Angel Olsen in concerto a Milano: il report del live alla Salumeria...

Angel Olsen in concerto a Milano: il report del live alla Salumeria della Musica

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Si può esser artiste donne (e quindi minoranza) anche senza fare troppi proclami e ribadirlo ogni volta. Basta portare sul palco e mettere nella propria arte tutta la femminilità di cui si è capaci. Angel Olsen lo fa.

Fasciata in una tutina gessata, zatteroni e capelli raccolti, sale sul palco di una Salumeria Della Musica sold out. Viste le temperature, la stagione dei concerti al chiuso dovrebbe essere finita. Ma per una delle due sole date nel nostro paese della cantautrice di St. Louis (dopo quella al Covo di Bologna) ci si sacrifica felici. Angel sale sul palco per cantare se stessa e il suo essere donna. My Woman, il suo ultimo lavoro è uscito a fine 2016 per Jagjaguwar, segnandone la consacrazione definitiva.

Partenza soft con Heart Shaped Face, Angel sorride ai fotografi in prima fila, spensierata e ammiccante. La sua voce perfetta e l’altrettanto perfetta band che l’accompagna da inizio a un’ora e mezza di live intenso e pregno di autenticità. Fare i musicisti è un lavoro vero, non un passatempo, e le star internazionali che ci graziano della loro presenza nel nostro Paese ce lo ricordano come si deve.

I brani di My Woman ci sono quasi tutti (Shut up kiss me, Sister, Not Gonna Kill You) e si alternano con qualche canzone del precedente Burn Your Fire for No Witness (Unfucktheworld, Windows). Classe da vendere, tecnica consolidata e una presenza unica: non serve altro per garantire un live d’impatto.

Parte della stampa in questi anni ha deciso per lei che dovesse essere un cantautrice folk depressa ed eccessivamente introspettiva, una donna triste e complessata. Angel ha risposto con un disco che l’ha portata ad avvicinarsi al rock classico con qualche virata pop. Sul palco tutte questi elementi si mischiano con disarmante naturalezza.

Fa caldo, troppo caldo, ma nessuna delle persone in sala vorrebbe andarsene. Those Were the Days, Woman e una versione nuda e cruda di Acrobat (contenuta nell’ep di debutto) aprono la terza e ultima parte della serata. Angel chiede se qualcuno ha una casa con piscina in cui ci si possa tuffare tutti assieme di li a poco. Sarebbe bello, come bello è stato poter vedere una cantautrice come lei spogliarsi, metaforicamente parlando, e regalare al pubblico la sua essenza più profonda. Ma con leggerezza e disinvoltura.

In apertura, il set “breve ma dolce” dell’australiano Alex Cameron. Tra elettronica anni ’80 e pop glitterato, il suo alter ego è un entertainer fallito che si muove goffo su un sottofondo di sax e percussioni, e sogna di essere Marlon Brando. L’obbiettivo di Cameron è quello di esplorare il fallimento in musica. Il suo primo lavoro, Jumping The Shark è stato ristampato nel 2016 visto che tre anni prima nessuno l’aveva ascoltato.

Un personaggio che merita di essere scoperto, dal vivo come su disco. Sul finale dedica The Comeback a Angel Olsen che ha scelto di portarlo con lei in questo tour europeo.

Da parte del pubblico pagante (e sudato) , eterna gratitudine a entrambi, e tanti applausi.

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