Recensioni concerti

I report dei più importanti concerti in Italia: band italiane e internazionali, rock, pop, elettronica, punk, alternative e molto altro altro ancora. Photogallery e recensioni, report e scalette del concerto, immagini, video e racconti di tutta la musica live in Italia.

I fratelli Reid incantano piazza Castello con la magia di "Psychocandy"

Ci sono concerti che sai che ricorderai tutta la vita.
Gruppi che ti senti fortunato ad avere il privilegio di vederli suonare a due metri da te. Momenti perfetti che ti si scolpiscono nel cervello e nel cuore e nei quali non vorresti essere da nessuna altra parte. Il momento in cui Jim e William Reid salgono sul palco di Ferrara sotto le Stelle è uno di questi: uno di quegli istanti infiniti in cui sai che stai prendendo parte a un pezzettino di storia, perchè quella che hai davanti è storia del rock.
Attacca “April Skies” ed è di nuovo il 1987, l’anno di uscita di “Darklands”, secondo disco dei The Jesus and Mary Chain, una di quelle pietre miliari da ascoltare a ripetizione. Jim ha una voce che sembra provenire dai recessi più profondi della sua anima e, non si sa come, insensibile a una temperatura africana, riesce a condurre il concerto con una camicia a maniche lunghe, rigorosamente scura.
E’ davvero caldo a Ferrara, ma non importa, siamo tutti qui per una ragione e quella ragione sono i fratelli Reid e la loro musica straordinaria: ogni nota, ogni distorsioni penetra i cuori, così ci si scopre a recitare a memoria, come in una celebrazione, i versi di “Head on”, piuttosto che quelli di “Psychocandy“, pezzo sul quale si scatena il delirio assoluto.
Il pubblico è in estasi, rapito dalle movenze sinuose e naturali di Jim, che trasmette carisma con ogni piccolo gesto, quando si tocca il naso o piuttosto beve un goccio di indispensabile acqua, o perfino quando stoppa il fratello e confessa candidamente di non essere pronto per il brano successivo.
Con “Upside down” si conclude la prima parte di questo live infuocato, ma il meglio deve ancora venire e arriva appena i nostri eroi ricompaiono in scena, facendoci sobbalzare il cuore al primo colpo di batteria di “Just like honey“.
Piazza Castello si trasforma in un’unica voce e il sudore e le parole si mescolano: “I’ll be your plastic toy” è un mantra da ripetere a squarciagola.
E’ così che prende il via la seconda parte del live, interamente dedicata a “Psychocandy”, che viene risuonato per intero seguendo la scaletta originale: si passa da una “The living end” da brividi, per arrivare a una struggente e “malata” “Taste of Cindy“, per poi esplodere con brani come “Sowing Seeds” o “Something’s wrong”.
“Psychocandy”, e così il live, si chiude con “It’s so hard“; ebbene sì, è dura davvero andarsene da questa meraviglia, pensare che questo concerto debba finire. La verità è che tutti vorremmo che i The Jesus and Mary Chain ci tenessero compagnia per tutta la notte e forse oltre, prolungando il nostro stato di estasi con altre caramelle sonore assolutamente da assaporare.
Grazie fratelli Reid, ci avete regalato qualcosa impossibile da scordare:

“…the way I feel tonight
I could die and I wouldn’t mind…”

SETLIST THE JESUS AND MARY CHAIN – Ferrara – 19/07/2015

April Skies
Head On
Blues from a Gun
Some candy talking
Psycho candy
Up too high
Nine million rainy days
Reverence
Upside down

Just like honey
The Living End
Taste the Floor
The Hardest Walk
Cut Dead
In a Hole
Taste of Cindy
Never Understand
Inside Me
Sowing Seeds
My Little Underground
You Trip Me Up
Something’s Wrong
It’s So Hard

L’incontro con Passenger è avvenuto così, con lui che suonava a piedi scalzi in piazza della Sala, 24 ore prima di salire sul palco del Pistoia Blues, completamente in acustico, di fronte a un centinaio di persone adoranti, rapite dalla faccia di questo ragazzo inglese che, da semplice busker, è diventato uno dei fenomeni del cantautorato mondiale. Ci si trova di fronte un ragazzo semplice, che si diverte a suonare, che ritrova in una minuscola piazzetta la sua dimensione più vera, salvo che due giorni prima ha aperto a Ed Sheeran di fronte a 50.000 persone a Wembley. Non male direi…
La verve, la forza di Passenger, che ben si esprime nella cornice di Piazza della Sala, non è messa in crisi neppure dal gigantesco palco del Pistoia Blues 2015: lui tiene in pugno la folla, ci fa emozionare, ci fa saltare, è rapito dalle atmosfere di Pistoia e regala un set carichissimo, che inizia con “Fairytales & Firesides” e prosegue con chicche quali una splendida cover di “Sound of Silence” o una “Travelling alone” carica di significati, di cui Michael Rosenberg (questo il vero nome di Passenger) ci spiega la genesi, legata ad un signore australiano incontrato una volta ad un live in un pub; l’uomo aveva risparmiato una vita per poi girare il mondo, una volta in pensione, con la moglie, la quale purtroppo morì poco prima di partire. Per onorarla quale miglior modo che “viaggiare solo”?
Ovviamente non può mancare la hit “Let her go”, che, come dice Passenger, gli ha cambiato la vita (mentre “Let it go”, pezzo della Disney da Frozen, gliel’ha rovinata, vista la somiglianza di titolo col suo pezzo).
Da segnalare anche una trascinante versione di “27” e una meravigliosa “Heart’s on Fire” in duetto con Stu Larsen, cantautore australiano che ha aperto il live e si è dimostrato un musicista straordinario: si notava l’affinità con Passenger e durante il duetto si è visto che tra loro c’era vera armonia, amicizia e non si trattava di qualcosa di forzato, ma un’esperienza naturale da voler condividere sul palco col pubblico pistoiese.

Passenger domina la scena con la sua leggerezza, la sua simpatia: gli anni a suonare per strada lo hanno temprato e adesso anche le folle che lo acclamano nelle piazze non gli fanno paura, anzi sono il coronamento del suo sogno.
E a proposito di sogni ecco il bis con “Things that stop you dreaming” e “Holes”, degna chiusura di una serata da ricordare.

Recensione a cura di Kathi Fraccaro - Foto Mimmo Lamacchia

Fedez - Pop-Hoolista il Tour - Marostica 11 Luglio 2015 - Summer Festival 2015 -

Sabato 11 Luglio, la splendida Piazza Castello di Marostica, ha ospitato Fedez in concerto. La serata rientra nell’ampio cartellone eventi del Marostica Summer Festival 2015  organizzato da Due Punti Eventi in collaborazione con la Regione Veneto, la Città di Marostica e L’Associazione Pro Marostica.

Il rapper  approda con il suo “Pop- Hoolista Tour” che prende il nome dal suo quarto album nonché  disco di platino.  Il concerto inizia puntuale con l’entrata sul palco della band e della brava Vivian Grillo, che è stata concorrente ad X-Factor nel 2014 e che il cantante ha deciso di portare con se come corista nel suo tour.

Il pubblico la applaude e la incoraggia, anche lei era attesa dai fan, Vivian ringrazia dj set per l’accompagnamento e poi dedica a tutte le donne presenti il brano “Beauiful ladies”.

Ora è il momento di Fedez e sugli schermi appare la sua immagine che racconta cosa sia il populismo, parlando di personaggi politici,  di personaggi della tv e di situazioni gia’ conosciute al pubblico,  a volte grazie alle cronache di  un triste giornalismo.

L’artista ringrazia Francesco De Gregori per il contributo audio video dato durante il concerto, mentre la voce narrante fuori campo, di Francesco Pannofino, continua ad accompagnare le immagini che scorrono sui mega schermi.

Lo spettacolo di Fedez mette in primo piano la musica, ma riesce a dare tanto spazio anche a sipari ironici sulla politica e sulla società; Nelle sue frasi spesso scorre tanta verità, verità  che arriva ai suoi fan come una sorta di consapevolezza della loro vita. Questo è il grande successo dell’artista milanese, portare i suoi messaggi in musica, dando a tutti una canzone da ripetere a squarciagola e a volte  quasi in segno di protesta.

La scaletta scelta dal rapper italiano ha regalato al suo pubblico un live esaltante e ricco di spettacolo, con numerosi brani tratti del suo ultimo album e dai suoi precedenti lavori. Pop- Hoolista, Generazione Boh, Cardinal Chic, Polaroid, Voglio averti account, Amore Eternit, Alfonso Signorini, Magnifica, Vivere in campagna pubblicitaria, Ti porto con me, Cigno Nero, L’arte di accontentare e tante altre.

Con il brano “Voglio averti account” parla anche di una società che non lascia posto alle relazioni vere, a quelle che si tengono per mano, a quelle che si abbracciano. E’ una società che ci fa vivere relazioni digitali, relazioni  fatti di smile e di emotion.  Denuncia anche  l’ingiustizia di un reato mai veramente condannato ma nel tempo sminuito, quasi sparito,  come se fosse addirittura da rispettare, magari più di un amore e proprio da qui nasce il suo brano “L’amore è Eternit”.

Verso la fine del concerto,  arriva sul palco a duettare con lui,  Francesca Michielin con il brano “Magnifico” e un finale scenografico con una pioggia di coriandoli dorati e argentati che scende sul pubblico festante.

Il concerto continua con i fan che per tutto il tempo non hanno mai smesso di cantare e applaudire, e fra loro ci sono anche  Giacomo 9 anni,  Paolo 10 anni e Anna 14 anni.  Tutti  e tre stavano in piedi sulle sedie molto prima dell’inizio del concerto, scrutando un palco ancora vuoto, pronti a vedere il loro idolo . Per Anna, Fedez parla bene e dice cose giuste della politica. Fedez per loro è il modo di esprimere un pensiero e anche se sono giovani  e non hanno ancora smesso di essere chiamati bambini, riescono a capire il pensiero che trasmette l’artista.  Conoscono a memoria tutte le parole delle sue canzoni, ma per fortuna sono bambini non pesano quelle parole, ma vogliono solo cantare e ballare .

Questo è il vero senso del concerto, divertirsi , saltare, gridare, non è un comizio politico, non è un talk show  ed è proprio rappando che il pubblico riesce a staccare i pensieri e a lasciarsi andare al divertimento.

 

Recensione a cura di Kathi Fraccaro

Foto Mimmo Lamacchia

Il giovane cantautore irlandese esalta i tremila di Piazza Duomo, tutti in piedi per lui.

Per suonare blues su certi palchi ci vuole “personalità“, per dirlo gentilmente: uno di questi palchi, che da trentasei anni porta il meglio del blues in Italia, è quello del Pistoia Blues, dove sono passati miti del calibro di B.B. King o Stevie Ray Vaughan. Ecco, ieri sera Andrew Hozier Byrne, cantautore irlandese classe 1990 ha dimostrato tutta la sua personalità, regalando poco più di un’ora di show di un’intensità straordinaria, facendo rimanere a bocca aperta quanti lo conoscevano solo per il suo singolo “Take me to church”, che da gennaio lo ha portato in vetta alle classifiche di mezzo mondo.
La musica di Hozier è pregna di blues, di soul, ma non disdegna gli accenti pop e le venature più funky: il ritmo trascinante di “Angel of Small death and the codeine scene” invita subito tutti, seduti sulle loro comode sedie allestite in Piazza Duomo, ad alzarsi in piedi e una folla di giovani e giovanissimi si riversa sottopalco pronta a scatenarsi e ad intonare i versi di questo ragazzo giovane e bello che appare davvero stupito che tutti conoscano i suoi brani e si dice felicissimo di essere in Italia per la prima volta (“avete un cibo incredibile, starei sempre in tour in Italia”, se la cava con una battuta).
Il live prosegue con “From Eden” e “Jackie and Wilson” ma sono brani come “To be alone” e “In a week“, in duetto con la sua straordinaria violoncellista, che regalano davvero brividi ed emozioni.
Hozier ha una voce calda, accogliente, avvolgente, a dispetto dei suoi soli 25 anni ha una padronanza notevole del cantato e la sua umanità estrema fa il resto.
Quando attacca “Illinois blues”, cover di Skip James, i veri intenditori di Blues capiscono che questo ragazzo delle campagne irlandesi non è qui per caso, ha un vero amore per quella musica che arriva dalle sponde del Mississippi e non è uno da “una hit e via”.
Ha riportato il blues al Blues nell’edizione 2015…non male direi!
La chiusura con “Take me to church” ovviamente chiama al sing along ma è nel bis che Hozier stupisce, con la cover (“solo per divertimento”) funk di “Problem” di Ariana Grande e una “Cherry Wine” da groppo in gola.
Segnatevi questo nome: Andrew Hozier Byrne. Il ragazzo “ha il blues”. Garantito.

Hozier setlist at Pistoia Blues 2015 07/07/2015

Angel of Small Death and the Codeine Scene
From Eden
Jackie and Wilson
To Be Alone
Someone New
It Will Come Back
In a Week
Illinois Blues (Skip James cover)
Like Real People Do
Arsonist’s Lullabye
Sedated
Take Me to Church

Encore:
Cherry Wine
Problem (Ariana Grande cover)
Work Song

Nella bollente Summer Arena di Assago con organizzazzione perfetta di Live Nation, il sipario si apre su un grande personaggio della musica rock quel Noel Gallagher che insieme al fratello Liam costruì una delle Band Brit Rock che ebbero maggior influenza nelle due decadi passate.

Noel è riuscito a ri-costruirsi  una grande nuova carriera solista ripartendo anche dalla burrascosa fine degli Oasis e cercando un nuovo inizio, nella parte inesplorata della sua creatività musicale e del suo talento.

L’intelligenza di Noel nell’attorniarsi da grandi strumentisti tra i quali il vecchio tastierista degli Oasis vede sul palco di Assago una formazione allargata addirittura ad una sezione fiati di tre elementi oltre alla ritmica ed una grande chitarra solista.NG5

Il fantasma Oasis aleggia sul palco e Noel e soci non possono evitare di evocarlo almeno in tre occasioni con le indimenticabili Champagne Supernova e Dont look back in anger su tutte ma è ovviamente il repertorio dei 2 dischi di NGHFB che va ad occupare il 95% dell’ora e mezzo di ottimo di concerto.

Dall’ultimo disco Chasing Yesterday che ha poco più di tre mesi di vita, abbiamo ascoltato molti pezzi tra cui i nuovi singoli In the Heat of the momentThe Ballad of the Mighty I ma anche Lock all doors e Riverman .

Dal disco di esordio non poteva mancare il singolo che ha segnato l’inizio del progetto Noel Gallagher’s High Flying Birds quella stupenda If I Had a Gun…. che affonda le profonde  radici nella tradizione delle ballate beatlesiane  dove Noel è fulgidamente ispirato e che in AKA …. What a Life si sublima con la sua inconfondibile voce.

Il pubblico grida in coro Noel  e la risposta dalla band  è sempre impeccabile, stilisticamente perfetta, nulla è lasciato al caso neanche quando vengono calati gli assi firmati Oasis a far capire che nessuno potrà dimenticare facilmente la loro storia e che indissolubilmente Noel porterà con sé per sempre nella sua musica.

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Adam Duritz e compagni regalano le loro magiche atmosfere a una caldissima Piazza Duomo.

E’ proprio vero che certe volte il tempo pare fermarsi, anzi in qualche caso il tempo torna anche indietro: per esempio ieri sera Piazza Duomo a Pistoia è stata catapultata direttamente nel 1995. Il motivo? Beh, ma chiaramente la miscela rock-blues dei Counting Crows, vera e propria band icona degli anni ’90, che arrivava al Pistoia Blues per presentare il suo ultimo lavoro “Somewhere under Wonderland”, datato 2014, ma che, con alcuni grandi classici, ha riportato alla mente gli anni ’90, anni in cui di certo si stava più freschi e non si toccavano le temperature raggiunte ieri sera a Pistoia.
Anche Adam Duritz era accaldato sul palco, ma questo non gli ha impedito di regalare al pubblico pezzi come “Mr Jones” o “A long december”, vere e proprie pietre miliari di un genere che i Counting Crows hanno letteralmente riscoperto e riportato in auge.
Piazza Duomo, piena di trentenni e quarantenni che hanno i propri ricordi e magari i primi amori legati ai brani di Duritz e soci. Chi non si è fatto prendere dalle atmosfere di “Round Here” o ha ballato su “Hanginaround”?
Insomma, un vero e proprio tuffo nel passato, un passato dolce, romantico ma danzereccio allo stesso tempo: i Counting Crows sono ancora loro e Duritz non ha perso la sua verve e la sua poesia, con i suoi rasta che scandiscono il tempo di una serata afosa ma comunque magica.
Bentornati anni ’90. Ci eravate mancati.

Era da tempo che cercavo di assistere ad un loro live e l’occasione giunge nella serata del Festival Rugby and Sound  dove loro, i Monaci del Surf fanno da gustoso apripista ai The Fratellis , che abbiamo già recensito in un altro live report .

Come dire….. cogliere due piccioni con una fava !!!

Masked Band torinese composta da 4 elementi (2 chitarre, basso e batteria) nella quale stravaganza e classicismo si mixano in modo incredibile, i Monaci si esibiscono nel loro repertorio fatto di surf Rock, revival rock’n’roll, morriconiani  fino al midollo,  il tutto condito in salsa e spaghetti western.

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Le onde del Pacifico sono lontane, ma i Monaci del Surf sono qui, hanno energia da vendere , e voglia di far scatenare il pubblico al ritmo delle loro veloci chitarre.  Grandi classici rivisitati da Apache all’ Imperial March da Sweet Dreams al tema di Lo chiamavano Trinità , riff vertiginosi , cavalcate impetuose, polvere e sudore .

La musica italiana ha bisogno di qualche cosa di nuovo, che esca dalla solite strade asfaltate piene di automobili in colonna , per svoltare negli sterrati , entrare nelle buche , scoprendo quanto di bello rischiamo di perderci fuori dal percorso abituale . Andate e scopriteli, perché è molto probabile che li troverete ovunque in giro per l’Italia !

Que Viva la Fiesta , Que Viva Monaci del Surf !!!

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THEFRATELLIS1The Fratellis tornano dal vivo in Italia grazie all’organizzazione Rugby & Sound che con grande professionalità ospita da alcuni anni un festival estivo di grande interesse con musica , ristorazione ed eventi nel campo sportivo della storica squadra di Rugby.

La Band nella formazione 3 Fratelli  Jon, Mince e Barry + 1 (guest alle tastiere) sale puntuale sul palco al calar delle tenebre dopo la bella esibizione della band di supporto Monaci del Surf e per l’occasione la presentazione spetta al grande Dr. Feelgood di Virgin Radio.

The Fratellis scozzesi fino al midollo, balzano agli onori della cronaca circa un decennio fa e diventano una delle indie band rivelazione già con il primo disco Costello Music che contiene alcuni straordinari singoli che hanno infuocato sin da subito il concerto di ieri con il pubblico a canticchiare il ritornello di Chelsea Dagger o a saltellare nel prato sulle note di Henrietta o Flathead.

THE FRATELLIS2

La band dopo un secondo disco nel 2008 si prese un lungo periodo sabbatico di ben 5 anni per riapparire nel 2013 con il disco We  Need Medicine che li ha senza dubbio riportati al centro dell’attenzione proponendo un sound fresco , frenetico e melodico al tempo e  nel solco della tradizione rock che va dagli Stones ai Beatles.

Il singolo She is not gone yet but she’s leaving è spettacolare nella sua immediatezza con Jon che schitarra allegramente e ci mostra che tecnicamente non è secondo a nessuno mentre Mince e Barry pompano la base ritmica con perfetta sincronia. La classica ballad Seven Nights , Sevend Days è un esplosione di allegria e il pubblico dimostra di apprezzare la loro vitalità.

Le sorprese nella caliente serata di Luglio non finiscono e The Fratellis ci annunciano la prossima uscita (Agosto) del nuovo disco Eyes Wide, Tongue Tide e ci propongono un paio di brani nuovi tra i quali la trascinante Baby Dont you lie to me.

Le luci della ribalta si spengono dopo un’ora abbondante di live inclusi i classici encore e pregustiamo l’eventuale tour invernale a fare da rampa di lancio per l’atteso nuovo disco.  Qualcuno dice “in fondo siamo tutti un po’ Fratelli” nella musica, sia chi sta sotto e sia chi sta sopra il palco !

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La band londinese fa ballare ed emozionare una piazza Duomo stracolma.

Ora si può dire: il Pistoia Blues 2015 è partito col botto!
Davanti a una piazza Duomo stracolma, che ribolliva di voglia di ballare e cantare, Marcus Mumford e compagni hanno regalato 2 ore di live struggenti e incandescenti al tempo stesso, non facendo mancare nulla del loro repertorio e dimostrandosi una band di livello mondiale.
Il gruppo londinese, dopo l’apertura di Eaves (ragazzo da tenere d’occhio, con il suo dark folk contorto e accattivante), è salito sul palco alle 21,45 ed ha iniziato una cavalcata a perdifiato lunga due ore in cui, tra brani (ormai quasi dei loro classici) come “Awake my soul” e “Lover of the light” e nuovi pezzi come “Believe” e una struggente (ma per nulla piatta) “Only love” hanno fatto emozionare una platea che era lì per loro, arrivata da varie parti d’Italia per questa seconda e ultima data italiana di questo spezzone di live estivi.
Marcus non si è risparmiando, saltando, incitando, semplicemente divertendosi da una parte all’altra del palco, con tanto di lezioni di italiano improvvisate (e alla fine del live un paio di fortunati fan sono stati chiamati sul palco a fare da traduttori, un momento che ricorderanno per la vita).
L’Italia è davvero un Paese che hanno nel cuore e l’amore che loro hanno per le nostre piazze è ricambiato dalla gente, “forse il pubblico più caldo e passionale che abbiamo”, ci tiene a sottolineare Mumford.
E allora, in una serata così, in cui perfino la luna piena spunta da dietro il Duomo per godersi il concerto, rendendo ancora più incantevole lo scenario di Piazza Duomo, poteva forse mancale un momento acustico? Assolutamente no: da pelle d’oca il momento in cui i Mumford zittiscono dolcemente la piazza e, tutti intorno ad un solo microfono, regalano “Timshel” e “Cold Arms”.
Sono questi momenti che fanno capire quanto una band sia grande e i Mumford and Sons lo sono, sono palesemente i re mondiali del folk e, per il Pistoia Blues 2015, non ci poteva essere miglior esordio.

The Soft Moon ovvero il progetto musicale di Luis Vasquez è stato ieri protagonista di una bella serata “free entry” al Festival Carroponte di Sesto sempre pronto a dare spazio alle nuove proposte musicali anche al di fuori del mainstream commerciale

Soft Moon ha appena dato alle stampe il terzo album “Deeper” della sua giovane carriera iniziata nel 2009, palesando una maturazione artistica di grande rilievo e dimostrando sempre di più l’ originalità di un marchio di fabbrica ben distinto.

DEEPER0Dark wave, con chiari riferimenti al post punk anni 80 , ma anche noise rock con raffiche EBM tutto supportato da un vocal filtrato, fatto di sussurri, grida , incubi e fantasmi che Vasquez sa evocare in ogni track.

Americano ma con origini cubane Luis è supportato nel tour live da 2 compagni di ventura italiani (Basso e Batteria) che producono una base ritmica ipnotica e potente sulla performance multi strumentale di Vasquez.

La chitarra suonata nei toni altissimi in distorsione , il synth , e le percussioni che officiano il rito tribale di Soft Moon dimostrano che Luis Vasquez anche nel Live riesce a trascinare il pubblico nel profondo e oscuro viaggio della mente umana.

Molte le tracce tratte dal nuovo lavoro come Black , Desertion  e Feel ma anche alcuni dei suoi pezzi forti presi dai dischi ed EP precedenti. Tra tutte spiccano Die Life e Zeros dal disco omonimo mentre Circles e Parallel ci riportano a quello dell’ esordio.

The Soft Moon rievoca le atmosfere dark degli eighties sovraesponendole con magistrale audacia e questa operazione è assolutamente attuale, moderna fuori dagli schemi ma accattivante allo stesso tempo.

Il pubblico ascolta , ringrazia e si accalca al banchetto per accaparrarsi chi la copia in vinile di Deeper chi la tee shirt, chi un semplice CD tutti rigorosamente griffati The Soft Moon !

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Cody Chesnutt incanta la Sala Vanni di Firenze con uno show intimo e irripetibile.

Arrivare al cuore. Era questo l’obiettivo dichiarato di Cody Chesnutt quando è salito sul palco di una Sala Vanni stracolma, accompagnato unicamente da una chitarra e un pianoforte.
A posteriori si può dire che l’obiettivo è ampiamente raggiunto e si riesce anche a capire bene perchè mister Chesnutt sia stato definito “il trovatore del soul”: con pochi semplici accordi riesce veramente a rapire l’anima di chi lo ascolta, ad arrivare a vette di profondità incredibili, il tutto con una leggerezza e un sorriso contagiosi, realmente felice di stare suonando la sua musica su un palco, di fronte a persone entusiaste di ascoltarlo e a cui lui regala anche qualche inedito dal nuovo album di prossima pubblicazione.

Il rapporto tra Cody e il pubblico accorso in quell’incredibile scenario che è la Sala Vanni è straordinariamente empatico, una specie di funzione religiosa soul in cui tutti sono invitati a fare la loro parte, cantando (tanto che a un certo punto uno spettatore finisce a fare i cori sul palco) , battendo le mani, o semplicemente chiudendo gli occhi e lasciandosi avvolgere dalla chitarra di Chesnutt.

Un’ora e mezza di live di un’intensità pazzesca, con il bis partecipato da tutti in piedi sotto il palco, mentre Cody stringe mani, dispensa sorrisi e gioia per tutti.
Cody Chesnutt: un live che fa bene al cuore. E allo spirito.

La band canadese regala uno show straordinario ad una Bologna in estasi.

Sono le 22.15 quando Carla Bozulich, con la sua carica da poetessa del rock, lascia il palco dell’Estragon e fa spazio ai Godspeed You! Black Emperor; è sufficiente che Efrim Menuck e compagni salgano sul palco per innescare la magia: in un’atmosfera caldissima ed irreale il violino di Sophie Trudeau e la batteria di Aidan Girt ci guidano dentro le sonorità ipnotiche di “Asunder, Sweet and Other Distress”, ultimo lavoro del gruppo.

L’amalgama sul palco è letteralmente percepibile, non sembra neppure che i GY!BE stiano tenendo un concerto davanti a più di duemila persone estatiche, sembra che siano nella loro tranquilla ed isolata sala prove a suonare per loro stessi, con una qualità ed una precisione letteralmente incredibili: ogni suono è perfetto, niente accade per caso e anche il piccolo incidente con l’impianto luci (per qualche secondo salta la corrente, con conseguente salto dell’amplificazione, nel bel mezzo del live) finisce quasi per sembrare calcolato, un piacevole diversivo per mettersi alla prova, con i nostri che dimostrano di saper perfettamente riprendere un brano senza farsi scalfire da ciò che è accaduto ma suonando con la medesima intensità e fluidità.

Il live dei Godspeed è questo: fluido. Capita di guardare l’orologio e solo lì ti accorgi che dalle 22.15 si è già fatta mezzanotte e il live sta quasi per finire, perchè si è talmente assuefatti alla musica, talmente “dentro” le note di questi otto incredibili musicisti, che il tempo è una dimensione estremamente relativa e dilatata.

Non bastasse la musica, a coinvolgere ulteriormente lo spettatore ci sono le straordinarie proiezioni di Karl Lemieux, che con un favoloso proiettore a doppia bobina regala ai GY!BE uno sfondo animato e ancor più magico.

I Godspeed You! Black Emperor fanno chiudere gli occhi e sognare, muovere la testa a tempo su pezzi come “Mladic” e toccano le corde più intime in alcuni passaggi di “Lambs Breath”, fornendo una gamma di emozioni incredibile in due ore di live preziose, straordinarie, da incastonare nella memoria ed andare a ripescare nei momenti di stress come un’oasi di pace e serenità assoluta.