data zero del suo tour mondiale, e Milano gliene è grata. Anche perché si tratta della prima volta con una band al completo in più di dieci anni di attività.
Michael David Rosenberg, già membro della band Passenger, scioltasi dopo un solo disco, della quale ha conservato il nome, ha un lungo e intenso passato da busker. Non solo non ne fa mistero, ma lo condivide con il pubblico che affolla il Fabrique, raccontando aneddoti e storie a riguardo.

Dopo l’apertura con l’ applaudito songwriter originario di Johannesburg Gregory Alan Isakov, la band arriva sul palco. Se non avete avuto abbastanza tempo per imparare i testi delle canzoni non è grave, scherza. Il settimo lavoro Young as the Morning, Old as the Sea è uscito da soli cinque giorni eppure i fan sembrano più che preparati.
Si apre con Everybody’s love e If you go e i cori già iniziano a farsi sentire. Poi subito spazio ad alcune old songs, quelle scritte prima di quella canzone nata sotto una stella più che buona che poi gli ha cambiato la vita. Prima di Let Her Go (che è let her, non let it), spiega, ci sono stati momenti nei quali la vita da artista di strada sembrava destinata a durare davvero per sempre. 27 parla proprio di questo: I write songs that come from the heart I don’t give a fuck if they get into the chart. Dal pensarla cosi ad avere 3.000 persone che cantano a memoria ogni parola in una lingua che non è la loro, di strada ne è passata, eppure non è servito vendere l’anima al diavolo né tanto meno cambiare la propria natura.

La ricetta è semplice: Passenger scrive (davvero con il cuore) testi semplici e delicati dando vita a episodi che di fatto sono assolutamente pop pur essendo in realtà folk. Ed è per questo che anche stasera nessuno smette per un secondo di cantare. L’avere una band alle spalle d’ora in poi gli darà la possibilità di giocare a fare la star, di divertirsi e magari di scrollarsi un po’ di dosso la malinconia che chi canta canzoni tristi in mezzo a una strada si porta per forza addosso. E infatti in scaletta di pezzi più movimentati ce ne sono, e coinvolgono sul serio (l’allegra catarsi di I Hate su tutte).
Ma quello di Passenger rimane un animo più che nobile, la sua è una musica pienamente sentimentale e la lunga introduzione emblematica al brano seguente lo conferma. Trattasi della storia di due persone incontrate in passato: un vecchio signore che aveva programmato una serie di viaggi in Europa da fare con l’adorata moglie e invece si è ritrovato costretto a viaggiare da solo dopo la sua improvvisa scomparsa e una bella sconosciuta che ha pianto davanti a lui le sue pene d’amore. A questi due incontri, fatti in strada mentre suonava in Danimarca, ha dedicato rispettivamente la prima e la seconda parte di Travelling Alone. La esegue solo con la sua chitarra, come ai vecchi tempi, e il silenzio in sala è totale, da lasciare spiazzati.
Si prosegue e ovviamente arriva anche Let Her Go, nemmeno a dirlo, cantata all’unisono, un altro scambio di chiacchiere anche sull’attualità (il mondo non ha affatto bisogno di persone come Donald Trump) Poi è il momento dell’uscita di scena ma a suon di battiti di mani ininterrotti, tutti si rifiutano di accettare la fine.
E infatti lui torna in scena per il bis. Una cover di Losing My Religion, poi Home e infine Holes ed è il momento dei saluti definitivi.

Il passaggio di questo cantautore dotato, autentico e pulito dimostra che in realtà spesso le cose sono più semplici di quanto si pensi. Basta eliminare le sovrastrutture, offrire quello che si ha cercando di farlo nella maniera migliore. Basta sicuramente per essere in pace con se stessi, e non è poco. Se poi le circostanze favorevoli (forse i pianeti allineati?) e un pizzico di fortuna aiutano, allora basta anche per ottenere il riscontro che si merita e, perché no, un po’ di riscatto. Basta per regalare al pubblico pagante una serata da raccontare a qualche amico a cui consigliare caldamente il live di Passenger per la prossima volta in cui ripasserà da qui.


SETLIST:

Somebody’s Love
If you Go
Life’s For The Living
When We Were Young
27
Anywhere
Everything
Travelling Alone
I Hate
Young As The Morning
Beautiful Birds
Let her Go
Losing My Religion (R.E.M)
Scare Away The Dark

Home
Holes

 

[Report: Laura Antonioli  –  Photo: Francesca Di Vaio]

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Kristian Matsson, il cantautore tascabile più alto sulla terra, ripassa dall’Italia, più precisamente sul palco del Fabrique di Milano, dopo l’improvviso scambio di location (precedentemente era stato annunciato al teatro Franco Parenti). Per aprire la serata, sceglie il connazionale e amico fraterno The Tarantula Waltz, all’anagrafe Markus Svensson. Un songwriter tra i tanti, si esibisce sul palco chitarra e voce e nonostante sia capace, fa pensare a quanto la svolta elettrica di Dylan a Newport cinquant’anni fa sia stata sacrosanta per salvarci dalla noia mortale del folk nudo e crudo, monotono e trascurabile.

La storia cambia quando sulla scena compare lui, Kristian Matsson, per tutti The Tallest Man on Heart da quando, nel 2006 pubblica il primo ep omonimo.
È piccolo e a fargli compagnia c’è solo il suo strumento, ma riempie perfettamente la scena con la sua sola presenza e di spazio libero non ne resta. Le suggestioni, i ritmi e le parole sono fragili eppure riesce ad essere incredibilmente maestoso. Apre lo show con East Virginia, traditional cantato anche da Joan Baez, tanto per mettere in chiaro le cose: anima, talento, folk e nient’altro.
Una passione feticista per le chitarre che cambia di canzone in canzone, plettri lanciati in aria che piovono come fossero coriandoli. Fields of Our Home dall’ultimo lavoro Dark Bird Is Home a cui seguono due brani dell’apprezzatissimo There’s No Leaving Now, datato 2012: suona sulle punte, si muove con la stessa grazia che pervade le sue canzoni. La voce è potentissima e a tratti nasale, proprio come quella di Dylan, giusto perché sfuggire al suo fantasma quando si decide di essere un folk-singer di questo tipo è praticamente impossibile.
La sala non è completa ma il pubblico è di affezionati veri e il calore si sente anche se lo stato è piuttosto contemplativo perché, davvero, non c’è bisogno di fare nulla. Solo guardarlo e lasciarsi trasportare dalla bellezza dell’esecuzione di pezzi quali I Won’t Be Found e Little Nowere Towns. L’età del pubblico è varia e può succedere che un ottantenne chieda timidamente agli uomini della security di poter oltrepassare un attimo le transenne per scattare qualche fotografia da tenere come ricordo.
Il menestrello intanto sorride e ringrazia a più riprese, poi racconta un aneddoto su un gruppo di fans che tempo fa ha invaso la sua proprietà nelle campagne svedesi. I’m a friendly guy but just don’t go to my house, o prima almeno avvertitemi, scherza per introdurre il recente singolo Rivers, che di paesaggi bucolici narra.
Dice di non aver scelto con cura per il pubblico milanese le sue chitarre più silenziose, sapendolo atto all’ascolto, poi si siede alla tastiera. Lo spettacolo prosegue con un’atmosfera sempre più raccolta che conduce alla parte finale del set che è un alternarsi di ballate soft (Time Of The Blue, There’s no Leaving Now) ed episodi coinvolgenti che chiamano il battito collettivo di mani (King of Spain). Fino all’ultimo dà tutto quello che ha, saltella si siede e si rialza, gioca con gli strumenti.
Si chiude con Dark Bird Is Home: I thought that this would last for a million years/ But now I need to go / Oh, fuck. Finale teatrale e perfetto, non fosse che il pubblico lo acclama e lui torna in scena per altri due brani. Si dice stanco della propria tristezza e per Il saluto definitivo sceglie quella di qualcun altro (quella scritta da Jackson Browne e cantata per prima da Nico, nello specifico) per una versione splendida di These Days, con tanto di chitarra small size color oro. La serata è finita e il piccolo principe del folk ha davvero lasciato il segno.

 

SETLIST:

East Virginia 

Fields of Our Home

1904

Criminals

The Wild Hunt

Darkness Of The Dream

I Won’t Be Found

The Gardener

Little Nowhere Towns

Love Is All

Rivers

The Sparrow & The Medicine

On Every Page

Time Of The Blue

There’s No Leaving Now

King of Spain

Dark is Bird Home

Sagres

These Days (Jackson Browne)


[Report: Laura Antonioli   –   Photo: Francesca Di Vaio]

 

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I The Kills torneranno in Italia, dopo due anni di assenza dal nostro paese: il live è in programma per il 29 ottobre 2016 sul palco del Fabrique di Milano, e sarà l’unica data italiana del gruppo.

Jamie Hince e Alison Mosshart stanno per dare alle stampe il loro quinto album di studio, intitolato ‘Ash & Ice‘ e anticipato dal singolo ‘Doing it to death‘: la loro nuova fatica discografica infatti verrà rilasciata il prossimo 3 giugno. Il lavoro si preannuncia completamente diverso dai quattro che lo hanno preceduto, sarà infatti romantico ed introspettivo: Hince, per suonare in questo disco, ha dovuto imparare a suonare la chitarra con un dito solo a causa di un incidente che gli ha danneggiato la mano.E’ stato prodotto da Jamie Hince insieme a John O Mahony (LCD Soundsystem, The Strokes).

I Kills hanno pubblicato anche ‘Keep on your mean side‘ (2003), ‘No Wow‘ (2005), ‘Midnight Bloom‘ (2008) e ‘Blood Pressures‘ (2011).

La cantante Allison ‘VV’Mosshart, oltre ai The Kills, continua a portare avanti il progetto artistico The Dead Weather insieme a Jack White. E’ stata anche scelta per intonare uno dei brani che compongono la colonna sonora di ‘Vinyl‘, la serie tv prodotta da Mick Jagger e Martin Scorsese (‘My time is coming‘ dei The Punks).

Il duo è pronto per tornare in Italia il prossimo autunno. I tagliandi per l’evento sono già disponibili in prevendita presso i circuiti autorizzati. Ecco i dettagli sullo show:

The Kills, unica data italiana 2016

29 ottobre, Milano – Fabrique
Apertura porte ore 19.00 – Inizio concerto ore 20.30
Prezzo biglietti 25,00€ + d.p.

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Dopo oltre 20 anni sulle scene internazionali e considerati tra i più apprezzati esponenti dell’alternative rock a livello mondiale, i Garbage torneranno ad esibirsi sui palchi europei in occasione dell’uscita del loro sesto album di studio, ‘Strange little birds‘, prevista per il prossimo giugno.

La band di Shirley Manson, a quattro anni di distanza dalla pubblicazione del precedente lavoro (Not your kind of people), sarà di nuovo in tour per una serie di concerti, e farà tappa in Italia per un unico appuntamento fissato al Fabrique di Milano per il prossimo 8 giugno.

La fase creativa del disco in questione è stata brevemente descritta dalla leader del gruppo: “La principale linea guida è stata quella di mantenerlo fresco e di dare ascolto all’istinto sia per i testi che per la musica”, ha riferito la rossa cantante.

La formazione vede ancora schierati, oltre a Shirley Manson, anche Duke Erikson, Steve Marker e Butch Vig. Nati artisticamente nel 1995, i Garbage hanno festeggiato 20 anni di attività nel 2015 proponendo la ristampa del loro album d’esordio omonimo in versione deluxe e il ‘20 Years Queer World Tour‘. Durante la loro longeva carriera hanno saputo rinnovarsi e mettersi alla prova, vendendo in totale oltre 12 milioni di dischi ed esibendosi in circa 35 paesi tra sold-out e primi posti in classifica.

I biglietti per lo show sono disponibili in prevendita presso tutti i circuiti autorizzati (online e punti vendita). Ecco i dettagli sull’evento:

Garbage – Unica data italiana 2016
8 giugno, Milano – Fabrique
Prezzo biglietti 25,00€ + d.p.
Apertura porte ore 20.00 – Inizio concerto ore 21.00

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Torna per tre date speciale l'ex voce degli Screaming Trees

L’oscura, profonda, inconfondibile voce di Mark Lanegan, icona grunge per eccellenza, torna in Italia con uno spettacolo pensato appositamente per essere goduto fino all’ultima nota, uno spettacolo da gustare nei teatri, in cui l’ex voce degli Screaming Trees porterà i suoi più grandi successi.
Insomma, ci aspettano tre serate da brividi, che scaveranno in profondità nelle emozioni.
Qui i dettagli delle tre date italiane:

22 MAGGIO – TEATRO ANTONIANO – BOLOGNA
23 MAGGIO – TEATRO METASTASIO – PRATO
24 MAGGIO – FABRIQUE – MILANO

Biglietti in vendita su ticketone.it e nei punti vendita Ticketone dalle ore 10.00 di lunedì 8 febbraio 2016. Disponibili in tutte le altre rivendite autorizzate dalle ore 10.00 di lunedì 15 febbraio.

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Anche i Massive Attack faranno tappa nel nostro paese a febbraio: nell’ambito di un atteso tour europeo, la band britannica che ha rimescolato le carte della musica negli anni ’90 con il singolo ‘Teardrop‘, è attesa tra Milano e Padova rispettivamente il 12 e il 14 del mese. Pronti a pubblicare nuovo materiale a breve, i Massive Attack tornano in tour da headliner a cinque anni di distanza dall’ultima volta. In apertura di entrambi i concerti si esibiranno i Young Fathers.

Massive Attack, tour europeo 2016, date italiane:

12 febbraio, Milano – Fabrique
14 febbraio, Padova – Gran Teatro Geox

I biglietti sono già disponibili in prevendita a prezzi compresi tra i 40 e i 50 € a seconda della location.

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Anche il prossimo inverno i Subsonica saranno in tour: la band torinese, nello specifico, tornerà ad esibirsi nei club a sette anni di distanza dall’ultima volta. “Una foresta nei club tour 2015” prenderà il via il prossimo 2 dicembre e presenterà al pubblico uno spettacolo speciale: lo show infatti vedrà i Subsonica eseguire brani estratti da tutti e sette gli album pubblicati dagli anni ’90 ad oggi, comprese alcune chicche solitamente non presenti nella set-list proposta durante i live. I fan di Samuel, Busta & co. avranno l’occasione di conoscere da vicino la storia della formazione piemontese nata quasi 20 anni fa e oggi tra le più seguite ed apprezzate della musica italiana. Ecco il calendario del tour nei club 2015-2016:

2 dicembre, Livorno – The Cage Theatre
14 dicembre, Venaria Reale (TO) – Teatro della Concordia
15 dicembre, Venaria Reale (TO) – Teatro della Concordia
14 gennaio, Roncade (TV) – New Age
15 gennaio, Bologna – Estragon
21 gennaio, Perugia – Afterlife Live Club
29 gennaio, Fontaneto D’Agogna (NO) – Phenomenon
30 gennaio, Pordenone @ Il Deposito
04 febbraio, Roma – Spazio Novecento
12 febbraio, Rimini – Velvet
13 febbraio, Taneto di Grattatico (RE) – Circolo Fuori Orario
18 febbraio, Firenze – Viper Theatre
20 febbraio, Marghera (VE) – C.S. Rivolta
24 febbraio, Milano – Fabrique

Un Live molto particolare ed interessante grazie alla lungimiranza di DNA Concerti , quello visto ieri sera al Fabrique di Milano dove il progetto Apparat ovvero “Sascha Ring”, il guru dell’elettronica berlinese,  ha presentato un nuovo live set con 3 date  in Italia e molte altre all’interno dei Club europei più famosi.

Apparat ha ormai dimostrato di essere un grande innovatore della musica elettronica, non solo coi suoi numerosi dischi pubblicati ma anche con le innumerevoli collaborazioni, remix e produzioni che lo hanno visto protagonista negli ultimi quindici anni .

Eclettico compositore, Sascha Ring ha iniziato ad espandere il suo raggio d’azione esplorando i territori delle colonne sonore sia per il teatro vedi “Krieg und Frieden” del 2013 , che per il cinema scrivendo  la soundtrack del film di Mario Martone del 2014 “Il Giovane favoloso”  dedicato alla vita di Giacomo Leopardi

Apparat soundtrack live si presenta sul palco con il nostro Sascha accompagnato da 3 musicisti con una strumentazione molto varia che spazia dal violino alle percussioni, dagli immancabili synth al flauto , supportato da un superlativo visual prodotto dai connazionali “Transforma.

apparat_desk

Poco più di un’ora di intensa performance con parecchi nuovi brani dove Apparat dietro la sua piramide di tastiere ha diretto lo show con quel suo stile leggero ed elegante che lo rende unico . Per chi conosce il sound di Apparat non si sarà stupito di trovare la performance emozionante perché l’artista berlinese sa creare un atmosfera rarefatta da un lato e potente da un altro, rumoristica miscelata a note d’archi , drum machine sincopate su flauti e chitarre insomma tutta l’essenza della musica all’interno di un singolo brano.

Un caleidoscopio di immagini e luci ci conducono in un viaggio immaginario , una storia raccontata in musica dove possiamo rivivere i nostri sogni che a volte si trasformano in incubi nei quali un piacere sottile ci spinge a restarne immersi, risvegli improvvisi e ad occhi aperti rivivere un luogo, una sensazione un immagine.

fERDIDAS

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