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Tyler, The CreatorTyler, the Creator è una figura incredibilmente carismatica, con aspetti contrastanti della sua personalità al tempo stesso positiva e negativa.
Americano di origine nigeriana, è un ragazzino del ’91, che ha fatto il botto nel 2011, a soli diciott’anni, con l’album Goblin. Il video di Yonkers conta ad oggi più di 84 milioni di visualizzazioni. Si presenta con una fisicità molto particolare: ha le braccia lunghe lunghe, salta dappertutto, è magrissimo ma con gli addominali scolpiti.
Ciononostante conserva uno stile sia molto colloquiale nelle sue canzoni, legato soprattutto alla cosmogonia della sua crew Odd Future / Wolf Gang, sia molto introspettivo quando lascia la parola al suo alter ego Wolf Haley. Non a caso infatti, anche durante il concerto, i punti più alti li tocca nei pezzi che parlano di suicidio o dedicati all’odio verso il padre mai conosciuto.
Spesso criticato per il sessismo dei suoi testi, gioca tuttavia spesso con atteggiamenti omosessuali (vedi il video di Rella) e varie stupidaggini da palcoscenico che danno però l’impressione che sia già un artista navigato.

Al Carroponte si presenta con Taco (di cui sento gli ultimi minuti di un dj set che sembrava abbastanza miserevole) e Jasper Dolphin (tecnicamente nemmeno un rapper), nel più piccolo dei due palchi all’aperto.
L’atteggiamento è quello superenergetico che ti aspetti, nonostante un po’ di spaesamento generale (forse per non aver visto in giro abbastanza McDonald’s).
C’è un numero incredibile di cellulari accesi a registrare video tra il pubblico, che conosce comunque tutti i ritornelli a memoria. Tyler scatta come un grillo su tutto il palco, giocando col pubblico con numeri da performer consumato, del tipo:
– osservare simpaticamente, in tono Black Lives Matter: “Hey, è pieno di neri anche qui!”;
– inscenare il lancio e rilancio di un reggiseno tirato sul palco;
– fingere di litigare con un fan rivolgendosi con un: “I run this shit – not you”
– dividere il pubblico in due per gridare wolf gang / golf wang e poi bullarsi di aver guidato la metà più rumorosa
– giocare con un palloncino a forma di alieno che arriva dal lato destro del palco
– invitare tutti ad accovacciarsi o togliersi la magliette a seconda di quello che gli suggerisce il beat

Il punto di svolta arriva circa a metà del concerto, pressappoco durante 48, Bimmer e IFHY. Finalmente la gente si rilassa, e dal palco sembrano assumere un atteggiamento meno scarico dell’inizio, con più confidenza.
Quando canta a cappella Tyler mostra un flow strepitoso, il discrimine vero tra i rapper americani (o francesi) e quelli italiani è sempre stata la capacità di cantare dal vivo con la voce ferma come da disco.
Da lì in poi, è tutta una tirata fino alla fine dai pezzi nuovi di Cherry Bomb (Death Camp su tutti), che contengono spesso richiami più pop da major, alla classica chiusura con Tamale, giunta purtroppo troppo presto. A un certo punto piove infatti un: “Sono stanco, vado a farmi una doccia. Ciao! ” e alle 23:05 tutti a casa senza nemmeno il tempo per un bis.
Insomma, considerate le grandi attese costruite attorno alla propria immagine il voto finale è un 6 e mezzo. Sotto sotto della sostanza rimane e ne sentiremo parlare ancora per un po’.