Jack Broadbent live @ Legend Club Milano: il report del concerto

Jack Broadbent live @ Legend Club Milano: il report del concerto

Se qualcuno al Montreux Jazz Festival lo ha definito “The new master of slide guitar“ significa certamente che Jack Broadbent (noi ve ne avevamo già parlato qui) sa il fatto suo con una chitarra in mano. Qualcun altro, invece, lo ha definito “La migliore notizia per il blues da qualche tempo a questa parte” (“The Blues has not seen such Good News in quite some time”).
Indiscutibilmente bello e bravo, molto blues, questo ragazzo americano è diventato famoso perché suonava come busker nel quartiere a luci rosse di Amsterdam. Un passante lo ha filmato e ha messo il video su YouTube e…boom.
 

 
Ma non c’è solo questo a giocare a suo favore: c’è il carisma, una splendida voce, una grande simpatia e il fatto che sul palco sembra divertirsi davvero, così come si diverte il pubblico, tra un pezzo originale e classici blues.

Ma facciamo un passo indietro. La serata al Legend Club di Milano comincia alle 21.30 in modo piutto sto surreale: sul palco c’è One Horse Band.
 

 
Dopo di lui è la volta di Diego “DeadMan”: cappellino con la scritta “Redneck” e Vecchia Romagna nel bicchiere, tira fuori qualche buon pezzo blues e folk.

L’atmosfera però cambia quando alle 11.00 sale sul palco Jack Broadbent. Pantalone nero, stivale nero a punta, camicia bianca con bretelle e giacca, sale sul palco accompagnato da due bottiglie di birra e un pacchetto di sigarette, che prontamente offre alle prime file. Chiede se tutti hanno un drink a portata di mano e fa un brindisi. Poi si siede, sistema la chitarra sulle ginocchia, tira fuori dalla tasca l’inseparabile fiaschetta di metallo e attacca con “Making My Way”, seguita da una cover di Hendrix, “The Wind Cries Mary”. Suona con una frattura del metacarpo alla mano destra, che si è procurato durante le sue tappe del tour in Giappone, ma dal pubblico qualcuno gli chiede “Quante mani hai?”. Lui risponde divertito.

Alterna brani del suo album “Along the Trail of Tears” (se amate il blues e non lo avete ancora fatto andate a sentirlo subito) a cover come “Leavin’ Blues” di Leadbelly. Tra una canzone e l’altra parla di tutto: di Trump (“Fuck. Shit.” è il suo commento su questo argomento a inizio show), di suo padre, a cui dedica una canzone, della sua ragazza (“E’ anche la mia tour manager, without her, I’m fucked. I mean…I’m fucked anyway but..” scherza mentre la indica in fondo alla sala). Su “Hit the road Jack” chiede al pubblico di cantare, a dir la verità con risultati prevedibilmente discutibili, soprattutto in confronto a quando alla voce torna ad esserci lui. Lo show scorre veloce, Jack sostituisce la sua birra con un whisky che gli arriva mentre sta suonando e che lo fa visibilmente felice.
Prima di andar via spiega a tutti ironicamente: “Voi lo sapete e io lo so: ora annuncerò che questa è l’ultima canzone, uscirò e poi rientrerò per fare un altro paio di canzoni”.
 
Riattacca con “Holdin'” la track di apertura del suo album. Fatevi un’idea qui di cosa possa essere stato:
 

 
Chiude con una cover: Black Magic Woman.
 
Questa la setlist del concerto:
Making My Way (album Along the Trail of Tears)
The Wind Cries Mary (cover)
Don’t Be Lonesome (album Along the Trail of Tears)
She said (album Portrait)
Willin’ (cover)
Leavin’ Blues (cover)
Gone Gone Gone (album Portrait)
Hit the road Jack (cover)
Holdin’ (album Along the Trail of Tears)
Black Magic Woman (cover)
 

 

 

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