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Il Rugby Sound Festival di Parabiago già da alcuni anni si sta affermando come appuntamento da non perdere per chi ama la buona Musica il Rugby ma non solo.

Con il motto 10 giorni di Rugby, Musica e Amore dal 26 Giugno al 5 Luglio potremmo raggiungere a pochi Km da Milano , Parabiago e divertirci con concerti , spazi gioco, e  ristorazione all’interno del Centro Sportivo Venegoni in Via Carso 19.

Musica sì, e ce né per tutti i gusti da Caparezza che farà da overture il 26 a Sud Sound Sound System, alla serata con le nuove proposte di Battle of The Band del 29 ai The Fratellis di Pete Doherty il 2 Luglio supportati dai Torinesi Monaci del Surf e tanto altro ancora.

Per tutte le info logistiche potete atterrare sul sito :

www.rugbysound.it

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Mark Lanegan torna in italia grazie all’organizzazione  Vivo Concerti  ad un anno di distanza per un’unica tappa  milanese del  “tour de force” europeo che lo vede impegnato praticamente tutti i giorni senza soluzione di continuità in tutte le principali piazze del vecchio continente.

E’ un occasione importante per ascoltare live molti dei nuovi brani del Disco “Phantom Radio” uscito nel finale del 2014 del quale tra l’altro né è appena stata pubblicata una versione con tutti i brani remixati da importanti dj e producer.

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Cosa dire, Mark è un artista che grazie alla sua straordinaria ed inconfondibile voce ha saputo costruirsi una carriera importante non solo per i suoi dischi, prima insieme alla band degli Screaming Trees  e poi da solista già dai primi anni 90 , ma anche e soprattutto per le grandi collaborazioni e featuring  che lo hanno visto protagonista con Queens of The Sone Age, UNKLE e Soulsavers giusto per citarne alcuni.

Vox gutturale , profonda , rauca , baritonale dalle sfumature oscure che sembra nata per interpretare tutte le note  del blues e del rock che insieme ad una slide guitar di sottofondo è in grado di dare i brividi e creare una atmosfera unica.

Ed è proprio così che inizia  il concerto di Mark Lanegan i :  la sua Voce  e la chitarra due brani stupendi a fare da ouverture ;“when yo’re number isn’t up e Judgment time tratto dal nuovo disco.

Gli altri tre elementi della band (basso , batteria e tastiere) oltre al chitarrista si materializzano al terzo brano Gravedigger Song  che  ci riporta al penultimo disco di Mark Blues Funeral uscito nel  2012 dove si era già vista una svolta compositiva ricca di  contaminazioni elettroniche che ci mostrano una Mark Lanegan in grande forma e che ha saputo far tesoro delle tante esperienze e collaborazioni con altri musicisti

Il palco con un lighting minimliasta ed in penombra crea un atmosfera  conturbante e Mark  si limita a poche interazioni col pubblico come nel suo stile ma questo nulla toglie alla grande performance che ci ha regalato anche questa volta.

Si snocciolano molti dei brani di Phantom Radio come le grandi blues ballad di Floor of the Ocean e Death Trip to Pulsa ma si pesca anche nei dischi più datati e rockeggianti con brani quali Quiver Syundrome e Gray goes Black. LA grande cavalcata danzereccia di Ode to  Sad  Disco fa da contrappunto alla più riflessiva Harbourview Hospital .

Dopo un’intensa  ora di blues, rock e psichedelia il concerto di Mark “the voice” si conclude con tre encore tra cui la stupenda Methampthetamine Blues e Killing Season per la piena soddisfazione del pubblico dell’Alcatraz che aspetterà con impazienza il suo beniamino  allo stand  per ricevere  il sospirato autografo sul merchandising di Phantom Radio .

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E così i Placebo ritornano in Italia forti della loro popolarità, comprovata da oltre una decina di milioni di dischi venduti in una ventina di anni di carriera. Live Nation ci regala dunque un bel concerto perché Brian Molko e soci sanno esprimersi dal vivo sfruttando una  straordinaria energia comunicativa oltre che la grande padronanza tecnica sugli strumenti.

Il loro repertorio vario e affascinante sa raggiungere trasversalmente svariate tipologie di fans che si riconoscono nella band sia nei momenti più potenti sia in quelli più meditativi. Il rock alternativo dei Placebo è difficilmente classificabile in un genere preciso proprio perché anche le loro influenze sono molteplici spaziando dal post punk al glam rock alla Bowie fino ad atmosfere elettroniche.

I tre sono accompagnati live da un terzetto di session tra cui spicca Fiona Brice che suona il violino elettrico oltre che cimentarsi alle tastiere e ai cori, Brian Molko in forma smagliante con quella sua voce unica che riconosceresti tra mille , Stefan Olsdal che non solo al basso ma anche chitarra e tastiere si destreggia in potenti assoli e poi la macchina ritmica di Steve Forrest impressionante nel suo incedere.

Un gran bel palco allestito con una quantità impressionante di pannelli e poi una  scaletta che ripercorre varie tappe del percorso musicale dei Placebo iniziando con una strabordante B3  e continuando con  i 2 singoli targati 2013 estratti da Loud Like Love. La titletrack   viene eseguita tra i primi pezzi e a seguire la magnifica perla Too Many Friends con una piccola introduzione di Brian sul significato stesso della canzone .

Grandi pulsazioni con  Song To Say Goodbye e per non farsi mancare nulla Every You Every Me e MedsSpecial K e Bitter End ci riportano una diecina di anni indietro arrivando a circa un ora di esibizione letteralmente volata via forse troppo breve per i fans che chiedono one more o some more.

Gli encore non mancano ma non sono più di tre tra cui la stupenda cover di KAte Bush Running Up that Hill e per concludere una versione allungata di Infra Red che anticipa i saluti dei Placebo e lascia sul palco i soli sessions per un giusto tributo alla grande performance live.

Ho percepito come un rinnovato ardore nei Placebo, il fuoco creativo arde ancora e  la voglia di stupire resta immutata nei tre !

Lunga vita al Rock !

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Nella frizzante serata di inizio Marzo si respira aria di grande evento nell’avvicinamento all’Alcatraz . Decine di ambulanti con tee-shirt , parcheggi introvabili ed infine il cartello di “Sold Out”,  confermano che la fama di Sir Bob Cornelius Rifo si sta propagando oltre il mondo dei Club.

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Entrando scorgo un grande allestimento sul “Big Stage”  e già un nugolo di fan danzanti si sta scaldando con la musica del dj set pre- live in attesa dell’arrivo di The Bloody Beetroots.

Intanto diciamo che il progetto di Sir Bob poliedrico produttore Italiano di nascita, ma artista internazionale a tutto tondo,  spicca per originalità sia per la parte artistica che nella parper quella musicale.  Oltre 2 milioni di copie vendute con il disco di debutto “Romborama” oltre a svariati singoli, video  e remix  stanno a testimoniare che qui si fa sul serio e che forse il motto “Italians do it better” è assolutamente valido anche in campo musicale !

Il concerto si compone di una sorta di Set mysterion  capitanato da Sir Bob più 2 performer della Death Crew 77 mascherati a celarne l’identità per creare visivamente uno stage dal grande impatto.

Il Sound di Sir Bob Cornelius Rifo è energia pura , magma che fuoriesce da  un vulcano in piena eruzione creativa ; immaginate l’energia e l’immediatezza del punk  quello vero degli albori (anno 1977)  unita alla musica Dance Elettronica, spruzzate classicheggianti miscelate a dubstep groove , dissonanze eclettiche ,  Sir Bob può urlare dietro un microfono imbracciando una chitarra in distorsione e passare agilmente a suonare il suo pianoforte .

Tutta l’adrenalina che cercate  nella musica contemporanea è qui dentro magnifica Rocksteady , conturbante Domino,  metronomica  Warp 1.9 ….. I love The Bloody Beetroots  , Sir Bob you are outstanding !; se vi siete persi il concerto aspettate il nuovo disco in arrivo, magari riascoltando un centinaio di volte Romborama !

http://www.youtube.com/watch?v=UQJJCcp-2jU

Official Video Cornelius The Bloody Beetroots

 

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P_BANKS1 “The Base” Paul Banks Official Video

Sentire il frontman degli Interpol in veste “solista” mi incuriosiva a priori e forse è  soprattutto in un live dove si riesce ad apprezzare se,  quanto prodotto in studio funziona veramente al di là delle vendite che forniscono solo freddi dati statistici .

Banks è un artista di indubbia capacità , vocalist molto potente che negli album di interpoliana memoria (5) mi ha fatto sempre pensare a  paragoni con il mito di Ian Curtis.

A tratti baritonale a volte più acuta la voce di Paul ha saputo  suscitare profonde emozioni nella sua  originale veste di leader degli Interpol  e forse la simbiosi compositiva  che insieme ai  suoi compagni ha saputo generare , ho avuto la netta sensazione che non sempre  riesca ad estrinsecarsi nel suo progetto unilaterale .

Ma tant’è; dunque,  la domanda che sorge spontanea è:  perché sentire la necessità di produrre dischi da solo quando Interpol inteso come gruppo ha sempre funzionato e rappresenta un fulgido esempio di rock alternativo ?

La risposta alquanto ovvia che tutti gli artisti darebbero è che al di fuori del proprio gruppo si possono percorrere strade diverse, realizzare nuove idee, cavalcare  sonorità alternative e via discorrendo in un elenco praticamente infinito di motivazioni validissime senza contare tutti gli aspetti caratteriali e di leadership delle singole componenti musicali.

La sensazione di incompiuta  percepita dalle tracce ascoltate nei due dischi di Paul (Il primo con lo pseudonimo Julian Plenti) si è confermata anche dal vivo in una fredda serata di Febbraio al mitico Tunnel di Milano.

Accompagnato da 3 discreti sessionman  al basso/tastiere, batteria e una buona chitarra solista, Paul snocciola la sua ventina di composizioni in modo impeccabile tecnicamente ma prive secondo me della verve compositiva che gli riconosciamo negli Interpol . Le sonorità poi sono di fatto molto simili a quelle prodotte nella sua compagnia abituale con suoni solo leggermente più smussati  che fluiscono in ballad elettriche che non sprigionano mai la scintilla che in un live tutti si aspettano .

Il tono si alza solo un po’ quando “The Base” e “Young Again “ risuonano i loro refrain  e anche le ottime “Skyscraper” e “Games for Days” tratte dal primo lavoro si lasciano ascoltare piacevolmente.

Si termina con un paio di encore che il pubblico timidamente chiede al nostro Paul ed è in quel momento che ripenso all’ultimo stupendo concerto degli Interpol  e ritorno alla mia domanda inziale; perché fare da solo ciò che puoi condividere con altri e la Musica per definirsi tale deve avere un corpo e un’anima.

La prima è Interpol e la seconda è Paul , inscindibili per definizione.

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La “mezcla” di generi è ciò che ti aspetti da un concerto della band di Tuscon Arizona; Burns e Convertino costituiscono l’anima dei Calexico e sono abili nel contornarsi da straordinari polistrumentisti, che li supportano nella “Sarabande” di suoni e ritmi .

L’Alcatraz di Milano li ospita ancora una volta e fa centro perché il pubblico è numeroso e soprattutto caliente al punto giusto. La band sfodera subito un grande affiatamento, sostenuta dalla precisa base ritmica di Convertino e dalla classica voce “Country feel” di Joy Burns; fiati, vibrafono, Slide Guitar, contrabbasso , fisarmonica si alternano in un susseguirsi di brani davvero trascinante. L’ultimo disco Algiers fa da leit motif al concerto ma sono frequenti le riproposizioni di brani che hanno segnato una carriera che si sta avvicinando agli onorati 20 anni.

Il country si fonde con il latin rock, echi Morriconiani si tingono di “Alternative” in un Caleidoscopio Calexichiano di grande impatto e allora tutti a ballare e cantare “Guero Canelo”,  “Sonic Wind”, “Inspiracion”,Puerto” e “No te Vajas” per 2 ore di grande musica .

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