Recensioni concerti

I report dei più importanti concerti in Italia: band italiane e internazionali, rock, pop, elettronica, punk, alternative e molto altro altro ancora. Photogallery e recensioni, report e scalette del concerto, immagini, video e racconti di tutta la musica live in Italia.

“La cantante milanese conquista Carpi con un live con sonorità a tratti intime e sensuali, a tratti ritmate e rock, dei suoi più grandi successi. Un concerto che non basta mai“

Lunedì 4 luglio in Piazza Martiri a Carpi, protagonista della seconda serata del Carpi Summer Fest,  Malika Ayane,  una delle voci  più raffinate ed eleganti della musica italiana con il suo Naif  Ein Plein Tour 2016,

La cantante milanese conquista il grande pubblico nel 2008 con “Feeling Better”, che resta ai vertici dei brani più trasmessi dalle radio per oltre 4 mesi, diventando un vero e proprio tormentone. Il 2008 è anche l’anno del suo primo disco “Malika Ayane”  su etichetta Sugar di Caterina Caselli. La consacrazione è al Festival di Sanremo 2010 con “Ricomincio da qui che le è valso il Premio della critica.

Nel corso degli anni, la sua voce unica e straordinaria, la sua genuinità, la sua simpatia e sopratutto il suo innato talento, hanno portato  Malika,  a ritagliarsi uno spazio sempre più ampio nel panorama musicale italiano, diventando una delle artiste più amate e apprezzate.

La serata di Carpi organizzata da International Music and Arts in collaborazione con l’associazione culturale Quelli del ’29  comincia poco dopo le 21,30.  La cantante fa il suo ingresso sul palco accompagnata da una band composta da 10  straordinari musicisti: Stefano Brandoni (chitarre), Mariniello (basso), Carlo Gaudiello (pianoforte), Marco Leif Searcy (batteria), Giulia Monti (violoncello), Daniele Parziani (violino), Moreno Falciani, Andrea Andreoli e Giampaolo Mazzamuto (fiati) e Daniele Di Gregorio (percussioni) accolti con grande entusiasmo.

Malika  saluta il pubblico con la sua esplosiva simpatia e promette:  “Preparatevi a vivere una serata pazzesca, una serata Naif”.

Elegantissima, padrone del palcoscenico, in continua interazione con la band e in un dialogo costante col pubblico, Malika ha dato il via al live, infuocando letteralmente Piazza Martiri.  Una concerto vario che abbraccia sonorità rockeggianti e ritmi danzanti a ballade romantiche, intimistiche e sensuali.

Una scaletta di canzoni tratte dal suo ultimo album, come “Lentissimo”, “Ansia da felicità”, “Tempesta”, “Senza fare sul serio” e “Blu” nuovo e quinto singolo in rotazione radiofonica, un inno all’estate con i suoi ritmi caraibici, scritto con Pacifico,  e i successi della sua discografia, come “3 sono le cose”,  “Come foglie”, “E se poi”, “Sospesa”, “Feeling Better”e tante altre.  Brani  reinterpretati da Malika in modo elegante e raffinato e a tratti sensuale, grazie anche alla band che ha rivisitato le musiche con arrangiamenti originali per una versione coinvolgente e spettacolare.

Il pubblico, coinvolto simpaticamente dalla cantante, in un’atmosfera giocosa ha partecipato alla “Sanremoeide” pescando da un’ampolla fatta girare tra la gente, dei fogli di carta con su scritto i titoli dei brani presentati dall’artista nel corso delle sue partecipazioni a Sanremo.

Due ore di concerto, travolgenti e uniche, di passione e musica, grazie alla capacità di Malika, di coinvolgere e rapire il pubblico dalla magia della sua voce, trasmettendo emozioni che solo i grandi sanno fare.

A fine concerto, tutti in piedi,  applausi, ovazioni e standing ovation.

 

foto e report Mimmo Lamacchia

E’ partito con successo il Carpi Summer Fest 2016, la manifestazione musicale organizzata da International Music and Arts in collaborazione con l’associazione culturale Quelli del ’29.

Domenica 3 luglio in Piazza dei Martiri a Carpi, più di 1500 entusiasti spettatori, hanno accolto gli Stadio con il loro attesissimo Miss Nostalgia tour 2016.

Alle 21,30,  Gaetano Curreri (voce e tastiere), Adriano Molinari (batteria), Andrea Fornili (chitarre), Roberto Drovandi (basso), Fabrizio Foschini (tastiere),  Maurizio Piancastelli (fiati) e  Carlotta Cortesi al coro, fanno il loro ingresso sul palco.  Sulle note di “Acqua e Sapone” con l’intro inconfondibile e colonna sonora dell’omonimo film di Carlo Verdone ha inizio il concerto,  seguono “Copriti che fuori piove”, “Miss Nostalgia” e “La promessa”.

Gaetano Curreri, subito dopo,  saluta il pubblico presente, ricorda le vittime del Bangladesh e  invita tutti a non aver paura. “Non dobbiamo aver paura,  c’è gente che ha costruito le sue fortune sulla paura altrui, dobbiamo  reagire senza chiuderci la mente, il nemico non è l’odio ma la paura”.

Subito dopo, Gaetano Curreri  elegge a “Miss” la nostalgia, che  rispecchia perfettamente il suo stato d’animo.  Per il cantante “la nostalgia” è un sentimento dalle diverse sfaccettature, che ci accompagna spesso. E’ un qualcosa che ci riporta indietro per poi proiettarci nel futuro,  con occhi diversi, senza mai avere la tristezza della malinconia“Sapete di cosa son nostalgico in questo momento”, continua Gaetano, “di vedere un uomo e una donna, dove  la donna non ha paura di guardare l’uomo”. 

Si ritorna alla musica con la seconda trance di canzoni , il pubblico applaude e canta in coro con gli Stadio  da “Anna che non si volta” a “Sorprendimi”,  da “Fammi stare con te”, a “Domani”, da “Gioia infinita”“I nostri anni”, per arrivare “Rimini”.

Il cantante fa i complimenti ai cittadini di Carpi: “vedere la chiesa davanti a noi così restaurata ci riempie di gioia. Bravi, non vi siete abbattuti davanti al terremoto.  Questa terra, continua Curreri,  ha una grande caratteristica, quella di fare e non piangersi addosso. Noi che siamo di questa terra abbiamo i cosiddetti attributi.

Si riparte  con “Mi alzo sui pedali” che Gaetano dedica al giovane tifoso di calcio Ciro Esposito ucciso per una partita di calcio. Segue il brano “Ti sto ancora cercando” e “Tutti contro tutti” anticipato da una video dedica di Curreri  per Vasco, “devo a lui  la carica e il desiderio di vivere il palco” dice il cantante. “Con Rossi”, continua Gaetano, “condividiamo la passione per le donne. Ma che avete capito”, sorride rivolgendosi al pubblico, “ io e Vasco abbiamo scritto canzoni dedicate a donne meravigliose”.

Il live continua, la corista Carlotta Cortesi interpreta un medley  di “Dimmi che non vuoi morire”, “ Prima di partire per un lungo viaggio” e “Vuoto a Perdere”.

Arriva poi un momento un acustico misto alle classiche  ballade, con “Swach” brano scritto da Francesco Guccini, “Allo stadio”, “Ballando al buio”, “Lo zaino”, “Equilibrio instabile”, “Le mie poesie per te”, “Dentro le scarpe” e  “Il segreto”.

Carica ed energia, con il pubblico in piedi a cantare e ballare sulle note di  “Dammi 5 minuti”, “Disperato bisogno d’amore”, “Grande figlio di Puttana”, La faccia delle donne” con Vasco in un duetto virtuale proiettato sullo schermo a fondo palco, e “Stabiliamo un contatto”.

Gaetano Curreri scherza con il pubblico: “direte che ci siamo dimenticati di cantare la canzone con la quale abbiam vinto il festival di Sanremo? no adessso la cantiamo”  e  scatta l’ovazione generale.

“Un giorno mi dirai” , l’emozione è palpabile nella piazza, le note  accarezzano  la pelle, e le parole mettono i brividi,  un momento intenso e suggestivo che resterà a lungo impresso nella mente dei presenti.

Non è mancato il ricordo dell’amico fraterno Lucio Dalla,  “con lui ha avuto origine  tutto, dobbiamo a lui quello che oggi noi siamo, Lucio è qui e sarà sempre  qui con noi, finche gli Stadio ci saranno Lucio ci sarà sempre”.  Queste le parole commosse di Gaetano Curreri,  che continua subito dopo con un interpretazione straordinaria  de “La sera dei Miracoli” .

Il concerto si chiude con il brano “Chiedi chi erano i Beatles”  con Gaetano Curreri  che saluta tutti  “Non abbiate paura: i nostri nonni non l’hanno avuta. E hanno vinto”.

Più di due ore di concerto con  gli Stadio che hanno ripercorso  i loro 35 anni di carriera, tra i brani storici e le nuove  canzoni  dell’ultimo album “Miss Nostalgia”.

Una serata unica e indimenticabile dove ha vinto la musica trasmettendo ai presenti serenità e desiderio di vivere con amore e soprattutto senza paura.

 

Recensione e foto  Mimmo Lamacchia


 
3 luglio 2016. Lo Stadio San Siro di Milano si prepara ad accogliere i fan del Boss, in posizione sin dalle prime ore del mattino, naturalmente. L’atmosfera di festa è palpabile, è nell’aria. I fan di Bruce Springsteen vanno dagli zero a settant’anni. Ci sono mamme in attesa, bambini sulle spalle dei genitori, super fan con le magliette del tour e fasce con scritto “Born to love Bruce” legate intorno alla fronte, ma anche ragazzi con la maglietta dei Motörhead e l’aria da duro e signore sulla sessantina abbondante con la camicia buona e la borsetta a tracolla.

Per chi è già in attesa dalla mattina, davanti alle transenne del parterre, il concerto comincia con largo anticipo: alle 17.30, quando Bruce fa capolino sul palco per suonare Growin’ Up in acustico. Qualche minuto per pregustare il piacere che ci attende questa sera. Poi il Boss saluta con un “See you later” e se ne va.

 

 

Per provare di nuovo quell’emozione i suoi fan dovranno aspettare ancora qualche ora. Quando alle 20.15 comincia il concerto, quello vero, lo stadio si colora di azzurro e dei colori della bandiera italiana, con una coreografia studiata per dire a Bruce che “Dreams are alive tonite”. Springsteen si prende qualche secondo per contemplarla, poi attacca Land Of Hope And Dreams.

 

 
Il resto del concerto contempla tutti i must di un live del Boss, con lui che scende tra la gente, passa tra le transenne che dividono i diversi settori, stringe le mani dei suoi fan, prende cartelli con le richieste di canzoni e li mostra alla band per eseguirli.

“Can you feel the spirit?” chiede lui al suo pubblico subito prima di Spirit In The Night.

La scaletta scorre veloce e Bruce, come sempre, non si prende neanche un attimo di pausa passando da una cover di Lucille di Little Richard a You Can Look (But You Better Not Touch), arrivando ad una emozionante The River per continuare con Lucky Town (su richiesta del pubblico con il classico cartello) e arrivare al preludio del gran finale: I’m On Fire, Drive All Night, Because The Night (il più bel regalo di Bruce all’amica Patti Smith, alla quale Springsteen ha regalato il pezzo durante le registrazioni dei rispettivi album Darkness on the Edge of Town e Easter, nel 1978), The Rising e Badlands anticipano i super classici Born In The U.S.A., Born To Run, Ramrod e Dancing In The Dark.

 

 

Anche questa volta Bruce sceglie i fan che balleranno insieme a lui e alla band sul palco. Grande emozione. E una tra le prescelte riesce anche a mantenere il sangue freddo necessario per imbracciare una chitarra e suonare con il Boss.

Dopo Tenth Avenue Freeze-Out arriva il lunghissimo finale con Shout, cover degli Isley Brothers che fa ballare tutto lo stadio. La festa si prolunga, la canzone si ripete, Bruce e la E-Street Band non vogliono proprio andare. Poi la band scende dal palco, ma Springsteen regala ancora un’ultima emozione con Thunder Road, solo sul palco con la chitarra acustica.

Quando suona l’ultima nota, saluta e se ne va è ormai mezzanotte. Tre ore e quarantacinque minuti di concerto hanno regalato ai suoi fan una serata indimenticabile. Trentacinque brani in scaletta e un record battuto: quella di ieri sera, infatti, è stata la data del tour europeo in cui Bruce Springsteen e la E Street Band hanno suonato più brani tratti da “The River”, per l’esattezza 14 canzoni (il record precedente era di 13 brani suonati a San Sebastian e Oslo). E domani si replica. Martedì 5 luglio c’è la seconda data a San Siro, prima dell’arrivo al Circo Massimo di Roma, il prossimo 16 luglio.

Qui le foto ufficiali dell’evento.

Questa, invece, è la scaletta completa del concerto:

(Growin’ Up suonata alle 17.30)
Land Of Hope And Dreams
The Ties That Bind
Sherry Darling
Spirit In The Night
My Love Will Not Let You Down
Jackson Cage
Two Hearts
Independence Day
Hungry Heart
Out In The Street
Crush On You
Lucille
You Can Look (But You Better Not Touch)
Death To My Hometown
The River
Point Blank
Trapped (Jimmy Cliff cover)
The Promised Land
I’m A Rocker
Lucky Town
Working On The Highway
Darlington County
I’m On Fire
Drive All Night
Because The Night
The Rising
Badlands

Jungleland
Born In The U.S.A.
Born To Run
Ramrod
Dancing In The Dark
Tenth Avenue Freeze-Out
Shout (The Isley Brothers cover)

Thunder Road

Come ogni anno la bella cornice del cortile del Castello Estense ospita la rassegna del Ferrara Sotto Le Stelle, giunta ormai alla sua XXI edizione. Anche stavolta i nomi in cartellone sono tanti e tutti interessanti (passate le serate con Caribou e Glen Hansard, ancora da vedere Kurt Vile e Wilco, Last Shadow Puppets e Mogwai). Tra il palco sul quale gli artisti di stasera stanno per esibirsi e le transenne che limitano lo spazio dei fotografi e il confine per il pubblico, la distanza è notevole. Potrebbe sembrare un dettaglio inutile ma di fatto non lo è. Troppa distanza, fisica e non. Se n’è accorto Cosmo (Marco Jacopo Bianchi, già membro dei Drink To Me) che, arrivato sul palco per la sua Ultima festa, si è dovuto accontentare di un party a metà. I brani dell’ultimo lavoro hanno scaldato un bel gruppo di affezionati, troppo pochi per garantire l’atmosfera carica e scintillante che i suoi set di solito sanno regalare. Cosmo ci mette entusiasmo e bravura ma l’impressione è che al pubblico interessi più l’attesa dello show principale in sé rispetto a quello che sta succedendo sul palco. Peccato, davvero, perché è evidente in questo disco, come già lo era in Disordine (2013) che abbia sempre più cose da dire (o da fare se si preferisce) e nonostante scherzi sul fatto che in fondo si limita a schiacciare dei pulsanti, rimane una delle poche figure realmente interessanti in circolazione. Si chiude con la title track L’ultima festa, tra salti e battiti di mani, schiacciato il bottone, tutto si spegne e si è pronti per andare oltre. Inutile mentire, la gente che affolla il cortile è qui per un solo motivo: Niccolò Contessa.
E allora eccolo, puntualissimo, accompagnato dagli altri membri della band (Valerio Bulla al basso, Simone Ciarocchi alla batteria, Andrea Suriani alle tastiere) salire sul palco. Questo nostro grande amore deve ancora iniziare ma il karaoke è già partito e, sull’onda di un entusiasmo che pare incontenibile continua in un crescendo inarrestabile (anche perché la scaletta regala subito l’hype di Wes Anderson). Inaspettato, arriva l’intoppo, la tastiera non funziona, il navigato Contessa non si perde d’animo e ripiega su Hipsteria e Le coppie facendo tutti, se possibile, anche più contenti. Intoppo superato, la parte intima può arrivare: infondo l’anima di Aurora è quella e Niccolò pare sentirla particolarmente sua. Il pubblico si esalta e urla anche su pezzi come Una cosa stupida e Il posto più freddo, dimostrando di non essere completamente maturo né troppo razionale, e ci mancherebbe. In fondo quello che I Cani hanno saputo fare con i loro tre dischi è questo: coinvolgere, includere includendosi, osservare – descrivere -descriversi, ed è per questo che contenersi quando li si ha davanti risulta obbiettivamente difficile. Nel finale della bellissima Calabi-Yau la voce di Contessa si graffia leggermente ed è più che mai intensa, forse anche per via dell’introduzione al brano in cui invita tutti a partecipare all’Ancora Festival che si terrà domenica 3 luglio a Bologna, in memoria di Enrico Fontanelli, Offlaga Disco Pax e produttore del secondo lavoro della band, Glamour, scomparso nel 2014.
E proprio da Glamour arriva il brano sempre atteso, la canzone d’amore più bella e meno scontata che l’indie italiano intero ci abbia regalato finora: Vera Nabokov e qui si che il cortile estense può esplodere davvero.
Il concerto è ben lontano dalla fine e proprio da adesso in poi, l’intelligenza musicale di Contessa si esprime al meglio. Post Punk, FBYC, Non finirà: un’infilata di brani scelti con criterio e soprattutto eseguiti in modo da sembrare quasi un unico lunghissimo episodio, un monologo elettronico che è l’emblema di ciò che questa band-non-band (definizione che oramai non calza proprio più ) è in questo momento. Ed è con Finirà che tutto questo si fa tangibile: voce e tastiera, occhi chiusi, mani nelle mani ogni tanto, sullo schermo un buco nero che tutto inghiotte: il nuovo Contessa ha scelto di confrontarsi con il mistero di ciò che ci circonda per rubare quelle atmosfere spaziali che tradotte in suono, diventano la musica che gli riescono meglio.
Prima di iniziare Perdona e dimentica (brano che non si sentiva da un po’) si butta in un “fa stu tu pa come tutte le altre” ed è vero. Lui (come noi) lo sa e lo ammette a riprova del fatto che il suo progetto è sempre stato preciso e lucidissimo, nemmeno per un istante affidato al caso.
Si può concludere con il saltellare collettivo di Velleità? Volendo si potrebbe ma i duri e puri si ribellano: i concerti de I Cani vanno chiusi con Lexotan e allora che Lexotan sia. Adesso sì che sì può finire. Resta il sospetto che l’affetto oramai sia diventato davvero troppo e a tratti difficile da gestire. Contessa è un essere spietatamente analitico e di sicuro lo sa. Probabilmente avrebbe preferito avere qualche momento di respiro, in cui potersi esibire davvero magari senza essere sopraffatto dallo spirito collettivo che lui stesso ha contribuito a creare, ma tant’è. I live della band rimangono sempre momenti di autentica e preziosa partecipazione e a questi livelli, non se ne vedeva da un po’.

SETLIST COSMO:

Cazzate

Le voci

Impossibile

Dicembre

L’altro mondo

Un lunedì di festa

SETLIST I CANI:

Questo nostro grande amore

Protobodhisattva

Wes Anderson

Hipsteria

Le coppie

Non c’è niente di twee

Una cosa stupida

Calabi-Yau

Aurora

Il posto più freddo

Vera Nabokov

Post Punk

FBYC (Sfortuna)

Non finirà

Finirà

Sparire

Corso Trieste

Perdona e dimentica

Velleità

Lexotan

 

 

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Il cantautore irlandese regala un live magico nella sua seconda data italiana

Immaginate un castello quattrocentesco, immaginate di trovarvi nella piccola corte interna e che uno dei cantautori più ispirati degli ultimi anni stia suonando lì, a pochi metri da voi, con la sua band. Fatto? Bene, questo è esattamente lo scenario in cui si è svolto il concerto di Glen Hansard a Ferrara, nel Cortile del Castello estense: la magia del luogo unita a quella indiscutibile della musica di Hansard hanno creato un mix straordinario, qualcosa che spesso succede ai concerti del cantautore irlandese; si crea una strepitosa empatia tra lui e il pubblico e ciò che ne scaturisce va al di là dei singoli brani, della scaletta o delle note.

E’ un qualcosa di incredibilmente umano, una gioia quasi palpabile, uno sfogo collettivo: quando Glen appare sul palco, al tramonto, e intona, senza microfono, “Grace beneath the pines” si sa già di stare assistendo a qualcosa di intenso, da brividi, che può solo essere arricchito da una band quanto mai affiatata, che già da “Winning streak” fa vedere di che pasta.

La serata scorre via e Hansard conferma il suo rapporto speciale, unico, con l’Italia, dove è amatissimo: sono venuti a sentirlo da Lucca alcuni suoi amici che hanno un negozio di dischi e per cui, due estati fa, fece un meraviglioso secret concert (poi ripetuto anche in un’altra occasione) e lui non può non dedicare loro un pezzo…. e poi c’è la piccola Marta, che sta riposando nel suo passeggino, e Glen le dedica “Falling slowly” decidendo di suonarla non amplificato per non disturbarle il sonno e coinvolgendo tutto il pubblico in un canto sommesso e dolcissimo, una ninna nanna personalizzata.

Glen Hansard è questo, è un uomo semplice e ispirato capace di regalare meraviglie sotto forma di musica, meraviglie come “McCormack’s wall”, “che ho scritto da ubriaco, ma non di un’ubriachezza allegra, più come quando è il terzo giorno consecutivo che sei ubriaco e ti senti triste e solo, parla dell’amicizia tra uomo e donna e sappiamo tutti che un uomo e una donna che bevono insieme poi commettono un errore, non tutti voglio dire, qui ci sono sicuramente uomini che riescono ad avere splendide amicizie con le donne senza cercare altro, ma parlo per me” dice ridendo.

Glen ci delizia non solo con suoi brani ma anche improvvisando, ad esempio “Respect” di Aretha fa la sua comparsa alla fine di “Love don’t leave me waiting” e poi arriva anche una inaspettata e quanto mai rock “Where is my mind?”, presa in prestito dai Pixies e un accenno di “Hallelujah” di Leonard Cohen… cosa chiedere di più? Ah sì, la springsteeniana “Drive all night”, su cui non può mancare la partecipazione alle percussioni di Caterino Riccardi, ormai ospite fisso, si può dire, dei live italiani di Hansard (e reso celebre proprio da Springsteen per essere stato fatto salire sul palco del suo live padovano nel 2013).

Insomma ce n’è per tutti i gusti e la cosa unica è percepire l’intensità emotiva di tutto questo: un’intensità che non cala mai, qualcosa che ti svuota, ti affatica e allo stesso tempo ti avvolge senza che tu abbia il desiderio che debba smettere mai.

Per vivere bene, bene davvero, avremmo bisogno di un live di Glen Hansard ogni giorno.

Glen Hansard Setlist @ Ferrara Sotto le Stelle 29-06-2016

Grace beneath the pine

Fitzcarraldo

Winning streak

Just to be the one

Little ruin

Minds made up

Bird of sorrow

In these arms

Astral weeks

Philander

Love don’t leave me waiting

Way back when

Maybe not tonight?

McCormack’s wall

Lowly deserter

Revelate

Wedding ring

This gift

Say it now

Stay the road

Falling slowly

Ramble

Dont do it/ Drive all night

Mercy

29 anni dopo il live allo stadio Artemio Franchi i Duran Duran fanno ballare ancora una volta Firenze

Sono passati 29 anni da quando Simon Le Bon e compagni si esibirono a Firenze, in un tour leggendario, facendo ballare tutto lo stadio Artemio Franchi: molti di quelli che in quel giugno erano lì, c’erano anche ieri sera, pronti a vedere se le sensazioni sarebbero state le stesse o se, come pareva logico, il tempo passa per tutti, comprese le icone pop.

La band di Birmingham, però, deve aver stipulato una specie di patto col diavolo e ci si rende subito conto che, quando attacca “Paper Gods”, saremo di fronte a uno di quegli show da ricordare, una miriade di suoni, colori, semplicemente una festa di cui Le Bon è il grande cerimoniere.

Inserire nei primi tre pezzi due delle hit più attese, “Wild boys” e “Hungry like the wolf” è un po’ un colpo basso, ma questa setlist è un po’ il greatest hits dei Duran e dunque ben vengano subito i colpi da novanta.

Un allestimento di palco straordinario, con un maxi schermo sullo sfondo che proietta filmati e video collegati a ciascuna canzone, un Simon Le Bon in forma “più di trenta anni fa”, almeno vocalmente, come confessa sottovoce qualcuno che c’era.

Insomma gli ingredienti per un live da ricordare ci sono tutti e, quando su “Pressure off” parte dal palco una pioggia di coriandoli rosa, che prosegue sulla successiva “Planet Earth”, inframezzata da uno spezzone di “Space Oddity” in omaggio a David Bowie, non si può che rimanere a bocca aperta, conquistati da uno show di tale mastodontica portata, pensato in ogni dettaglio per stupire e non lasciare indifferenti, come non lasciano indifferenti le hit che la band infila una dietro l’altra, da “Notorious” a “Come undone”, fino a “Ordinary world” e alla più recente “Reach up for the Sunrise”, non si smette mai di ballare, di alzare le mani al cielo, di sorridere: c’è chi chiama a casa per far sentire a qualcuno che non è potuto venire una hit della sua adolescenza, chi si fa venire in mente di qualche vecchia conquista fatta sulle stesse note…. insomma ognuno ha un ricordo personale legato alla band o a una canzone e, sul bis di “Save a prayer”, si raggiunge l’apice di una serata magica, con migliaia di cellulari che illuminano il cielo su richiesta dello stesso Simon Le Bon.

Chiusura con “Rio” dopo un’ora e mezza di grande musica, di energia purissima: uno di quegli eventi che resteranno negli annali dell’estate fiorentina, capace di far ballare perfino qualche fan “infiltrato” degli Spandau Ballet…che magari, dopo ieri, si sarà ricreduto.

DURAN DURAN SETLIST@VISARNO ARENA 10/06/16

Paper Gods

The Wild Boys

Hungry like the wolf

A view to a kill

Come undone

Last day on Earth

What are the chances?

Notorious

Pressure off

Planet Earth (with Space Oddity added on)

Ordinary World

I don’t want your love

(Reach up for the) Sunrise (with New moon on monday added on)

White lines (Don’t don’t do it)

The reflex

Girls on film

 

Save a Prayer

Rio

Roby Facchinetti, Riccardo Fogli, Dodi Battaglia

Un debutto speciale quello che è andato in scena ieri sera allo Stadio di San Siro di Milano, da dove ha preso il via la tournée celebrativa dei cinquant’anni di carriera dei Pooh: con una scaletta di esattamente cinquanta canzoni, i cinque, nella nuova formazione, hanno fatto rivivere alle oltre cinquantamila persone presenti la loro lunga e prestigiosa storia.

Un palco degno di un concerto di San Siro ha fatto da cornice a tutti i brani e ha permesso ai Pooh di riportare in scena alcuni degli effetti speciali di cui negli anni sono stati spesso pionieri: fumi, laser, fiamme e una pioggia di coriandoli si sono alternati ad accompagnare alcuni momenti particolari del concerto, e sottolineandone l’energia e la forza emotiva.

Canzone dopo canzone, Roby Facchinetti, Red Canzian, Dodi Battaglia, Stefano D’orazio e Riccardo Fogli,  si sono alternati sul palco esibendosi sia in brani storici conosciuti a tutti sia in altre piccole chicche che hanno sicuramente fatto felici coloro che da molto tempo aspettavano di sentire live brani come ad esempio Se sai se puoi se vuoi. 

Riccardo Fogli, il grande atteso della serata, aveva dichiarato in conferenza stampa poco prima del concerto che avrebbe contribuito a 3/4 della scaletta, esibendosi anche in brani in cui originariamente non era presente e così è stato: molte canzoni a cui i fans erano abituati hanno assunto un volto nuovo grazie ai suoi interventi e alla sua voce che mancava al gruppo dal 1973, anche se osservando l’intesa con gli altri quattro sul palco quasi non si direbbe.

Un tributo speciale è stato fatto a Valerio Negrini, paroliere del gruppo scomparso prematuramente nel gennaio 2013: durante il brano Domani, la sua foto è stata proiettata sui maxi schermi scatenando nello stadio una forte emozione, che ha spinto i presenti ad un lunghissimo applauso a colui che ha dato vita alle più belle canzoni del gruppo.

Il pubblico incontenibile ha assiepato il sottopalco verso la fine del concerto, regalando una infinita emozione agli stessi Pooh che hanno dichiarato che non dimenticheranno mai l’immagine meravigliosa che gli si è stampata negli occhi durante la serata milanese. A conclusione del concerto i cinque si sono esibiti per la prima volta sulle note di Ancora Una Canzone, il nuovo singolo in rotazione proprio da ieri 10 giugno.

Questa la scaletta con i cinquanta brani eseguiti dai Pooh:

Intro
1. Giorni infiniti (da “Giorni Infiniti” – 1986)
2. Rotolando respirando (da “Rotolando Respirando” – 1977)
3. Dammi solo un minuto (da “Rotolando Respirando” – 1977)
4. Banda nel vento (da “Buona Fortuna” – 1981)
5. Vieni fuori [Keep On Running] (da “Per quelli come noi” – 1966)
6. In silenzio (dal singolo “In silenzio/Piccola Katy” – 1968)
7. Piccola Katy (dal singolo ” In silenzio/Piccola Katy” – 1968)
8. Nascerò con te (da “Alessandra” – 1972)
9. Io e te per altri giorni (da “Parsifal” – 1973)
10. Se c’è un posto nel tuo cuore (da “Asia non Asia” – 1985)
11. Amici per sempre (da “Amici per sempre” – 1996)
12. L’altra donna (da “Uomini Soli” – 1990)
13. Stai con me (da “Cento di queste vite” – 2000)
14. Se sai se puoi se vuoi (dal singolo “Se sai se puoi se vuoi/Inutili memorie” – 1974)
15. La gabbia [strumentale] (dal singolo “Risveglio/La gabbia” – 1977)
16. L’aquila e il falco (da “Dove comincia il sole” – 2010)
17. Il ragazzo del cielo (Lindbergh) [parte strumentale] (da “Boomerang” – 1978)
18. Risveglio [strumentale] (dal singolo “Risveglio/La gabbia” – 1977)
19. L’ultima notte di caccia (da “Viva” – 1979)
20. Viva [strumentale] (da “Viva” – 1979)
21. Pierre (da “Poohlover” – 1976)
22. In diretta nel vento (da “Rotolando Respirando” – 1977)
23. Stare senza di te (da “Il cielo è blu sopra le nuvole” – 1992)
24. 50 primavere (da “Il cielo è blu sopra le nuvole” – 1992)
25. Alessandra (da “Alessandra” – 1972)
26. Uomini soli (da “Uomini Soli” – 1990)
27. Quando una lei va via (da “Alessandra” – 1972)
28. Notte a sorpresa (da “Viva” – 1979)
29. Nel buio (da “Per quelli come noi” – 1966)
30. Domani (da “Ascolta” – 2004)
31. Parsifal (da “Parsifal” – 1973)
32. Per te qualcosa ancora (dal singolo “Per te qualcosa ancora/E vorrei” – 1974)
33. Dove sto domani (da “Buona fortuna” – 1981)
34. Cercando di te (da “Amici per sempre” – 1996)
35. La ragazza con gli occhi di sole (da “Oasi” – 1988)
36. Ci penserò domani (da “Boomerang” – 1978)
37. Pronto, buongiorno è la sveglia… (da “Boomerang” – 1978)
38. La donna del mio amico (da “Amici per sempre” – 1996)
39. Canterò per te (da “…Stop” – 1980)
40. La mia donna (da “Aloha” – 1984)
41. Dimmi di sì (da “Un posto felice” – 1999)
42. Noi due nel mondo e nell’anima (da “Alessandra” – 1972)
43. Il cielo è blu sopra le nuvole (da “Il cielo è blu sopra le nuvole” – 1992)
44. Tanta voglia di lei (da “Opera prima” – 1971)
45. Io sono vivo (da “Viva” – 1979)
46. Non siamo in pericolo (dal singolo “Non siamo in pericolo/Anni senza fiato”– 1982)
47. Chi fermerà la musica (da “Buona fortuna” – 1981)
48. Pensiero (da “Opera prima” – 1971)
49. Ancora una canzone (singolo inedito – 2016)
50. Finale (ad libitum)

Le foto della serata sono di Silvia Colombo.

 

Già all’ingresso del Serraglio, il colpo d’occhio è notevole, c’è tanta, tantissima gente. Avvicinando la lente d’ingrandimento, si vede un po’ di tutto, il pubblico che ti aspetti e quello che ti sorprende. Ci sono i ventenni dark dalla testa ai piedi con la loro t-shirt di Unknown Pleasures comprata in qualche negozietto di Londra o Berlino, ci sono trentenni un po’ più convenzionali, anche loro con la stessa maglietta presa però da H&M e parecchi cinquantenni in giacca e cravatta che sembrano arrivati direttamente da una giornata d’ufficio durata più del previsto. È bello pensare che nel concerto che sta per iniziare ognuno potrà trovare proprio quello che è venuto con l’idea di portarsi a casa.
Peter Hook sale sul palco puntualissimo, alle 21:20 per la prima parte della serata, quella che prevede una manciata di brani dei New Order. Set breve ma intenso finalizzato al riscaldamento preliminare degli animi, che vede il primo apice già dopo una ventina di minuti, con l’arrivo di Ceremony, che sembra essere il primo vero momento di emozione pura per la sala (che intanto non smette di riempirsi) e per lui stesso in primis.
Tutti nel cortile esterno per una breve pausa sigaretta e i primi scambi di opinioni e poi di nuovo dentro perché la vera festa sta per iniziare: A Joy Division Celebration. Qualcuno bisbiglia qualcosa, pare che Hook abbia tirato una riga con il pennarello sul primo brano in scaletta (Atmosphere), ma in fondo il padrone della festa è lui e con la musica che gli appartiene può fare come gli pare. La tentazione di chiamare i brani preferiti come con un juke box dal vivo è forte, soprattutto per la parte più giovane del pubblico, e del tutto comprensibile. Ma Peter Hook & The Light è un’altra cosa, ha un carattere ben definito: quello di Hook stesso che, tra una posa da bullo e l’altra, suona e canta (con voce non potentissima, va detto) i brani della storia musicale di cui è stato parte, senza cadere nel sentimentalismo e senza perdersi in chiacchiere. Il live procede, pulito, forse anche troppo un po’ uguale a se stesso, ma il pubblico pare apprezzare. Isolation, Colony, Heart and Soul, Twenty Four hours e Decades, e la bellezza senza tempo di Closer vola via in un soffio. C’è spazio anche per un piccolo bisticcio con un ragazzo del pubblico che, a quanto pare, parla un po’ troppo, ma c’è sempre qualcuno a cui sfugge la sacralità intrinseca che ogni celebrazione porta con sé.
Altra pausa veloce, secondo scambio di opinioni, tra qualche superlativo e qualche sbuffo, e si riparte con Unknown Pleasures. Se tutte quelle magliette, mosse dal vibrare delle corde di basso, avessero potuto prendere vita, l’avrebbero fatto, forse con Disorder, sicuramente con Shadowplay e She’s Lost Control causando qualche piccola scossa, mettendo a rischio la stabilità dell’edificio.
Forse se in sala non ci fosse stato l’equivalente di 130 gradi fahrenheit (che gli hanno causato un piccolo momento di annebbiamento poi subito rientrato) Peter Hook e la sua band avrebbero continuato a suonare per altre due ore e mezza. O forse no, in fondo dopo una Love Will Tear Us Apart riportata in vita e la sua maglietta zuppa di sudore concessa in regalo, cosa si sarebbe potuto chiedere d’altro?
Pragmatico, professionale, appassionato (a suo modo) Peter Hook ha indossato i panni da maestro di cerimonia com’era giusto che fosse. Inutile dire che l’altro nome (si, quel nome che inizia con la I e finisce con an) è volato nell’aria più volte, ma ognuna delle persone che l’ha invocato l’ha fatto conscia del fatto che forse, al sogno irrealizzabile, è meglio preferire la realtà così com’è.

SETLIST:

  1. In a Lonely Place
  2. ICB
  3. Lonesome Tonight
  4. The Him
  5. Way of Life
  6. Sunrise
  7. Ceremony
  8. Digital
  9. Atrocity Exhibition
  10. Isolation
  11. Passover
  12. Colony
  13. A Means to An End
  14. Heart & Soul
  15. Twenty Four Hours
  16. The Eternal
  17. Decades
  18. Disorder
  19. Day of The Lords
  20. Candidate
  21. Insigth
  22. New Dawn Fades
  23. She’s Lost Control
  24. Shadowplay
  25. Wilderness
  26. Interzone
  27. I Remember Nothing
  28. Dead Souls
  29. Transmission
  30. Love Will Tear us Apart

Report Laura Antonioli, Foto Francesca Di Vaio

E così abbiamo vissuto un’altra grande serata Darkwave nel tempio alternative del Black Hole grazie alla ottima organizzazione dell’evento da parte del Black Circus e alla straordinaria performance di The Soft Moon insieme ad un interessante opening in chiave Elettronica di Orax.

Sin dall’inizio della sua giovane carriera The Soft Moon ovvero il polistrumentista e compositore Luis Vasquez si è fatto notare nella nuova ondata Dark americana per l’originalità della sua proposta musicale che sa comiugare abilmente ambientazioni dark anni 80 con nuove sonorità elettroniche ed industrial.

Luis Vasquez arrivato al terzo disco in studio oltre ad una manciata di EP e Remix ha fatto un percorso musicale molto interessante dove il Vocal quasi inesistente ed onirico dei primi due dischi si è materializzato in modo più incisivo nel terzo disco Deeper uscito nel 2015 e dove le sonorità più minimal degli esordi sono passate attraverso un processo di industrializzazione elettronico decisamente interessante.

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E così Luis Vasquez accompagnato da una base ritmica costituita da basso e batteria, si cimenta nella sua creazione sonora fatta di incubi electro che in un’ora e poco più, intensa e magnetica, ha trascinato tutti quanti nel gorgo magnetico e profondo della musica. E proprio dal nuovo Disco “Deeper”, dal quale è stato tratto anche un fantastico disco di Remix con nomi del calibro di Trentemoller e Dave Clark, che la scaletta del concerto va ad attingere a piene mani cominciando dalla cadenzata Black o dalla inpnotica Wrong, passando da uno dei singoli Far !

The Soft Moon è una creatura musicale speciale perchè anche in concerto sa restituire potenza e adrenalina grazie ad un Vasquez in grande forma che al centro dello stage si muove come un serpente alternando i riff ossessivi della sua chitarra elettrica alla manipolazione dei suoni sui synth, fino alla performance percussiva straordinariamente tribale che forse richiama le radici latine dello stesso.

Feel e Desertion sono magiche con la voce filtrata in un sussurro etereo e poi ancora ripescate dal primo disco due  fantastiche hit come Breathe the Fire e  Circles .  Le martellanti Zeros e Insides  preludono al gran finale di Die Life uno dei tre encore eseguiti dalla band in conclusione del concerto.

The Soft Moon dimostra ancora una volta di essere il degno successore e paladino di tutta una generazione di creature sonore Dark che trovarono la loro identificazione nel lato più oscuro ma altrettanto affascinante del music business …..

fERDIDAS

CONCERTIONLINE.COM

In una nuvola di fumo blu a tratti fluorescente, i Marta Sui Tubi, tornati definitivamente alla formazione originaria in trio (senza il violoncello di Mattia Boschi e il piano di Paolo Pischedda) fanno il loro ingresso sul palco del Serraglio. Il loro ultimo lavoro LoStileOstile, sesto album in studio, auto prodotto e finanziato tramite il crowdfunding con musicraiser è uscito da meno di un mese ma il pubblico pare averlo già immagazzinato come si deve e canta convinto.
« Abbiamo dei pezzi nuovi da farvi ascoltare »: Qualche kilo da buttare giù, Amico pazzo, Il primo volo, Da dannato, ed è già più che mai chiaro che qualcosa è cambiato. Il percorso portato avanti negli ultimi anni ha fatto guadagnare alla band un livello di maturità convinta che si esprime più che mai nel nuovo modo di stare sul palco: l’approccio live di Gulino e soci è più bilanciato e la potenza che da sempre li contraddistingue, è ora perfettamente equilibrata da una delicatezza notevole.
Anche l’interazione con il pubblico è più minimale: Giovanni si dice felice di suonare in quello che per loro è un piccolo tempio poi chiede la mano alzata di tutti i “terroni” presenti in sala che ovviamente rispondono numerosi e orgogliosi.
All’energica + D1H segue la malinconica Cenere, uno dei vecchi brani più amati, cantata in coro dal pubblico ad occhi chiusi. Un pizzico di te e Un amore Bonsai, e la riflessione sul sentimento amoroso continua, parte lenta e poi esplode, grazie alla chitarra del sempre impeccabile Carmelo Pipitone che poi diventa seconda voce per « uso un mezzo morbido e profumato per uno scopo fisiologico » (La calligrafia di Pietro), più che una canzone, un momento di respiro a pieni polmoni, un po’ insensato, un po’ incazzato.
Tocca a Cromatica, brano tratto da Carne con gli occhi, prezioso featuring con Lucio Dalla registrato poco prima della sua scomparsa, e anche le luci in sala si alternano, quasi a seguire la storia d’amore colorata raccontata dal testo.
La temperatura è altissima, le gocce di sudore sulla fronte non si possono contare, ma si continua eccome, passando dalla sanremese Dispari alla rabbiosa e delirante Rock + Roipnoll.
Il momento più intenso rimane senza dubbio quello che gli affezionati della band, frequentatori assidui dei loro live, ritrovano più o meno sempre uguale: Post. Il crescendo misurato e teso che porta all’esplosione del “io non ho sentimenti, solo sensazioni” che si ripete ossessivo e uguale a se stesso quasi a ipnotizzare. La frase compare anche sulle magliette vendute al banchetto del merchandising, ed è davvero quasi un motto, allo stesso tempo mea culpa e rivendicazione orgogliosa.
Si prosegue con l’ultima manciata di canzoni: bicchieri alzati e salti a piedi uniti per Divino dato che all’alcol non si resiste, mani in aria su Camerieri. Dopo una breve uscita di scena, il concerto riprende e si chiude con Coincidenze: il respiro è affannoso ma Milano, ormai città acquisita e casa, va ringraziata. Poi cappello, giacca in spalla e via.
I Marta sui Tubi, oggi più che mai, sono una band consapevole. Si potrebbe pensare che abbiano perso qualcosa per strada ma in realtà, prestando attenzione, si capisce bene che quel qualcosa l’hanno guadagnato in lucidità e sicurezza, e che nell’evoluzione hanno saputo mantenersi sempre incredibilmente fedeli a se stessi

SETLIST:
1. Qualche kilo da buttare giù
2. Amico pazzo
3. Il primo volo
4. Spina lenta
5. Da Dannato
6. +D1H (Più di un’ora)
7. Cenere
8. Un pizzico di te
9. Amore Bonsai
10. La calligrafia di Pietro
11. Cromatica
12. Dispari
13. Il delta del poi
14.  Rock + Roipnoll
15. Post
16. Divino
17. Camerieri
18. Vorrei
19. Niente in cambio
20. Dio come sta?
21. La spesa
22. Coincidenze

Report Laura Antonioli, Foto Francesca Di Vaio

Quella andata in scena ieri sera all’Unipol Arena di Bologna è, senza giri di parole, una festa e, come ogni festa che si rispetti, ha una regina: quella regina si chiama Florence Welch e vederla danzare, fasciata in un fantastico abito blu, è già di per sè uno spettacolo straordinario, che diventa assolutamente indescrivibile quando Florence inizia a cantare.
Il suo carisma è percepibile quasi fisicamente, così come la sua gioia nel cantare di fronte a un pubblico adorante come quello italiano e bolognese in particolare.
Da “What the water gave me” inizia un’ondata di emozioni che fanno applaudire, ballare, cantare a squarciagola: due ore di bellezza assoluta, in un’amplesso collettivo tra Florence e il suo pubblico, in totale empatia, come dimostra la splendida coreografia (cui ha contribuito anche concertionline) costruita dal fan club, con centinaia di palloncini a forma di cuore che hanno creato un’atmosfera magica su “Rabbit Heart” e vedendo i quali la stessa Florence si è visibilmente emozionata.
Su “You’ve got the love” si sprecano i sorrisi, gli abbracci, si percepisce come la musica di Florence & the machine sia davvero qualcosa di spettacolare, qualcosa che unisce, qualcosa che accomuna queste 15000 anime che hanno gremito fino all’inverosimile l’Unipol Arena.
Florence domina sul palco, muovendosi lieve, eterea, scalza e bellissima, una capopopolo dalla straordinaria chioma infuocata.
“How big how blue how beautiful” e “Cosmic love” arrivano una dietro l’altra, disegnate dalla voce della Welch come un quadro emozionante, di quelli da contemplare per ore, ma non c’è tempo, bisogna ballare ancora e allora ecco “Queen of Peace” e soprattutto l’attesissima “Dog days are over”, con cui si conclude il set, in un momento di gioia collettiva, un ballo sfrenato, colorato, divertente. Un momento unico per concludere una serata magica, che ha incoronato ancora di più Florence Welch come una delle regine assolute del pop – rock mondiale.
Assolutamente inarrivabile, come hanno confermato i meravigliosi bis “What kind of man” e “Drumming song”.
Quello di Florence è uno di quei live che ti lascia lì, inebetito, con una sensazione di benessere che dura per ore, probabilmente giorni e ti stampa un sorriso in faccia, il sorriso che ha chi si sente fortunato ad aver potuto assistere a tale bellezza.

Qui tutte le foto della serata ad opera di Stefano Mattii

FLORENCE & THE MACHINE – BOLOGNA 13/04/2016

What the water gave me
Ship to wreck
Bird song intro
Rabbit Heart (Raise it up)
Shake it out
Delilah
Sweet Nothing (Calvin Harris cover)
Yo’ve got the love (The Source cover)
How big, how blue, how beautiful
Cosmic Love (acoustic)
Long & lost
Mother
Queen of peace
Spectrum
Dog days are over

ENCORE

What kind of man
Drumming song

Giovedì 25 febbraio il Maximilian Tour di Max Gazzè è approdato all’Obihall di Firenze per la prima delle due tappe fiorentine previste, entrambe sold out.

Uno show fatto di ologrammi, luci e proiezioni con un video tributo al 1996 con cui Max ha ricordato il suo primo album insieme ad una serie di eventi e personaggi legati a quell’anno, come i film Transpotting e Braveheart o gli indimenticabili Micheal Schumacher e Batistuta.

Manca nella setlist la richiestissima “Teresa”, ma Max Gazzè ha promesso che durante il tour estivo accontenterà la richiesta.

Questa la setlist del concerto:

Mille volte ancora
Megabytes
I tuoi maledettissimi impegni
Il timido ubriaco
Il solito sesso
Su un ciliegio esterno
Nulla
Ti sembra normale
Cara Valentina
La Favola di Adamo ed Eva
Sul fiume
Raduni ovali
L’uomo più furbo
Edera
L’amore non esiste [Fabi-Silvestri-Gazzè]
Questo forte silenzio
Mentre dormi
La vita com’è

BIS

Il bagliore dato a questo sole
Sirio è sparita
L’eremita
Vento d’estate
Sotto casa
Una musica può fare

BIS 2

Comunque vada

Il photo report della serata (foto di Stefano Mattii) è sulla nostra pagina Facebook

 

Giovedì 25 febbraio il Maximilian Tour di Max Gazzè è appprodato all’Obihall di Firenze per la prima delle due tappe fiorentine previste, entrambe sold out.Foto: Stefano Mattii

Pubblicato da Concertionline.com su Lunedì 29 febbraio 2016