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Cold Cave la creatura dark Wave di Wesley Eisold torna in Italia per una tournee molto interessante che sta toccando alcune città italiane tra cui Torino e Padova , stasera 1° Aprile Ravenna e nei prossimi giorni Roma il 4 e Milano il 5 Aprile al Circolo MAgnolia.

Ci sarà il nuovo Ep da presentare con il singolo “The Idea Of Love” e il b side “Rue The Day” – che riflette la precisa scelta di prendere le distanze dalle convenzioni della music industry, e di affrontare percorsi musicali alternative rock con influssi elettronici ed industrial , e tanti brani tratti dalla cospicua produzione di Cold Cave.

Da non perdere per gli appassionati del genere ma non solo! Per tutte le info visitate il sito di Radar Concerti al seguente link:

http://www.radarconcerti.com/cold-cave-atteso-ritorno-in-italia-con-cinque-date/

 

 

Appuntamento con il Southern Rock dei Blackberry Smoke sabato sera al Fabrique di Milano con l’organizzazione di Barley Arts che riesce a portare in Italia per un unica data, una band che fa dell’ “always on tour” una missione quasi religiosa, dove trovare uno slot per una performance diventa un’impresa assai ardua per un promoter.

Ma tant’è, la possibilità di vederli live per presentare il nuovo lavoro uscito ad Ottobre 2016 “Like an Arrow” è un occasione veramente imperdibile , perchè sappiamo che loro non deluderanno le aspettative.

Attivi da oltre un decennio con 5 dischi in studio oltre ad alcuni live,  i Blackberry Smoke hanno saputo percorrere le strade già segnate da illustri e leggendari progenitori del genere come Allmann Brothers Band , Lynyrd Skynyrd e ZZ Top, creandosi un discreto seguito di fans e una credibilità musicale che li ha portati a fare molto spesso da opening act per i grossi calibri sopra citati ma anche da headliner in svariati Festival.

C’è da rilevare che proprio nel nuovo lavoro Charlie Starr e compagni hanno esplorato anche nuovi territori rock che potremo definire più “british” senza per questo snaturare lo stile southern country che li contraddistingue sin dai loro primi passi.

Si respira aria di autentico rock sudista con la band di Atlanta schierata in modo classico sul bel palco del Fabrique con Starr leader cantate e compositore al centro dello stage che imbraccia almeno 5 o 6 tipi di chitarra a seconda del brano, ai suoi fianchi Paul Jacskon alla chitarra e Richard Turner al basso elettrico mentre sulla seconda fila abbiamo la potente batteria di Brit Turner e il rutilante Pianoforte di Brandon Still .

Le quinte del palco riportano la bella copertina di Like an Arrow ed è inevitabile che il nuovo disco faccia da fil rouge per tutto il concerto in particolare con il nuovo potentissimo singolo Waiting for the Thunder dove Richard Starr dimostra non solo una grande capacità allo strumento ma anche una notevole estensione vocale degna di un rocker di razza con la batteria di Brit che inizia con ritmica lenta per terminare con una grande cavlacata hard rock davvero prodigiosa.

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La titletrack Like an Arrow che si lascia cantare a squarciagola è una straordinaria miscela di blues rock e southern classic che non lascia indifferenti , mentre le note di Let it Burn ci riportano sulle strade del sud con il piano che si si destreggia nel classico incedere southern rock. La ballad di Good Life sempre dal nuovo disco è perfetta tra il riff di Six Ways to Sunday e la straordinaria Ain’t much Left to me e fa il paio con un altro brano tratto dal disco del 2012 The Whipporwill, One horse Town.

Bellissima la versione di Pretty little lie che fa da preludio alla grande medley basata su Sleeping Dogs di circa 10 minuti a metà dell’esibizione dove abbiamo riconosciuto una stupenda Your Time is Gonna Come dei Led Zeppelin dove la voce di Starr raggiunge le note del grande Robert Plant .

Che dire di Good one Comin’ on dove il rock diventa country oppure Rock’n roll Again che rimanda al classic rock degli Status Quo per non parlare di Holding all the Roses sfrenata cavalcata da suonare in un whiskey bar del Tennesse e per non far torto a nessuno un pò di blues non poteva mancare con la classica Ain’t Got the Blues .

90 minuti intensi di vero rock, dove i Blacberry Smoke riescono a fondere i generi fluidamente tra Country, Blues e Hard Rock guidandoci in un percorso musicale nel profondo sud del Dixieland partendo dalla natia Georgia per poi salire sù nel Tennesse e poi giù giù in Louisiana e in Texas .

 

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In arrivo per una serie di 5 imperdibili concerti in Italia la band Jazz Rock capitanata dal frontman dei dEUS Tom Barman che si cimenta in qualcosa di più di un side project perchè la musica jazz declinata in tutte le sue possibilità dai TaxiWars è qualcosa di unico e assolutamente da ascoltare anche per i non adepti del genere .

La band è composta da tre straordinari musicisti che assecondano la grande voce di Barman in un susseguirsi di improvvisazioni e variazioni musicali che travalicano i limiti del genere puro, aprendosi ad un pubblico poternzialmente più vasto. Già due dischi nel loro carniere che saranno protagosnisti nella serata del primo di Marzo al Biko di Milano. Altre date in varie città sono in programma per i TaxiWars già dal 28 Febbraio  che vi consigliamo di verificare sul sito del Promoter Ponderosa Music&Art al seguente link:

http://ponderosa.it/artists/107/taxiwars

 

 

The Dandy Warhols sono tornati nella stessa venue (il Circolo Magnolia di Segrate) grazie anche all’organizzazione di Comcerto dopo alcuni anni di assenza dalle nostre latitudini, per presentare live sia il nuovo disco Distortland uscito nella primavera del 2016 , ma anche molti brani della loro ventennale storia musicale.

Usciti dalla sbornia del successo mediatico che arrivò repentinamente all’inizio del nuovo millennio con la superhit Bohemian like you, la band capitanata da Courtney Taylor Taylor ha poi continuato la sua ottima carriera con una portata inferiore ma non per questo meno qualitativa ed interessante.

Fautori di una Psichedelia Pop che li vede muoversi in ambito rock indie alternativo, The Dandy Warhols dal lontano Oregon, si presentano sul palco grande del Magnolia nel quartetto classico con Courtney alla voce e chitarra, Peter Holmstrom alla chitarra solista, Zia McCabe, tastiere, basso e cori e Brent DeBoer alla batteria.

Interessante da subito notare che il doppio microfono di Taylor permette di ottenere da un lato sonorità vocali filtrate simili al vocoder mentre dall’altro amplifica in modo tradizionale le tonalità particolarmente sfumate della sua voce. Di fatto le due chitarre si alternano sia nella riproduzione di toni più bassi in assenza dello strumento dedicato che Zia McCabe imbraccia solo in paio di episodi, e sia nell’esecusione di interessanti assoli lisergici . La batteria di Brent è precisa senza particolari sferzate ritmiche ma si attesta nel classico 4/4 rallentando o velocizzando a seconda del brano.

Il repertorio di Portland che è senza dubbio un bel disco , viene esplorato partendo dal singolo

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molto radiofonico  Styggo con un refrain ripetitivo ma che che continueresti a cantare all’infinito passando a You are killing me più decisa e rockeggiante  per planare infine su Catcher in the Rye.

Dal loro disco Best seller uscito proprio nel 2000 Thirteen Tales from Urban Bohemia ritroviamo alcuni classici come Get off oppure Godless e il già citato Bohemian Like you che il pubblico da sempre aspetta con trepidazione per scatenare tutta l’irrefrenabile voglia di ballare.

Strepitosa We Used to Be Friends con i cori in fasletto e le tastiere di Zia McCabe a disegnare un’onda sonora che sale e scende fino ad infrangersi sulla scogliera.

Ritorniamo addirittura al secondo disco del 1997 con un back in the past di 20 anni per riascoltare Not If You Were the Last Junkie on Earth  e per gli inaspettati encore di Pete International Airport e Boys Better in chiusura di un ottimo concerto che ripaga ampiamente della lunga attesa e riconferma i Dandy Warhols come una band che non ha abbandonato il suono che li ha contraddistinti sin dagli esordi e che ha ancora molto da da dire e soprattutto da suonare.

 

 

 

 

 

 

Arriva dal Ghiaccio e dal fuoco dell’ Islanda il nuovo disco “Sports” dei Fufanu emergente e promettente band che interpreta un suond fresco fatto di synth wave con spruzzate post punk , atmosfere indie di grande impatto, e vantano già notevoli collaborazioni tra le quali quella con il grande Damon Albarn leader e cantante dei Blur.

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Il disco ci arriva giusto un giorno prima della pubblicazione ufficiale prevista per il 3 Febbraio per One Little Indian e si avvale dell’importante produzione di Nick Zimmer degli Yeah Yeah Yeahs , mostrando un percorso di crescita notevole  in soli due anni dall’uscita del loro esordio intitolato “Few More Days to Go“, di un paio di EP e alcuni interessanti remix.

Abbiamo ascoltato già tre notevoli singoli estratti dal disco, in ordine”Bad Rockets“,  la titletrack Sports e il nuovo Inability.

Le tre tracce mostrano già una grande maturità per una band giovanissima dove la voce del frontman Kaktus Einarsson si dipana su una trama di chitarre arpeggiate, spruzzate di synth e batteria cadenzata, ma in verità tutto il disco è una sorpesa dietro l’altra in termini di qualità e di originalità.

Che dire della traccia 2 Gone for More molto dancy Club e la darkeggiante Tokyo; interessante  anche Your Fool Indie Rock allo stato puro. Syncing In è una sincopata cavalcata con la chitarra che rincorre la voce di Kaktus che si conclude con un finale di synth.

Restart è la traccia 10 che chiude degnamente il disco. Tutto scorre nel verso giusto, il sound dei Fufanu è fluido , un liquido che si espande e raggiunge rapidamente  tutti i nostri recettori musicali.

 

 

La superluna del 14 Novembre ha illuminato magicamente la serata del ritorno in concerto dei White Lies  in Italia,  questa volta sul magnifico palco del Fabrique a Milano, e per chi non è stato presente raccontiamo a qualche giorno di distanza il Live report dell’evento .

Intanto cominciamo a dire che la band a supporto, The Ramona Flowers, ha aperto la serata con un ottima performance creando la giusta atmosfera per l’entrata in scena del terzetto di Londra quei White Lies che esordirono balzando al numero 1 delle calassifiche UK con il loro disco d’esordio To Loose my Life, che fece  il botto rendendoli da subito una delle band più promettenti e sorprendenti.

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La band si presenta come di consueto sul palco con l’aggiunta di un quarto elemento alle tastiere, con Harry McVeigh chitarra e voce solista, Charles Cave al basso e cori, nonchè autore anche di molti testi, e Jack Lawrence-Brown alla batteria,  mostrando sin da subito una grande capacità stilistica e tecnica in grado di catalizzare l’attenzione del pubblico già con il primo pezzo, Take It out on  me, nuovissimo singolo tratto dal recente lavoro Friends .

Non a caso la scaletta fa incetta di brani tratti dal sopracitato primo disco, ma consente anche di ripercorrere la loro giovane carriera, contenuta in 4 album prodotti in meno di 10 anni di attività; dopo There Goes our Love arriva subito il capolavoro To Loose my life che sintetizza alla perfezione l’anima musicale dei White Lies, fatta di moderne sonorità racchiuse in uno scrigno d’epoca eighties che illustri predecessori hanno disegnato per loro.

Come non pensare a Ian Mc Culloch, leader e cantante degli storici Echo & The Bunnymen, quando ascoltiamo Harry cantare Hold Back your love o Morning in LA o come non ritornare alle atmosfere sognanti dei Cure quando i White Lies intonano il loro primo singolo, Unfinished Business .

Il Basso di Charles, preciso e sicuro, e la batteria di Jack pulsano all’unisono in molti pezzi mentre la chitarra di Harry si destreggia senza mai andare oltre una certa soglia, come vuole il classico stile new wave, mentre le tastiere forniscono il lato sintetico che abbiamo da sempre apprezzato nei dischi dei White Lies.

Gemme oscure musicali brillano nella serata e così ascoltiamo Price of Love e Farewell to the Faiground  passando poi alle sfaccettature più solari di Getting Even e Don’t Want To Feel It All per raggiungere con Death l’ora quasi esatta di performance.

Aspettiamo qualche minuto per tre encore di grande effetto quali Big TV e Come on e per chiudere una stupenda Bigger Than Us.

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Dal cuore pulsante di Londra arrivano i White Lies per due imperdibili date che li vedranno a Roma il 13 Novembre all’Orion Live Club di Ciampino mentre il 14 lunedì saranno protagonisti sul palco del Fabrique a Milano supporati dai The Ramona Flowers con l’organizzazione di Vivo Concerti .

Giovane e promettente band i White Lies  hanno prodotto già 4 Dischi in carriera tra cui il freschissimo “Friends” ; tutto ciò costituisce una valida argomentazione per assistere alla loro performance live che crediamo possa essere di grande interesse sia per i fan ma anche per tutti gli amanti della musica indie della nuova ondata british.

 

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Il grande ritorno dei Killing Joke è ormai imminente in occasione del loro Great Gathering Tour che toccherà per 3 date anche l’Italia a cominciare dal 13 Novembre al Live Club di Trezzo D’Adda (Mi) tempio della musica rock , per poi toccare Roma il 15 e Bologna  il 16.

In oltre 4 decadi di storia, i Killing Joke di Jaz Coleman hanno segnato la storia della musica rock alternative con la loro potente e immutata carica di energia che li portati ad essere considerati tra le band più importanti nel panorama rock industrial .

Saranno certamente protagonisti i brani tratti dall’ultimo disco “Pylon”  ma non mancheranno i grandi pezzi della loro infinita e prolifica discografia e per completare il menu ci saranno in apertura i promettenti Death Valley High. Biglietti disponibili sia in cassa che in prevendita.

 

 

Magnifica serata al Biko per il concerto dei Parquet Courts che come da pronostico hanno confermato la loro verve e capacità di coinvolgimento del nutrito pubblico accorso in loro onore.

Il giovane quartetto di NY ha dimostrato se ancora ce ne fosse bisogno di essere una delle realtà più fresche della nuova ondata Indie Rock Newyorkese, che affonda le radici negli anni ottanta e novanta, traendo linfa vitale ed ispirazione da gloriosi campioni come Talking Heads , Devo e Cake.

Il garage rock energico dei PQ è declinato in una forma apparentemente semplice fatta di 2 chitarre (Andrew Savage e Austin Brown ) che si dividono equamente anche il compito di vocalist, e la classica sezione ritmica composta dal basso di Sean Yeaton e dalla batteria di Max Savage.

I Parquet Courts hanno alle spalle una giovane carriera che li ha già portati agli onori della critica con una prolifica produzione di  cinque dischi in studio, circa uno all’anno, e una lunghissima serie di acclamati live .

Una ventina i brani eseguiti ieri sera in una sequenza senza soluzione soluzione di continuità che ha pescato equamente da tutti i loro dischi privilegiando ovviamente l’ultimo lavoro Human Performance datato Aprile 2016 . 3d7f0f9d

L’inizio è travolgente con Ducking and Dodging e i due singoli Dust e Human Performance dove si ha la netta sensazione di una grande coesione tra gli elementi della band con i due vocalist  Andrew e Austin che si alternano e a volte si sovrappongono mostrando rispettivamente un lato ruvido e uno più morbido dell’interpretazione.

I vocalizzi dei 2 a volte ricordano quelli del grande David Byrne dei mitici Talking Heads e volutamente possono arrivare al limite del fuori scala al servizio di una melodia che può passare dalla rabbia del garage punk per arrivare alle soglie del country rock.

E così tra i brani tratti da Human Performance ascoltiamo in sequenza il country style di Outside e la bizzarre  I was just here e Paraphrased che mostrano il lato Devo  dei Parquet Courts o la sognante Steady on My mind.

Il ritmo di Max alla batteria accellera con le tracce prese dal primo disco  Light Up Gold  come Stoned and Starving o Master of My craft.  Bellissima la “Prison Style di Sunbathing Animal con una spruzzata di Folsom Prison Blues del mitico Jonny Cash .

Nella parte finale del live una bellissima western style Berling Got Blurry 

e la cavalcata arrembante di  Content Nausea dove Andrew Savage non finisce di stupire con il suo impossessarsi del microfono e la sua chitarra tagliente in un travolgente delirio rock.

Mancano all’appello alcune hit che ci saremmo aspettati di ascoltare almeno negli encore ma che in ogni caso non tolgono nulla alla grande serata dei Parquet Courts.

 

 

 

Sotto l’egida di DNA Concerti avremo un’occasione straordinaria di vedere dal vivo una band davvero interessante della nuova ondata Newyorkese i Parquet Courts o (Parkay Quarts) durante il prossimo weekend sia per il pubblico  bolognese (il 22 Ottobre al Covo) che per quello milanese il 23 Ottobre al Biko.

I Parquet Courts costituitisi poco più di 5 anni fa sono arrivati al loro 5 album da studio Human Peformance uscito nella primavera di quest’anno e rappresentano una ventata di novità  nella folta arena rock alternative d’oltreoceano.

Uno stile unico esce dal mixer  musicale dei Parquet Courts, che potrebbe contenere una parte di post punk alla Devo una degli indimenticabili Talking Heads e una dei bizzarri Cake . Testi interessanti che raccontano la scorrere frenetico della vita moderna e una produzione di grande spessore ci preannunciano dunque un grande live per il quartetto capitanato da Austin Brown e siamo sicuri che non rimarremo delusi !

Live report e galleria fotografica raccontati come sempre su Concertionline !

 

Il ritorno dei Gallesi Feeder è quanto mai gradito, ed il nuovo disco “ALL BRIGHT ELECTRIC”  arriva in redazione in anteprima di pochissimi giorni all’uscita del 7 Ottobre  per Cooking Vinyl. La loro carriera è ha già sorpassato le due decadi ma il suono del gruppo è sempre fresco, Rock senza dubbio ma con quello tocco power pop che non guasta mai

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Molto belli i due singoli,  già ampiamente in programmazione in molte radio italiane Eskimo ed Universe of Life che regalano passaggi elettrici energici , con la armoniosa voce di Nicholas Grant che sa spaziare dai toni più bassi a quelli alti con grande facilità e una base ritmica davvero potente .

Il disco contiene 11 tracce (3 in più nella versione deluxe) che suonano subito bene al nostro orecchio, con brani dal piglio più aggressivo che certamente includono i 2 singoli sopracitati ma anche la punkeggiante Paperweight o la Nu Metal Divide the Minority , oppure Geezer  hard rock allo stato puro mentre The Impossible segue una trama ritmica trascinante per poi scatenarsi in un potente refrain; nella complessità del disco troviamo episodi con sfumature da ballad quali Oh Mary o Angels and Lullaby’s o la final track Another Day on Earth che inizia con Piano e voce, il testo molto bello , un pezzo che potrebbe entrare tra i “classici” dei  Feeder.

Il trio è in perfetta forma per la tournee che per ora prevede tappe autunnali nel Regno Unito ma che speriamo possa allargarsi anche alle nostre latitudini considerando che i Feeder mancano dai nostri palchi almeno da 5 anni .

Tracklist

1Universe Of Life, 2 Eskimo, 3 Geezer, 4 Paperweight, 5 Infrared-Ultrviolet, 6 Oh Mary, 7 The Impossible, 8 Divide the Minority, 9 Angels and Lullaby’s, 10 Hundred Liars, 11 Another Day on Earth

Il duo di Manchester (Ed Simons e Tom Rowlands) si è ripresentato in grande spolvero ieri sera come headliner sul grande palco del Market Sound di Milano.  The Chemical Brothers sono i paladini di una musica elettronica che riesce a miscelare moltissime influenze musicali e che ormai da oltre un ventennio hanno costruito un percorso di crescita che li porta ad essere tra i maggiori innovatori del genere e con una nutrito numero di estimatori.

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Il loro Live set si presenta come un Continuos Mix delle loro tracce più famose , riviste con variazioni di beat e di effetti unito ad un visual che segue armonicamente la sequenza di canzoni.

Sampling di voci, sequencer scatenati in un turbillion continuo di sensazioni musicali che passano magicamente dal classico e potente Big Beat a imprevedibili sfumature rock psichedeliche marchio di fabbrica che accompagna Chemical Brothers sin da quel capolavoro d’esordio Exit Planet Dust uscito nel  1995, che rappresenta una delle pietre miliari della musica Elettronica.

La scaletta del live è  stata interessante perché pur privilegiando le hit dell’ultimo disco uscito poco più di un anno fa Born in the Echoes, ha saputo proporre le mille sfaccettature della grande produzione  del duo di Manchester.

L’apertura è stata riservata a quella Hey Boy , Hey Girl che rappresenta una delle maggiori hit dei fratellini chimici uscita addirittura nel 1999 e tratta da Surrender , poi ascoltiamo anche una Setting Sun e una Star Guitar  campionate magistralmente.

I singoli dell’ultimo disco sono tutti presenti cominciando da Go ! , passando per la stupenda I feel So deserted e proseguendo con la tribale  EML Ritual .

Altre super-hit come Galvanize e Do It Again vengono passate nel frullatore del Live Remix nel quale i Chemical Brothers sono maestri ma non perdono niente della loro potenza ritmica in un flusso continuo di sensazioni elettroniche .

Tra le tante collaborazioni e featuring che i Chemical Brothers hanno implementato nella loro carriera quella con i mitici New Order di Peter Hook e Bernard Summer generò quella stupenda hit dal nome Out of Control del 1999  e il giusto tributo di Ed e Tom è stato quello di campionare un sample di una delle prime canzoni “Temptation

Il pubblico acclama e si muove al ritmo dei chemical beats che pulsano continui , rallentano e poi accelerano , una sequenza di loop , un flusso sonoro elettronico. The Chemical Brothers are back !