Wilco in concerto a Milano: il report del live al Fabrique

Wilco in concerto a Milano: il report del live al Fabrique

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I Wilco decidono di aprire il loro concerto milanese sul palco del Fabrique, omaggiando le ceneri delle bandiere americane, viste le circostanze (Ashes of American Flags). Cappello da cowboy, maglietta a righe, giubbino di jeans e pancia, Jeff Tweedy come sempre ha l’aria dell’americano medio, uno di quelli che alle recenti elezioni ha combinato il pasticciaccio che condizionerà i destini del mondo intero nei prossimi quattro anni. E invece è, al contrario, un essere tutt’altro che ordinario, e chi riempie la sala stasera lo sa bene e non a caso urla il suo nome già dall’inizio.

Ho sempre avuto paura di essere un normale ragazzo americano, canta in Normal American Kids, e invece è riuscito a benissimo a sfuggire a tale maledizione. Un’ apertura scarna e acustica, come lo è l’ultimo straordinario lavoro Schmilco, appena sporcata dai suoni elettrici dei fedeli compagni di band.
Inutile piangersi addosso (Cry All Day) in un momento come questo, Jeff è qui per rassicurarci con tutto il fare bonario di cui è capace. Dice che andrà tutto bene, We’re gonna be alright, che siamo in lutto ma assieme avremo la forza per elaborarlo perché siamo e saremo sempre più di loro, e così la bellezza, che non scomparirà.
Lui lo dice e tu stavolta ci credi sul serio. Quello che sorprende sempre, nonostante l’abitudine, è l’estrema naturalezza con cui in più di vent’anni, i cinque americani  riescono a fare tutto quello che fanno, sia su disco che dal vivo.
Il palco è un bosco e i Wilco suonano tra le fronde per due ore, con una scaletta che è un’ulteriore dimostrazione di intelligenza. Ai momenti più intimi e puliti (Misunderstood, Someone to Lose) si alternano le sperimentazioni di brani quali Art of AlmostI Am Trying to Break Your Heart, che permettono anche al batterista Glenn Kotche e al formidabile Nels Cline di mostrare tutta la loro maestria.
La verità è che, anche se poteva sembrare che con il precedente lavoro Star Wars la band di Chicago avesse avuto una piccola battuta d’arresto, non è mai stato così e i ragazzacci sono più forti di prima.
Dopo i classici Via Chicago e Impossible Germany arriva il momento Jesus, etc. a far sognare la sala e a ricordare che nel nostro mondo esistono brutture come Trump ma anche cose belle e perfette come quel disco che è Yankee Hotel Foxtrot.
Si torna sull’attualità, Tweedy spiega che ora più che mai in America la gente si guarda in faccia chiedendosi che fare e questo in qualche modo è un dato positivo. Poi si riprende a suonare ancora per un po’, con tanto di doppio bis e la platea che non smette di partecipare (canticchiando Spiders). Cline passa alla slide, si torna ai ritmi soft e si conclude al meglio con un’ultima ondata di calore.
I Wilco sono più che una certezza, e se Jeff Tweedy era qui con l’intento di rassicurarci ci è riuscito eccome. Si torna a casa carichi di energia positiva. Certi che, per quando le cose siano difficili, fino a che esiste chi come loro prosegue dritto su un cammino fatto di coerenza e bellezza e ha per fortuna deciso di condividerlo, saremo in qualche modo salvi.

SETLIST
Ashes of American Flags
Normal American Kids
If I Ever Was A Child
Cry All Day
I Am Trying to Break Your Heart
Art of Almost
Pickled Ginger
Misunderstood
Someone to Lose
Via Chicago
Reservations
Impossible Germany
Jesus, etc.
Locator
We Aren’t The World
Box Full Of Letters
Heavy Metal Drummer
I’m The Man Who Loves You
Hummingbird
The Late Greats

Random Name Generator
Spiders (Kidsmoke)

California Stars
War on War
Shot In The Arm

 

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