Un tuffo dove l’acqua è più blu – Slowdive at Unaltrofestival

Un tuffo dove l’acqua è più blu – Slowdive at Unaltrofestival

Gli Slowdive mandano in estasi il Magnolia durante Unaltrofestival 2017

Premessa doverosa: è difficile, quando un live ti emoziona sul serio, ti entra sottopelle, trovare le parole per descriverlo appieno: questo è sicuramente quello che è successo con gli Slowdive ad Unaltrofestival, manifestazione “per chi non si rassegna al ritorno in città dopo le vacanze”, come recita lo slogan, che si è svolta ieri sera al Circolo Magnolia di Segrate (Milano).

Gli headliner, preceduti da band come Seafret (ottimi, assolutamente da scoprire) e Gazebo Penguins (dislocati su un palco più piccolo), erano appunto Rachel Goswell e compagni, attesissimi dopo la pubblicazione del nuovo album, a distanza di ventidue anni dal precedente, “Pygmalion”.

Quello che è andato in scena è il ritorno di una band che ha ancora tantissimo da dire, una band per cui il tempo sembra essersi fermato: bentornati negli anni ’90, noi siamo gli Slowdive e adesso vi facciamo sognare, avrebbero potuto dire esattamente questo, prima di cominciare un set che ha estasiato fan giovani e meno giovani, nostalgici e chi li ha scoperti solo con l’ultimo lavoro.

Rachel, fasciata in un giubbottino leopardato (il tempo prometteva pioggia e le temperature erano già autunnali), ha dimostrato come sia ancora lei la voce più fedele ed emozionante dello shoegaze: una performance assolutamente da brividi,  iniziata con “Slomo”, proseguita con “Catch the breeze”, primo colpo al cuore della serata, e via via lungo una carriera costellata di perle.

Neil Halstead ha regalato dinamiche strepitose alla chitarra e confermato come dopo più di vent’anni la sua voce e quella della Goswell si intreccino e sorreggano ancora alla perfezione, in un gioco di incontri e sfioramenti che sembra quasi un corteggiamento sonoro, favorito da un tappeto melodico di assoluto livello, un suono avvolgente e denso come raramente si riesce a sentire.

La cosa veramente complessa da descrivere è però l’atmosfera, una specie di bolla onirica in cui band e pubblico si sono ritrovati, empatici, con Rachel che sorrideva felicissima dal palco, quasi incredula che dopo tutto quel tempo le sue canzoni riuscissero a regalare ancora emozioni e fossero conosciute e cantate da tanta gente.

“Machine gun”, “Souvlaki Space Station”, l’acclamatissima “Alison“, gli Slowdive non hanno fatto mancare niente ai loro fan italiani, regalando un best of in cui bene si sono inseriti i brani dell’ultimo disco, come “Sugar for the pill” e “Star roving”.

Un concerto da ricordare, di quelli che ti restano nel cuore e nel cervello per un po’ di giorni, di quelli che pensi che sei stato fortunato ad essere lì, a poterne godere.

Uno di quei concerti che, dopo la conclusione della straordinaria “40 days”, ultimo bis, vorresti semplicemente dire “ancora”. Fino a non riuscire mai a saziarti.

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