Recensioni concerti

I report dei più importanti concerti in Italia: band italiane e internazionali, rock, pop, elettronica, punk, alternative e molto altro altro ancora. Photogallery e recensioni, report e scalette del concerto, immagini, video e racconti di tutta la musica live in Italia.

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Kristian Matsson, il cantautore tascabile più alto sulla terra, ripassa dall’Italia, più precisamente sul palco del Fabrique di Milano, dopo l’improvviso scambio di location (precedentemente era stato annunciato al teatro Franco Parenti). Per aprire la serata, sceglie il connazionale e amico fraterno The Tarantula Waltz, all’anagrafe Markus Svensson. Un songwriter tra i tanti, si esibisce sul palco chitarra e voce e nonostante sia capace, fa pensare a quanto la svolta elettrica di Dylan a Newport cinquant’anni fa sia stata sacrosanta per salvarci dalla noia mortale del folk nudo e crudo, monotono e trascurabile.

La storia cambia quando sulla scena compare lui, Kristian Matsson, per tutti The Tallest Man on Heart da quando, nel 2006 pubblica il primo ep omonimo.
È piccolo e a fargli compagnia c’è solo il suo strumento, ma riempie perfettamente la scena con la sua sola presenza e di spazio libero non ne resta. Le suggestioni, i ritmi e le parole sono fragili eppure riesce ad essere incredibilmente maestoso. Apre lo show con East Virginia, traditional cantato anche da Joan Baez, tanto per mettere in chiaro le cose: anima, talento, folk e nient’altro.
Una passione feticista per le chitarre che cambia di canzone in canzone, plettri lanciati in aria che piovono come fossero coriandoli. Fields of Our Home dall’ultimo lavoro Dark Bird Is Home a cui seguono due brani dell’apprezzatissimo There’s No Leaving Now, datato 2012: suona sulle punte, si muove con la stessa grazia che pervade le sue canzoni. La voce è potentissima e a tratti nasale, proprio come quella di Dylan, giusto perché sfuggire al suo fantasma quando si decide di essere un folk-singer di questo tipo è praticamente impossibile.
La sala non è completa ma il pubblico è di affezionati veri e il calore si sente anche se lo stato è piuttosto contemplativo perché, davvero, non c’è bisogno di fare nulla. Solo guardarlo e lasciarsi trasportare dalla bellezza dell’esecuzione di pezzi quali I Won’t Be Found e Little Nowere Towns. L’età del pubblico è varia e può succedere che un ottantenne chieda timidamente agli uomini della security di poter oltrepassare un attimo le transenne per scattare qualche fotografia da tenere come ricordo.
Il menestrello intanto sorride e ringrazia a più riprese, poi racconta un aneddoto su un gruppo di fans che tempo fa ha invaso la sua proprietà nelle campagne svedesi. I’m a friendly guy but just don’t go to my house, o prima almeno avvertitemi, scherza per introdurre il recente singolo Rivers, che di paesaggi bucolici narra.
Dice di non aver scelto con cura per il pubblico milanese le sue chitarre più silenziose, sapendolo atto all’ascolto, poi si siede alla tastiera. Lo spettacolo prosegue con un’atmosfera sempre più raccolta che conduce alla parte finale del set che è un alternarsi di ballate soft (Time Of The Blue, There’s no Leaving Now) ed episodi coinvolgenti che chiamano il battito collettivo di mani (King of Spain). Fino all’ultimo dà tutto quello che ha, saltella si siede e si rialza, gioca con gli strumenti.
Si chiude con Dark Bird Is Home: I thought that this would last for a million years/ But now I need to go / Oh, fuck. Finale teatrale e perfetto, non fosse che il pubblico lo acclama e lui torna in scena per altri due brani. Si dice stanco della propria tristezza e per Il saluto definitivo sceglie quella di qualcun altro (quella scritta da Jackson Browne e cantata per prima da Nico, nello specifico) per una versione splendida di These Days, con tanto di chitarra small size color oro. La serata è finita e il piccolo principe del folk ha davvero lasciato il segno.

 

SETLIST:

East Virginia 

Fields of Our Home

1904

Criminals

The Wild Hunt

Darkness Of The Dream

I Won’t Be Found

The Gardener

Little Nowhere Towns

Love Is All

Rivers

The Sparrow & The Medicine

On Every Page

Time Of The Blue

There’s No Leaving Now

King of Spain

Dark is Bird Home

Sagres

These Days (Jackson Browne)


[Report: Laura Antonioli   –   Photo: Francesca Di Vaio]

 

Radio Popolare quest’anno compie 40 anni, e ha deciso di celebrare alla grande questo anniversario. Dopo la tre giorni “All You Need Is Pop” dello scorso giugno c’era ancora tanta voglia di festeggiare, così sabato 10 settembre la festa si è spostata al Carroponte di Sesto San Giovanni. Sul palco, Afterhours e Daniele Silvestri, che si sono alternati con due set di due ore ciascuno, più un finalone che ha coinvolto e fatto cantare tutto il pubblico. Ma andiamo con ordine.

Sono da poco passate le otto quando sul palco sale Manuel Agnelli (che ieri sera ha fatto molto parlare di sé per la sua schiettezza e i suoi giudizi spietati, ironici e tranchant durante la prima puntata di X Factor, che ha già fatto registrare un milione e trecentomila spettatori incoronandolo come uno dei veri vincitori della nuova edizione), che imbraccia la chitarra e inizia con Grande, lo stesso brano che apre il loro nuovo album Folfiri o Folfox, mentre il resto della band si aggiunge sul palco ad accompagnarlo. Anche i due pezzi seguenti sono tratti dallo stesso album: Ti cambia il sapore e Il mio popolo si fa. Il pubblico già li conosce a memoria e canta.

Il volume delle voci del pubblico si alza progressivamente quando Manuel e soci passano da Non voglio ritrovare il tuo nome, primo singolo del nuovo album, al classicone Ballata per la mia piccola iena.

Dopo un’altra manciata di brani Manuel si siede alla tastiera per L’odore della giacca di mio padre. Poi si ferma e dice: “Questa è una serata speciale, quindi vogliamo fare qualcosa di speciale”, Daniele Silvestri sale sul palco e insieme cantano Strade di Francia.

Con Il sangue di Giuda, Fra i non viventi vivremo noi e Se io fossi il giudice gli Afterhours arrivano alla prima pausa ed escono dal palco.

Rientrano su Le verità che ricordavo. Manuel desnudo rotea il microfono (che si guasta, poi torna a funzionare), Roberto, Rodrigo, Xabier, Stefano e Fabio sono altrettanto scatenati.

Su Strategie ci si ricompone. “Faccamo i gasati poi ci vengono i crampi”, commenta Manuel divertito.

Finale con ancora una volta tutto il pubblico che canta: Quello che non c’è e Bye Bye Bombay chiudono il set.

Una breve pausa e poi è la volta di Daniele Silvestri.

Il cantautore romano parte cauto, al pianoforte. Alterna pezzi dal suo ultimo album, Acrobati, anche questi già cantati a memoria dal suo pubblico, con i suoi successi storici, da Amore mio a L’appello a Il mio nemico. A metà set gli Afterhours ricambiano il favore e salgono sul palco per suonare insieme a Daniele e alla sua band Riprendere Berlino. Dopo un’altra manciata di pezzi, tra cui Gino e l’Alfetta e Salirò, Sesto San Giovanni si traforma improvvisamente in una periferia romana con Testardo.

Cantato a squarciagola, il ritornello irriverente di questo stornello romano fa un effetto assai strano quando ci si trova all’ombra della Madunina, tant’è che Daniele commenta divertito “Questo faceva abbastanza impressione” ma poi incita “Ve devono sentì fino a Monza”. Dopo Cohiba, scatta un finale con una serie di duetti mozzafiato: tutti insieme sul palco, Afterhours, Daniele Silvestri e la sua band passano da Aria a Voglio una pelle splendida, poi è la volta di Dove sei e Non è per sempre.

Se già tutto il pubblico stava cantando a squarciagola l’ovazione vera arriva con il finale a sorpresa: Heroes, di David Bowie.

Questa la setlist dei due concerti.

Afterhours

Grande
Ti cambia il sapore
Il mio popolo si fa
Non voglio ritrovare il tuo nome
Ballata per la mia piccola iena
Varanasi Baby
La vedova bianca
Padania
Né pani né pesci
Male di miele
Cetuximab
L’odore della giacca di mio padre
Strade di Francia
(con Daniele Silvestri)
Il sangue di Giuda
Fra i non viventi vivremo noi
Se io fossi il giudice

Encore:
La verità che ricordavo
Strategie
Quello che non c’è
Bye Bye Bombay

Daniele Silvestri

Prima Di Essere Un Uomo
La mia casa
Quali alibi
Pochi giorni
Manifesto
Amore mio
L’autostrada
L’appello
Le navi
Acrobati
Il mio nemico
L’uomo col megafono
Riprendere Berlino
(con Afterhours)
A dispetto dei pronostici
Come se
Un altro bicchiere
Gino e l’Alfetta
Salirò
Testardo
Cohiba

Encore (con Afterhours):
Aria
Voglio una pelle splendida
Dove sei
Non è per sempre
Heroes


Serata sold out e grande accoglienza per il cantautore italo-inglese

Jack Savoretti - Bassano del Grappa - Castello degli Ezzelini 2 settembre 2016

Venerdì 2 settembre a Bassano del Grappa, nella splendida cornice del Castello degli Ezzelini  si è esibito Jack Savoretti, in uno straordinario concerto acustico.

La serata organizzata da Veneto Jazz in collaborazione con Operaestate Festival è stata un gran successo, con la piazza sold out e un pubblico in trepida attesa di ascoltare dal vivo,  l’artista  italo – inglese.

Jack Savoretti,  “singer songwriter” dell’ultima generazione è tra i protagonisti della rinascita del cantautorato britannico.  Affonda le sue radici in culture diverse, spazia dal rock al soul, dal blues al country,  senza dimenticare le influenze cantautorali italiane, ereditate dalle sue origini (padre genovese).

A fare da opening act, la cantautrice veneta Camilla Fascina, finalista del Contest Written in Scars. Nota anche per aver realizzato il video di “Time” con la partecipazione straordinaria di Lindsay Kemp, maestro di Kate Bush, Peter Gabriel e David Bowie, prima che l’artista ci lasciasse.

Subito dopo,  sul palco è salito Jack Savoretti, accompagnato nella formazione più intimistica del trio, con Jesper Lind Mortensen alla batteria e John Bird Jr.  al basso e contrabbasso.

Durante il live il cantautore, ha conquistato il pubblico con la sua voce calda e graffiante,  suonando con grande maestria la chitarra, con uno stile che rivela le numerose sfaccettature di un artista creativo e appassionato che, nel corso degli anni, sta conquistando anche una maggiore maturità espressiva.

La set list del concerto ha visto l’esecuzione dei suoi brani d’esordio e le canzoni del suo ultimo disco Written in Scars,  accompagnati da atmosfere e suoni che hanno consacrato  Jack Savoretti, come Miglior Nuova Proposta Internazionale  agli Onstage Awards 2015.  

L’artista  con la sua semplicità e l’innata simpatia è riuscito a trasmettere ai presenti tutta la sua carica emotiva, anche dialogando nel suo seducente italiano durante il corso della serata.

Il pubblico si è emozionato ed entusiasmato durante tutto il concerto e ha voluto ringraziare il cantante con una serie di cartelli dall’inequivocabile scritta “Grazie”. Un momento che ha particolarmente emozionato Jack Savoretti, avvolto dal calore del suo pubblico.

foto e recensione Mimmo Lamacchia

 

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Seconda e ultima serata di un UNALTROFESTIVAL. Stavolta all’ingresso la coda è infinita, dando un’occhiata alle t-shirt si direbbe siano tutti qui per Editors e Ministri, e infatti il pezzo forte della serata sono proprio loro.

Ma è giusto e bello dare spazio a un po’ di musica altra, magari nuova e meno mainstream. Apre le danze Birthh, all’anagrafe Alice Bisi, 19 anni appena. Nonostante la giovane età, ha calcato diversi palchi europei e qui si è già vista in occasione del Mi Ami. Ha più di una cosa in comune con i Daughter, visti ieri sera sul palco qui a fianco, ossia intimismo e modalità di scrittura. A tratti anche la sua voce è simile a quella della cantante della band inglese anche se su un altro livello. A fare la differenza è la natura molto più elettronica delle sue composizioni (facile pensare a The xx e simili). L’esibizione è regolare e senza grandi slanci ; accompagnata dai suoi musicisti, presenta i brani del primo disco Born In The Woods, uscito a febbraio.

Sul main stage arriva la prima dei tre artisti internazionali della serata : Flo Morrisey. La cosa che colpisce vedendola entrare in scena con il suo abito verde è senza dubbio la bellezza angelica. Classe 1994, nata a Londra, inizia a comporre da adolescente e, dopo alcuni singoli, dà alle stampe nel 2015 il primo album Tomorrow Will Be Beautiful. Un modern folk il suo, caratterizzato da una grazia davvero notevole. Pizzica le corde della sua chitarra, canta d’amore e di sé con voce da usignolo: gorgheggi, yodeling e falsetto, chiudendo gli occhi si potrebbe anche pensare di essere finiti al Laurel Canyon negli anni ’70. Invece siamo a Segrate ma guarda caso il sole sta tramontando, l’atmosfera c’è. Show me, Pages of Gold e una cover del brano dei Tuxedomoon, In a Manner of speaking. Set breve ma intenso, voce e chitarra ma non serve altro, verrebbe da dire.

Birra alla mano, ci si sposta spinti da curiosità e si trova la sorpresa: Fil Bo Riva. Praticamente uno sconosciuto, ma vedendolo salire sul palco non si può non essere colti da epifania. Nato a Roma, vive a Berlino da anni e di anni ne ha solo 23. È uscito ad agosto il videoclip di Like Eye Did, ad anticipare la pubblicazione del suo ep di debutto If You Are Right, It’s Alright, che ascolteremo fra una ventina di giorni. Songwriter talentuoso, dotato di un timbro vocale straordinario che da solo basterebbe a garantire intensità e bellezza. Sul palco sono in due, belli e vestiti uguali, l’equipaggiamento è scarno (dichiarano di non avere un soldo): chitarra acustica, elettrica, bass drum, tamburello mezza luna. Suonano bene, benissimo una musica che si colloca a metà tra il folk e il soul, che è si malinconica ma anche estremamente dinamica. All’inizio il pubblico è scarso ma presto inizia ad avvicinarsi in massa, attirato dalla sua voce potente e che non merita paragoni scontati. Un’artista da non perdere di vista, senza ombra di dubbio.

Dici Magnolia, dici Ministri. E infatti eccoli tornare qualche mese dopo il set speciale in occasione del Mi Ami per celebrare il compleanno del loro primissimo album I soldi sono finiti. Stasera a compiere gli anni è Federico Dragogna (chitarra e penna), e Davide Autelitano (basso e voce), Michele Esposito (batteria) e Marco Ulcigrai (chitarra aggiunta) sono come sempre con lui. C’è qualcosa di strano, di diverso dal solito, chi li segue da anni non può non averlo notato. L’istinto animale che li anima dal vivo non manca, sia chiaro, eppure il live è sottotono. Parlano poco anzi per niente se non per introdurre Idioti (unico altro brano in scaletta da Cultura Generale), dedicata a chi non è riuscito a stare zitto, soprattutto sul web, in giorni drammatici come quelli del sisma che ha colpito il Paese. Cronometrare la polvere, Comunque, Spingere, Non mi conviene puntare in alto, i fan ovviamente rispondono a squarciagola perché il voler bene non si perde nei dettagli e non analizza al microscopio le mancanze. Forse i quattro sono stanchi, d’altronde sono in tour da quasi un anno e non si sono mai fermati, sarebbe comprensibile. Nel pubblico spunta Fil Bo riva che ovviamente non li conosce e sembra un po’ perplesso. C’è anche una giovane famiglia, padre madre e due figli piccoli, che canta ogni canzone. Vedere una bambina gridare parole parole pesanti come quelle di Tempi bui fa effetto (chissà se mamma gliele avrà spiegate senza renderla triste). Sicuramente rende bene l’idea di ciò che la musica dei Ministri rappresenta in una realtà come la nostra. Canzoni viscerali che servono a ricordare ciò che dovremmo essere anche se facciamo sempre più fatica. Non a caso si chiude con Abituarsi alla fine; speriamo solo non stiano faticando troppo anche loro a continuare a crederci, sarebbe un peccato perderli.

Ultimo atto di questa due giorni sono i britannici Editors. Quando si parla di loro le motivazioni per pagare il biglietto sono diverse e sempre valide. C’è chi vive un amore platonico non corrisposto per Tom Smith, chi è affezionato alla perfezione rock dei primi lavori, chi ha apprezzato il marcato ritorno ai suoni New Wave degli ultimi dischi (dal 2013 con lo strabiliante In This Light and On This Evening il solco tracciato era quello). Quella degli Editors è una band che da quindici anni ormai sa cambiare pelle ma dal vivo, come sempre, offre il meglio di sè. Si inizia con No Harm e la voce di Tom Smith, di bianco vestito, che squarcia il buio e le atmosfere cupe. Poi le più datate Smokers Outside The Ospital Dors e Rancig Rats, il pubblico canta, Smith e il bassista Russell Leetch, pollici in alto, approvano a più riprese. L’energia e il linguaggio del corpo del frontman sono ormai celebri e come sempre coinvolgenti. È un continuo alternarsi di atmosfere e stati d’animo: dal nero claustrofobico di Eat Raw Meat = Blood Drool alle aperture di A Ton of Love, all’esultanza da stadio per Papillon. Un’ora e mezza in cui nessun membro della band si risparmia, dando tutto ciò che può per ricambiare l’entusiasmo. Si chiude con Marching Orders (dall’ultimo LP In Dream) che parte piano per arrivare all’esplosione definitiva: otto lunghi minuti adatti per salutarsi come si deve, dandosi appuntamento alla prossima.

Per chi ancora non ha sonno, si continua con l’aftershow di Hunter/Game E Nowhere Music. Ancora una volta UNALTROFESTIVAL è stato bello, appuntamento all’anno prossimo.

[Report: Laura Antonioli  –  Foto: Francesca Di Vaio]

Un’icona rock in salsa italiana, o, semplicemente, la Gianna nazionale. Ormai il cognome è del tutto un optional, perchè basta dire Gianna ed è inevitabile pensare a lei.

Pantaloncino di jeans, capello sbarazzino e quell’animo rock che la contraddistingue da sempre, questo è quello che si è visto anche ieri sera, in una stracolma Piazza Duomo pronta a cantare canzone su canzone, a cominciare da “America”, con cui è iniziato lo show.

Gianna che si muove da un lato all’altro del palco, indiavolata, che intona praticamente tutti i successi di una sfolgorante carriera, da “Avventuriera” a “Ehy bionda” , da “Ragazzo dell’Europa” a “Profumo”, da “Notti senza cuore” a “Bello e impossibile” fino a “Sei nell’anima”, dedicata ai terremotati di Amatrice e zone circostanti, con l’invito a fare beneficenza per loro, a “fare comunque” ma senza gloriarsene, bensì in silenzio.

Una Gianna in gran forma, coadiuvata da una straordinaria band, con tanto di sezione di archi: essenziale la loro performance in grandi classici della canzone italiana come “Ciao, amore, ciao” o “L’Immensità”, in cui la Nannini si esibisce in questo “Hitstory tour”.

Prato va letteralmente in visibilio per lei, invocandola con cori su cori: una partenza col botto per questo settembre pratese che vedrà già stasera una seconda serata ancora più rock: vanno in scena infatti Marlene Kuntz e Verdena, un’accoppiata da non perdere!

GIANNA NANNINI SETLIST @ PRATO 01/09/2016

America
Avventuriera
Possiamo sempre
Vita nuova
Pazienza
Profumo
Ciao amore ciao (Luigi Tenco cover)
Hey bionda
Ogni tanto
Fotoromanza
I maschi
Revolution
Lontano dagli occhi (Sergio Endrigo cover)
Dio è morto (Francesco Guccini cover)
Notti senza cuore
Oh marinaio
Io
Amandoti
Bello e impossibile
Latin Lover
Mama
Sei nell’anima
Meravigliosa creatura
L’immensità (Don Backy cover)

Encore:
Un giorno disumano
Un’estate italiana

 

UNALTROFESTIVAL, la due giorni di musica organizzata da Comcerto, giunge quest’anno alla quarta edizione e regala, sempre nella cornice verde dell’idroscalo, una programmazione ricca più che mai.

I cancelli aprono presto e la gente inizia ad arrivare subito. I palchi sono due, ed è sul più piccolo che puntuali iniziano ad esibirsi i Sunday Morning, band romagnola con una storia comune ai tanti che spesso cercano di vivere di musica ma alle volte faticano. Iniziano a suonare una decina d’anni fa, poi si fermano, poi si ritrovano e fanno uscire un secondo disco che stasera presentano, dal titolo Instant Lovers. Il classic rock come riferimento ma una storia che matura nella provincia italiana, la musica dei Sunday Morning è forse più ibrida di quanto loro stessi pensino. Sul palco hanno una buona energia, il pubblico non li conosce ma sembra apprezzare.
Non c’è tempo nemmeno per un drink, cambio di palco, altra band. Il nome Landlord dirà qualcosa agli appassionati del talent X Factor dato che il gruppo ha preso parte all’ultima edizione del programma. La visibilità offerta dall’esperienza televisiva ha portato alla pubblicazione loro ep di debutto Aside (INRI). Ringraziano e si dicono emozionati per l’opportunità, è la prima volta volta che presentano il nuovo singolo live. Cantano in inglese, la loro è un’elettronica di classe che alterna episodi pop (Get By) a momenti più raffinati (Venice). Sono giovani, con poca esperienza alle spalle ma senza dubbio capaci e interessanti.

Ci si sposta di nuovo per i The Strumbellas, band canadese con radici country ma un piede ben piantato nel pop. Nati sotto un etichetta indipendente con la quale pubblicano il primo disco My Father and the Hunter (2012), oggi sono qui per presentare Hope, uscito da qualche mese.
Formazione classica con tutto l’indispensabile (acustica, elettrica, basso, batteria, tastiere, violino quando serve) sono bravi ma ascoltandoli in radio verrebbe da pensare a una carenza di personalità che rischi di farli annegare nell’oceano delle band simil-folk che da anni spuntano come funghi. E invece no: Simon Ward, chitarra e voce, ha energia da vendere, canta e balla a piedi nudi, intrattiene il pubblico. Il simpatico nerd Dave alle tastiere, azzarda qualche parola di italiano, Isabel Ritchie suona al violino e balla in maniera scomposta ma contagiosa. I fans sono numerosi ed entusiasti. Un pezzo dopo l’altro We Don’t Know, Wars, Young & Wild e l’allegria contagia anche i più scettici. Dopo aver mostrato il doppio disco di platino, la chiusura con la hit Spirits fa cantare davvero tutti.

Ed ecco arrivato il momento del primo dei due headliner della serata: Edward Sharpe & The Magnetic Zeros. Il carrozzone hippie capitanato di Alex Ebert fa il suo ingresso sul palco. Una band che è più simile a una comune, in cui chi vuole va e poi torna (stasera sul palco sono in otto ) che vive la musica come comunione e creazione. Unaltrofestival non è Monterey, verrebbe da dire, e in più il nuovo disco PersonA è un lavoro molto diverso rispetto ai precedenti. Ma con Alex Ebert non si sa mai, e infatti del nuovo disco neanche l’ombra. La scaletta non c’è, le canzoni vengono proposte dal pubblico, l’anarchia regna sovrana.
Ebert passa quasi tutto il tempo a girovagare, canta in piedi sulle transenne, racconta e chiede gli vengano raccontate storie. 40 Day Dream per iniziare, poi Mayla e Truth e i fans sono in delirio. La band segue le improvvisazioni del suo frontman che non ha davvero freni: voce magica, presenza scenica, energia che regala al pubblico e il pubblico restituisce quadruplicata. Una ragazza nelle prime file ha avuto la splendida idea di portare con sè una sparabollle ed è tutto ancora più bello. A Man On Fire, insomma, come da titolo. C’è spazio anche per qualche riflessione sui massimi sistemi everything dies, don’t you think? (la bottiglia di vino rosso appoggiata sul pianoforte aiuta). Up From Below e Janglin’ e l’estasi è definitiva. Ebert parte e scappa, fa abbassare tutti giù per terra e canta con loro. Ed ecco arrivato il momento della sempre invocata Home. Gli Edward Sharpe & The Magnetic Zeros sono sono una band come le altre ma una vera e propria banda e, con trombe e tromboni, garantiscono una festa di qualità.

L’ultimo artista della serata impone un cambio d’atmosfera repentino: Daughter, il trio londinese capitanato dalla bellissima Elena Tonra. La cifra stilistica della band ormai inconfondibile per i fan e non solo: delicatezza, atmosfere rarefatte in cui a risaltare sono è una voce incantevole. Un set perfetto, equilibrato e coinvolgente. Tra il pubblico c’è chi ipotizza una natura angelica della leader, « altrimenti non si spiega », dicono. C’è modo di ascoltare i brani più acustici del primo sorprendente lavoro If You Leave (Human, Shallows, Smother) assieme a quelli il nuovo LP Not to Disappear, uscito a gennaio per la 4AD, decisamente più elettrico e con qualche episodio inaspettato. Una specie di strana quiete pervade i presenti: l’atmosfera è compatta e malinconica. La timidezza di Elena Tonra che riesce a malapena a sussurrare impercettibili “thank you so much” fa sorridere tutti, il chitarrista Igor Haefeli interviene in suo soccorso. Si passa alla lentezza esasperata con liriche strazianti del primo singolo Numbers, all’incredibile ultimo singolo No Care. Più parlata che cantata, col suo ritmo sincopato toglie il respiro e mostra la cantante  da un’altro punto di vista : la dea algida si lascia andare alla passione si sporca di rabbia. Ma ricomporsi è un attimo ed ecco arrivare Youth (chi non era qui per questo?) We are the reckless / We are the wild youth / Chasing visions of our futures. Nient’altro da aggiungere, tutti a casa con gli occhi lucidi e il cuore contento.

E stasera tutti di nuovo in pista con Editors e Ministri (ma anche Flo Bo Riva, Birthh e Flo Morrisey)

[Report: Laura Antonioli   –   Foto. Francesca Di Vaio]

 

Leggenda. E’ solo questa la definizione che si può dare compiutamente a Ian Anderson, un folle genio che, con i suoi Jethro Tull, ha rivoluzionato la musica rock negli anni 70 e che ancora adesso continua ad essere un inafferrabile folletto, che col suo flauto incanta generazioni e generazioni di spettatori, proprio come è accaduto nella magnifica piazza Signorelli di Cortona (Arezzo), in occasione dell’ultima data del Cortona Mix Festival 2016.

Anderson ha deliziato tutti, introducendo uno per uno brani che hanno fatto la storia dei Jethro Tull e della musica: da “Thick as a brick”, accolta con un boato, a “Living in the past”, passando addirittura per un brano “rubato” a re Enrico VIII di Inghilterra (“Pastime with good company”), piuttosto che per un Bach riarrangiato in chiave rock (“Toccata e Fuga in Re minore”), il geniale polistrumentista ha guidato il pubblico e la band nella lucida follia della sua musica, una musica senza tempo, in cui tutto si trasforma senza distruggersi.

Con “Aqualung” si è raggiunta l’apoteosi di una serata magica, in cui si sono capite in poco più di due ore le origini di tanta della musica “contemporanea”.

Gli iconici Jethro Tull restano una guida ineguagliabile, da cui tanti hanno tratto ispirazione, senza però arrivare a quel livello, un livello a cui solo il genio di questo argusto signore scozzese, paradossalmente dal cognome fin troppo comune, poteva arrivare.

l'acrobata Daniele Silvestri incanta Suoni di Marca

Martedi 2 agosto sul palco del festival “Suoni di Marca” sulle mura di Treviso si è esibito Daniele Silvestri con il suo “Acrobati Summer Tour”.  Un evento sold out, organizzato da OTRLive e Suoni di Marca,  che ha richiamato oltre duemila persone di tutte le età, pronte  ad ascoltare live la musica di uno dei più apprezzati cantautori italiani.

L’album “Acrobati” che da anche il titolo alla tournèe,  ha riscosso un enorme successo.  Uscito lo scorso 26 febbraio per Sony Music è certificato disco d’Oro con più di 25.000 copie vendute. Un traguardo importante nella carriera di Daniele Silvestri, per un album che sta regalando enormi soddisfazioni e che lui stesso aveva definito “la cosa più bella che ho fatto”.  Un album straordinario con un sound potente, che abbraccia e spazia generi diversi, dal rock, al funky, dalla canzone d’autore  all’elettronica.

Intorno alle 22 si spengono le luci e sul palco fanno il loro ingresso i musicisti: Daniele Fiaschi alle chitarre,  Gabriele Lazzarotti al basso, Piero Monterisi alla batteria, Gianluca Misiti e Duilio Galioto alle tastiere, Sebastiano De Gennaro alle percussioni e al vibrafono, Marco Santoro al fagotto, alla tromba e ai cori.

Subito dopo tra l’ovazione generale, entra in scena Daniele Silvestri che si siede alla tastiera e da il via al live intonando  il brano “La Verità”.

Silvestri saluta il pubblico presente e lo invita ad essere “Ospite nella sua casa” : per tutta la durata del live, siete nostri ospiti,  Benvenuti nella mia casa”.

L’inizio del concerto è improntato sulle nuove canzoni di Acrobati,  come  “La mia casa”, “un altro bicchiere”, “La mia routine”,  a cui seguono altri brani in un viaggio musicale ricco di acrobazie tra le nuvole, di leggerezza ed esplosioni di fantasia, senza dimenticare il contatto con il presente e la realtà.

Silvestri, ogni tanto tra un brano e l’altro scherza e parla con il pubblico, con un linguaggio semplice che porta i presenti anche a riflettere su temi delicati ed attuali.

La set-list del live,  spazia tra i brani del nuovo lavoro del cantautore romano e i grandi successi  della carriera più che ventennale dell’artista.

Due ore di  concerto,  con Daniele Silvestri in splendida forma,  brioso, instancabile e coinvolgente e una band brava e affiatata che diverte e si diverte nelle sue esecuzione.  Ingredienti fondamentali per la buona riuscita di un concerto, insieme a un pubblico felice e partecipe che canta in coro tutte le canzoni in scaletta magistralmente eseguite e scelte per un live spumeggiante in cui il tempo è volato via.

Prima di lasciare il palco,  Silvestri saluta e ringrazia il pubblico per avergli regalato un pò del loro tempo e della loro vita.  Standing ovation finale per una  serata indimenticabile di festa in musica, per intensità ed emozioni  che resterà a lungo nella mente dei presenti.

di seguito la photogallery dell’evento

Recensione e foto Mimmo Lamacchia

Strepitoso successo per il concerto di Carmen Consoli a Treviso per "Suoni di Marca"

 

Martedi 16 luglio, sul palco di “Suoni di Marca”, a Treviso, dopo l’open act dei Will and the People, rock band nata a Brigton grazie all’iniziativa di William Rendle cantante e compositore,  è arrivata la Cantantessa, Carmen Consoli.

La serata organizzata da Suoni di Marca e OTR Live, ha registrato il sold out, confermando l’affetto del pubblico verso l’artista.

Alle 22 i musicisti prendono il loro posto, lasciando il centro della scena a Carmen Consoli, che si presenta in gran forma con un look rock, jeans, una morbida camicetta rosso fuoco e tacchi a spillo. Imbracciando la sua chitarra acustica da il via al live con il brano,  “A finestra”, subito dopo saluta il pubblico.

La cantantessa sorridente e felice ricorda ai presenti che sente Treviso un po’ casa sua :  ebbene voi non ci crederete ma da piccola giocavo qui.  la mia famiglia abitava proprio al centro e di mattina portavano qui me e mio cugino Giampiero. Giocavamo in una scuola chiusa, la Duca degli Abruzzi. Di cose belle qui ne ho fatte tante, i pranzi della nonna Carla, che nonostante fosse nordica aveva sempre un pensiero:  “magna magna che te si magra”.  Mia madre sposò un catanese, un grande uomo, e ci trasferimmo a Catania, ma Treviso l’abbiamo tenuta tutti quanti nel cuore ed è la mia seconda città e, anche se lo dico con questo accento,  sono sincera.

Il concerto continua con i brani  “Il pendio dell’abbandono”,” Mandaci una cartolina”(dedicata al suo papà scomparso) e “Fiori d’arancio”.

Carmen si sofferma a parlare a i presenti, di civiltà e del mondo tecnologico in cui viviamo, sostenendo che il progresso non sempre corrisponde a un evoluzione umana.  Dentro di noi, secondo la cantante, infatti, esiste una bestia che striscia in maniera subdola,  nonostante siamo arrivati a un livello di civiltà altissimo, questa bestia è il nostro nemico e corrisponde all’intolleranza e al razzismo.

Quelle di Carmen sono parole nude e crude, ma vere e riflettono l’animo sensibile dell’artista, quello stesso animo che lei trasmette con le sue canzoni.  Spesso impegnata in testi su temi sociali di attualità ma difficili da trattare, Carmen non manca di sensibilità e dolcezza e riesce ad arrivare ad accarezzare il cuore della gente.

Sul palco con lei, Massimo Roccaforte alla chitarra, Roberto Procaccini alle tastiere, e una band tutta al femminile con un trio d’archi e percussioni – composto da Emilia Belfiore al violino, Claudia Della Gatta al violoncello e Valentina Ferraiuolo alle percussioni – Luciana Lucini al basso e Fiamma Cardani alla batteria.

La scaletta continua con i brani che ripercorrono la carriera ventennale dell’artista catanese, con esecuzioni grintose e dalla forte carica adrenalinica, ma anche dolci e romantiche che emozionano e riscaldano l’anima, con il suo stile intramontabile e la sua musica senza tempo.

Un live emozionate e straordinario, con il pubblico ammaliato  e conquistato dalla voce di Carmen Consoli, che riesce sempre a graffiare e accarezzare le parole delle sue canzoni con grande impatto emotivo sui presenti. Un successo strepitoso grazie alla forza espressiva e alla carica emotiva che solo i grandi artisti riescono a trasmettere con la naturalezza di cui è capace la Cantantessa.

Carmen Consoli dopo Suoni di Marca, sarà la Maestra Concertatrice de “La Notte della Taranta” il festival di musica popolare  salentina, una delle più significative manifestazioni della cultura popolare in Europa.  “La Notte della Taranta” si terrà il prossimo 27 agosto nel piazzale dell’ex convento degli Agostiniani a Melpignano(Lecce).

 

Recensione e foto Mimmo Lamacchia

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La band di Robert Del Naya offre solo un'ora di concerto e dodici pezzi in scaletta, lasciando il pubblico insoddisfatto

Appena 65 minuti di set, tanto è durato l’attesissimo live dei Massive Attack alla Visarno Arena di Firenze. Un set di straordinaria qualità, questo va detto, in cui indubbiamente chi era in cerca di sonorità oniriche è stato accontentato, perfino dal punto di vista visivo, con gli splendidi visual (spesso a carattere “umanistico”, come il ricordo dei vari attentati degli ultimi anni, piuttosto che frasi ripetute quali “siamo in questa situazione insieme”) a farla da padrone.

Tuttavia è sembrato mancare alla band di Bristol molto più di qualcosa a livello empatico, il live è parso il classico “compito ben svolto” ma nulla più e i tanti fan accorsi da mezza Italia sono rimasti con l’amaro in bocca per la mancata esecuzione di hit quali Teardrop o Inertia Creeps, piuttosto che per “l’aborto” di “Future proof”, iniziata ma interrotta dopo pochi secondi da Del Naya per un mal di gola.

Insomma, può un live di appena 12 canzoni, dato il cachet percepito dai Massive Attack (e conseguente costo dei biglietti), considerarsi soddisfacente, addirittura bello? E’ una domanda a cui è difficile dare una risposta, ma è innegabile che da una delle band più importanti degli ultimi trent’anni si poteva e doveva aspettarsi molto di più, quantomeno un maggior dialogo col pubblico, lasciato senz’altro in preda ad una cocente delusione (per quanto Del Naya si sia poi scusato per il proprio mal di gola sulla pagina FB ufficiale dei Massive Attack).

MASSIVE ATTACK SETLIST FIRENZE 24/07/2016

United Snakes
Hymn of the Big Wheel (with Horace Andy)
Risingson
Ritual Spirit (with Azekel)
Girl I Love You (with Horace Andy)
Future Proof (iniziata ma abortita dopo pochi secondi)
Man Next Door (with Horace Andy)
Eurochild
Pray for Rain (with Azekel)
Angel (with Horace Andy)
Take It There
Safe From Harm (with Deborah Miller)

Encore Set
Unfinished Sympathy

Urla di gioia e lacrime di felicità tra le giovanissime fan dei Dear Jack

Sabato 23 luglio 2016, sul palco del Summer Festival di Mirano(VE) si sono esibiti i Dear Jack con il loro “Mezzo Respiro Tour” che prende il nome dal singolo presentato alla 66esima edizione del Festival di Sanremo.

La band tra le più amate dai giovanissimi è esplosa come gruppo rivelazione della tredicesima edizione di Amici di Maria De Filippi, nata inizialmente con Alessio Bernabei alla voce, che in seguito ha scelto la strada da solista.

Il nuovo frontman del gruppo è Leiner Riflessi, cantante, autore, pianista, batterista e ballerino che ha esordito per la prima volta con la band sul palco dell’Alcatraz di Milano per poi partecipare a Sanremo 2016 con il brano “Mezzo Respiro”.

Atmosfera di festa e fan entusiasti per l’arrivo della band nella cittadina veneziana. Sin dalle prime ore della mattina,  fan in coda davanti ai cancelli ad aspettare i loro idoli.  Attesa ben ripagata data la disponibilità dei Dear Jack  pronti a scendere tra i fan per autografi e selfie sia durante le prove che dopo concerto.

Una serata speciale per tutti, striscioni, dediche, urla di gioia e lacrime di felicità tra le giovanissime, a testimoniare il momento d’oro che sta vivendo la band, consacrata sempre più dal successo di pubblico.

Più di due ore di musica live, con i successi che hanno reso famosa la band, come  “La pioggia è uno stato d’animo”,  “Domani è un altro film”, “Ricomincio da me”,  “Il mondo esplode tranne noi” e tante altre, e i brani del loro nuovo album tra cui “Guerra personale” il nuovo singolo in uscita il prossimo 29 luglio e le cover “Io che amo solo te”, “Oro”, “Un bacio a mezzanotte”, Photograph e See you again”.

Sul palco i Dear Jack:  Leiner Riflessi voce, Francesco Pierozzi alla chitarra elettrica e acustica, Lorenzo Cantarini alla chitarra elettrica, Riccardo  Ruiu alla batteria e Alessandro Presti al basso.

Foto e recensione Mimmo Lamacchia

Il duo di Manchester (Ed Simons e Tom Rowlands) si è ripresentato in grande spolvero ieri sera come headliner sul grande palco del Market Sound di Milano.  The Chemical Brothers sono i paladini di una musica elettronica che riesce a miscelare moltissime influenze musicali e che ormai da oltre un ventennio hanno costruito un percorso di crescita che li porta ad essere tra i maggiori innovatori del genere e con una nutrito numero di estimatori.

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Il loro Live set si presenta come un Continuos Mix delle loro tracce più famose , riviste con variazioni di beat e di effetti unito ad un visual che segue armonicamente la sequenza di canzoni.

Sampling di voci, sequencer scatenati in un turbillion continuo di sensazioni musicali che passano magicamente dal classico e potente Big Beat a imprevedibili sfumature rock psichedeliche marchio di fabbrica che accompagna Chemical Brothers sin da quel capolavoro d’esordio Exit Planet Dust uscito nel  1995, che rappresenta una delle pietre miliari della musica Elettronica.

La scaletta del live è  stata interessante perché pur privilegiando le hit dell’ultimo disco uscito poco più di un anno fa Born in the Echoes, ha saputo proporre le mille sfaccettature della grande produzione  del duo di Manchester.

L’apertura è stata riservata a quella Hey Boy , Hey Girl che rappresenta una delle maggiori hit dei fratellini chimici uscita addirittura nel 1999 e tratta da Surrender , poi ascoltiamo anche una Setting Sun e una Star Guitar  campionate magistralmente.

I singoli dell’ultimo disco sono tutti presenti cominciando da Go ! , passando per la stupenda I feel So deserted e proseguendo con la tribale  EML Ritual .

Altre super-hit come Galvanize e Do It Again vengono passate nel frullatore del Live Remix nel quale i Chemical Brothers sono maestri ma non perdono niente della loro potenza ritmica in un flusso continuo di sensazioni elettroniche .

Tra le tante collaborazioni e featuring che i Chemical Brothers hanno implementato nella loro carriera quella con i mitici New Order di Peter Hook e Bernard Summer generò quella stupenda hit dal nome Out of Control del 1999  e il giusto tributo di Ed e Tom è stato quello di campionare un sample di una delle prime canzoni “Temptation

Il pubblico acclama e si muove al ritmo dei chemical beats che pulsano continui , rallentano e poi accelerano , una sequenza di loop , un flusso sonoro elettronico. The Chemical Brothers are back !