Interviste

Le interviste di Concertionline ai protagonisti della musica: tutta la musica italiana e internazionale raccontata dalle parole degli artisti e delle band. Musica rock, pop, metal e non solo.

Tra esattamente un mese il Magnolia di Milano ospiterà la nona edizione del MI AMI Festival (hashtag #miamifestival), manifestazione indipendente nata nel 2005 e organizzata da Rockit. Nei giorni 7,8 e 9 giugno infatti, nei pressi dell’Idroscalo, si svolgerà un appuntamento imperdibile per i sostenitori della nuova musica italiana, con 3 palchi, 60 act, cibo e fumetti: il “Festival della Musica Bella e dei Baci”, acronimo di Musica Importante a Milano.

Sui tre stage (“Sandro Pertini”, “La Collinetta di Jack” e “Palco Deezer”) si alterneranno artisti senza confini di genere musicale o di età: Dargen D’Amico, Selton, Linea 77, Amari, Jennifer Gentle (con i fratelli Ferrari dei Verdena), Appino, Di Martino, Cosmo e molti altri. L’ospite d’onore dell’edizione 2013 sarà Patty Pravo, che festeggerà in concerto i 40 anni di “Pazza idea”. Abbiamo intervistato l’ideatore e direttore artistico dell’evento, Stefano Fiz Bottura, che ci ha raccontato come sono stati scelti cast e ospiti, e come il MI AMI si è trasformato nel corso di quasi un decennio.

Il MI AMI ormai è un appuntamento fisso dell’estate milanese ed è frequentato da un pubblico vastissimo: come siete riusciti a farlo diventare un evento di questa portata?

Lavoro lavoro lavoro, passione, sensibilità. Credendoci sempre. Mettendoci ogni anno tutto quanto dentro, senza risparmiarsi. Con un’attenzione fortissima agli spettatori, cioè chi Fa il festival per davvero (quindi prezzi bassi, servizi, navette gratuite, aree relax, aree banchetti, etc). Oltre ovviamente a una dose di fortuna che serve sempre.

Quali sono i punti di forza di questo festival?

Un cast artistico selezionatissimo, un pubblico ‘presobene’, un posto molto bello.

In che modo avete scelto il cast artistico di quest’anno?

Vista l’ampia diffusione di musica italiana in ogni luogo e in ogni dove e per tutto l’anno, è sempre più difficile mantenere l’equilibrio tra sorprese&conferme, cioè tra novità e certezze. Visto che il rischio di passare da certezze a ‘sempre i soliti’ è sempre molto alto, allo stesso modo troppe ‘novità’ possono portare straniamento e ‘non identificazione’. E’ il solito gioco matto dell’equilibrio, cioè fare tutto e tutto insieme sempre.

L’ospite d’onore sarà Patty Pravo: come è nata questa “Pazza idea”?

Beh, il MI AMI è la nostra ‘pazzaidea’ da 9 anni e mi piaceva ci fosse qualcuno capace di incarnarla… e se non è rock’n’roll e pazza lei… Oltre ad essere un’icona, è l’icona più vicina al gusto e allo spirito del festival. Ha avuto una storia in-cre-di-bi-le (cioè è stata a letto con Jimi Hendrix…) e sia a livello musicale che di temi trattati nelle sue canzoni è stata fondamentale per la cultura italiana. Non vediamo l’ora di essere sotto il palco per cantare a squarciagola “Pazzaidea di…”, col sorriso sulle labbra, alla faccia di ogni posa intellettuale.

Tre motivi per i quali chi non lo ha ancora fatto dovrebbe venire al MI AMI.

Perchè è un weekend dove si sta bene, si scopre e si ascolta tanta musica bellissima, si fanno incontri interessanti e, se si è fortunati, ci scappa sempre qualche bacio. Il tutto a un prezzo più che accessibile. Mi sembra ci sia tutto no? Più di così cosa serve ancora per convincerti?

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Si chiamano Stanley Rubik – denominazione nata dall’unione del nome del celebre regista con quello dell’altrettanto conosciuto cubo – e sono nati a Roma nel 2011. Lo scorso 29 marzo hanno dato alle stampe il loro EP d’esordio intitolato “Lapubblicaquiete”, realizzato in co-produzione artistica con i Velvet e anticipato dal singolo “Pornografia”. Ecco cosa ci hanno raccontato nel corso di questa intervista.

Anche se il vostro nome è piuttosto esplicativo, spiegate ai nostri lettori come mai avete deciso di chiamarvi Stanley Rubik?

Il nostro nome nasce dal gioco di parole ovviamente. Il nome ci divertiva e poi si ricorda con una certa facilità. Stanley Kubrick è uno degli artisti che ci accumuna, il suo essere visionario ci appartiene, come ci appartengono le mille sfaccettature del cubo Rubik.

Il vostro EP d’esordio si chiama “lapubblicaquiete”, mi raccontate com’è nato e cosa significa per voi?

“Lapubblicaquiete” è la descrizione della calma apparente di questa realtà, dove raramente ci si guarda dentro. Una quiete che schiaccia le inquietudini e i desideri. All’interno dell’EP quasi paradossalmente si parla di tutto tranne che di quiete, viene descritto quello che è celato dietro di essa.

La vostra musica si basa spesso sulla contrapposizione tra vecchio e nuovo: cosa c’è di buono secondo voi in uno e nell’altro, artisticamente parlando?

Più che contrapposizione parlerei di fusione tra questi, la difficoltà è trovare l’equilibrio, lo stare nel mezzo. Tecnicamente i nostri strumenti parlano da soli: dalla chitarra, basso e batteria si passa con una certa facilità al sequencer e controller midi e synth. Questi sono semplicemente i nostri mezzi di comunicazione, a monte però serve l’idea.

La co-produzione artistica dei Velvet quanto ha influenzato il risultato finale del disco?

Diciamo che ci hanno aiutato a razionalizzare il tutto, in quanto esperti di “razionalità” (vedi il loro ultimo singolo eheh).
L’EP è nato da una difficilissima scelta, non è stato semplice individuare solo tre brani tra tutti quelli che abbiamo L’apporto  dei Velvet è stato fondamentale, l’occhio oggettivo di un osservatore esperto fa la differenza. Artisticamente ci siamo trovati molto bene confrontandoci alla pari e scoprendo delle persone creativamente molto valide, siamo subito entrati in sintonia.

Avete in programma date dal vivo nei prossimi mesi?

Il 19 Aprile suoneremo all’INIT a Roma insieme a gli USCITA 17 altra nota band dell’underground romano; il 30 Maggio al Traffic.
Chi interessato può seguire i nostri movimenti sul nostro sito www.stanleyrubik.com o sulle nostre pagine Facebook o Twitter.

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Gli Speedliner sono una giovane band bresciana composta da quattro musicisti provenienti da differenti realtà artistiche: il loro disco d’esordio è intitolato “Flash” e racchiude al proprio interno influenze musicali eterogenee e riflessioni introspettive. Qualche giorno fa abbiamo posto alcune domande a Matthew Zak, il fondatore e ideatore di questo progetto nato nel 2010, ecco cosa ci ha raccontato.

“Flash”, il vostro disco d’esordio, contiene dieci tracce che sono una riflessione sull’alienazione quotidiana e sulle crisi interiori e relazionali. Potresti spiegarmi meglio quest’affermazione?

È vero…in realtà quando ci siamo trovati nella condizione di poter realizzare un album quello che abbiamo voluto e cercato di fare è stato scattare 10 piccole estemporanee di un periodo delle nostre vite, così facendo abbiamo affrontato il tanto e temuto songwriting cercando di essere sinceri, di dare un senso ad alcune situazioni che in quel momento per noi non avevano senso, un tentativo di fermare e razionalizzare momenti, fasi, certezze e incertezze. La tracklist parte con una caduta “Precipitare” e finisce con un metaforico viaggio “L’America” quello che sta nel mezzo tra queste due azioni è un ciclico alternarsi di sensazioni, “Sei”(l’innamoramento), “Assente”(i fantasmi passati), “Non basta mai”(l’insoddisfazione e l’incoscienza)…potrei raccontarlo tutto ma invito i lettori a dare un significato a tutto il resto.

L’album è un concentrato di influenze musicali piuttosto lontane dalle nostre: si parte dalla new-wave per poi arrivare anche al pop-rock e all’indie. Come siete riusciti a conciliare questa impronta stilistica con il cantautorato e la lingua italiana?

Beh, diciamo che cerchiamo di comporre a 4 mani, succede così che le sonorità ne subiscono le conseguenze…la scelta dell’italiano è stata una necessità espressiva. Tutti abbiamo per anni suonato in progetti di matrice indie rock, brit pop e e anche hard rock…quando abbiamo cominciato questa avventura il senso della sfida era appunto riuscire a rendere queste influenze vere e credibili anche nella nostra lingua. Non è stato un lavoro difficile diciamo che è stato un viaggio introspettivo ma spontaneo.

A quali canzoni di “Flash” siete maggiormente legati e perché?

“Flash” è un disco orecchiabile con stesure in 4/4, ci sono brani che amiamo riprodurre dal vivo come “La mia periferia”(carica e rabbiosa) o “Per Te”(malinconica e psichedelica) ma senza dubbio è “Assente” la canzone alla quale siamo più legati, la batteria new wave e il basso alla joy division hanno subito reso uniforme il parere di tutti noi.

Come avvengono le “dinamiche artistiche” nel vostro gruppo? Da dove nasce un futuro brano?

La stesura di un brano nel nostro caso può avvenire in due modi e/o in due rispettive fasi: la prima è con la tipica chitarra acustica e voce ed il fatto che tutti e quattro siamo poli-strumentisti ì rende  poi più fluida questa fase. La seconda invece è diametralmente diversa, succede che su giri suonati e non arrangiati ci si faccia trasportare durante le sessioni in sala prove, capita così che l’istinto prevalga sulla ragione e, sperimentando suoni e sonorità nuove associate a frasi e testi scritti in nero su bianco e privi di una precedente melodia, nascano nuovi brani.

La scena musicale bresciana è sempre stata molto prolifica: come mai la vostra zona vanta una così vasta presenza di gruppi emergenti e locali in cui suonare dal vivo secondo voi? Questo fatto ha in qualche modo favorito la vostra “nascita artistica”?

Sicuramente dobbiamo molto a Brescia, negli anni ci ha aiutato a crescere anche quando non eravamo 4 teste nelle stessa band ma piuttosto 4 musicisti in diversi progetti.
Grazie a figure come Marco Obertini, Alberto Belgesto, Marco Caldera (per citarne solo tre) e locali/circoli culturali come Lio Bar, Latteria Artigianale Molloy, 24 e molti altri, Brescia negli anni è diventata una città come la avete definita voi molto prolifica. Band come The records, Low frequency Club, Moskow Raid, Oranges e MaryDolls o cantautori come Edipo hanno reso questa città una città che aveva e ha ancora molto da dire. Nonostante siano passati anni Brescia riesce sempre a dare i natali a nuovi progetti e nuove realtà…come dire, Stay tuned!

Parlando di live, nonostante vi siate formati nel 2010 avete già all’attivo molti concerti. Nei prossimi mesi avete in programma date o eventi?

Si, stiamo lavorando per riuscire a fissare più date possibili, a breve sui nostri canali web pubblicheremo le date in programma…il giudizio lo rimandiamo ai possibili ascoltatori nel frattempo ringrazio i lettori e la vostra disponibilità.

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Il loro primo album è intitolato “Copriti gli occhi”, ed è stato realizzato in collaborazione con Warner Music Italy: i Caponord però, hanno all’attivo anche una produzione indipendente, “Un film sul panico”, che nel 2011 li ha portati niente meno che sul palco di Mtv New Generation. Con oltre 50 mila visualizzazioni su youtube, il brano “Non sono matto” rappresenta perfettamente il loro modo di fare musica. Ecco cosa ci ha raccontato la band che in questi ultimi mesi sta raccogliendo consensi e soddisfazioni.

Spiegatemi com’è nato il vostro album “Copriti gli occhi”, e come siete arrivati al risultato finale.

“Copriti Gli Occhi” è il frutto di un lavoro molto lungo, avevamo a disposizione più di 50 brani e sono stati scelti quelli più rappresentativi. E’ la fotografia di un nostro periodo, del lavoro con un produttore, Stefano Clessi, che ci ha aiutati a trovare un suono molto personale. Mesi in sala prove su una canzone fino a trovarne il giusto equilibrio.

A quale dei brani contenuti nel disco siete maggiormente legati e perché?

I nostri brani preferiti cambiano continuamente, in questo momento ti posso dire “Vienna”perché ogni volta che la suoniamo dal vivo ci rendiamo conto della sua carica emotiva. Ma anche “La Vergogna” che è il pezzo che chiude i live e che potremmo suonare all’infinito.

Brit-pop e rock sembrano essere le maggiori ispirazioni per la vostra produzione artistica, è così? Mi fate qualche esempio?

In realtà ascoltiamo moltissima musica diversa, la nostra impronta sicuramente è il rock inglese, quello dei primi Verve, o degli Suede, adoriamo gli Elbow e abbiamo vissuto anni con i dischi dei Travis. Però per la musica ci sono solo due categorie: quella bella e quella brutta. Ascoltiamo anche del rap, da Nas a Notorius Big, tutto quello che ci emoziona.

Lavorare con una major ha cambiato in qualche modo il vostro metodo creativo rispetto agli esordi?

Lavorare con una major ci ha permesso di registrare in studi bellissimi e di poter allargare il nostro pubblico. Siamo grati alla Warner perché non è intervenuta sul progetto artistico, si è fidata di noi. Era una caratteristica fondamentale per poter lavorare al meglio.

Nel 2011 siete arrivati anche ad Mtv New Generation, come avete vissuto questo traguardo?

Mtv New Generation è stato un progetto molto importante. Ha dato voce a molte realtà interessanti del panorama Italiano, vedi Erica Mou oppure Andrea Nardinocchi. Avere il video in alta rotazione e salire sul palco di Torino per gli Mtv Days è stato bellissimo, ora a Mtv ci sentiamo a casa, credo siano da sempre un punto di riferimento per la nuova musica Italiana.

Questo 2013 vi sta portando in giro per l’Italia e tra una paio di settimane (il 22 marzo) vi esibirete nella vostra città, Crema. Poi il tour proseguirà o avete altri progetti?

Siamo in tour da un paio di mesi ormai, dopo la data di Crema avremo ancora un paio di date e poi si ripartirà per l’estate. Il live è molto importante, ti permette di crescere e di guardare negli occhi delle persone il vero effetto dei tuoi brani. Vedere la gente cantare le tue canzoni ti fa sentire più vivo. Quella è la musica.

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Alberto Laurenti, musicista che fa parte di due formazioni – Rumba de Mar e Ensamble Ethnique – è un autore con all’attivo oltre un milione di copie vendute nel mondo e ha lavorato con artisti stimati del calibro di Tiromancino, Renato Zero e Franco Califano. La sua produzione artistica passa sia per la world music che per sonorità dai tratti balcanici. In questa breve intervista ci ha raccontato il suo nuovo album intitolato “Al crocevia della musica”, parlandoci di tutti i suoi progetti attuali e futuri.

 1) Potresti raccontare brevemente il tuo nuovo album “Al crocevia della musica”? Stile, caratteristiche e brani ai quali sei maggiormente legato.

Questo album rappresenta in pieno l’esperienza live e di vita di tutti i componenti dei Rumba de Mar. Un vero biglietti da visita per conoscere il nostro DNA musicale.

2)Come ti sei avvicinato alle sonorità balcaniche e gitane?

La Rumba gitana esiste dall’India alla Spagna, passando per i Balcani e la Francia. Cambiando nome, passa dalla Turchia per risalire dal Marocco verso l’Andalusia passando dal Magreb. Amare la Rumba vuol dire dimenticarsi i confini geografici. Ma ricordare anche che ogni terra lascia qualcosa a questo tipo di musica.

3)Hai collaborato con molti artisiti, ad esempio Califano, Tiromancino e R. Zero. Come ti sei trovato a lavorare con loro? C’è qualcuno in particolare con cui ti piacerebbe collaborare in un prossimo futuro?

Ho scelto di lavorare con questi artisti perché li adoro,sono diversi e trasversali…. Artisti veri. L’unico rimpianto è non poter “scegliere” più di suonare e di scrivere per Gabriella Ferri…. Il vuoto che ha lasciato è incolmabile.

4)Fai parte di ben due progetti musicali: i Rumba de Mar e l’Ensamble Ethnique. Puoi raccontarci un po’ di entrambi, magari delineandone anche differenze o similitudini se ci sono?

Bella domanda!!!! Ensemble Ethnique è chillout di qualità su brani strumentali inediti… Rumba de Mar è stato fino a questo Album una rilettura costante e etnica di brani di tutte le epoche e nazionalità. Forse, dal Crocevia della Musica in poi, abbiamo trovato la chiave per unire i due mondi.

 

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Hanno appena pubblicato il loro EP d’esordio “Fa che sia tutto diverso” in collaborazione con i Velvet. Ora la band si prepara a ritornare ad esibirsi dal vivo a partire da settembre. Ecco cosa ci hanno raccontato gli Astenia.

Da qualche mese è uscito il vostro EP d’esordio “Fa che sia tutto diverso”, ci raccontate brevemente di che tipo di lavoro si tratta?
Il lavoro é prevalentemente basato su ciò che é stato prodotto in studio nell’ultimo anno e mezzo: é stato un cammino lungo che ci ha visto cambiare molto, artisticamente ed umanamente parlando. Volevamo avere un riscontro dal pubblico e abbiamo pensato alla formula dell’ep.

Il disco è co-prodotto dai Velvet, in che modo hanno influito sulla lavorazione del disco e quindi sul risultato finale?
In modo determinante. Tutte le nostre idee passano attraverso di loro ma non ci impongono mai nessuna scelta. Il loro é un “percorso” creativo che ci spinge a dare sempre il meglio ed il risultato di tutto ciò si avverte chiaramente nella nostra musica.

 Il vostro è un lavoro principalmente pop, quali sono gli artisti che hanno maggiormente influenzato il vostro lavoro? Che musica ascoltate di solito?
Sicuramente gli Snow Patrol ed i Coldplay, per citarne due degli ultimi anni. Poi amiamo il brit anni novanta dei fratelli Gallagher ma anche diverse cose che provengono dagli USA. Siamo molto eterogenei nei nostri gusti musicali.

 Avete iniziato il vostro percorso musicale da qualche anno, qual è la parte che preferite del vostro “lavoro”?
 Preferiamo il momento in cui portiamo le nostre idee e ci confrontiamo in studio con Pier, Ale, Poffy e Gianka. La parte più stimolante è sicuramente quella della produzione.

Recentemente siete stati scelti per il palco del Sisley Indipendent Tour tra numerose band e avete aperto i concerti di tantissimi artisti. Anche in queste settimane state proseguendo l’attività live? Prossime date?
Lo scorso 14 Fabio e Federico (che ci affianca nei live) hanno accompagnato i Velvet in un live semi acustico a Cagliari: rispettivamente alla chitarra e alle tastiere. Per il resto in agosto ci siamo presi una piccola pausa, stiamo già creando altri brani e vogliamo essere pronti per la nuova stagione live che ripartirà da settembre. Vi aspettiamo!

Photo credit: Matteo Casilli

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Il suo singolo “Che Fico” è la rivisitazione in chiave elettro-dance del brano portato al successo nel 1982 da Pippo Franco e sta spopolando in radio e su youtube. Fabio Milella, artista barese che a fine giugno ha pubblicato l’album “ElettOttanta”, ci racconta le fasi di realizzazione del suo disco, che si presenta come un vero e proprio tuffo negli anni ’80: ecco l’intervista.

1) Lo scorso giugno è uscito il tuo disco “Elettrottanta”. Potresti spiegare brevemente di cosa si tratta per chi non l’ha ancora ascoltato?

Elettr0ttanta è un disco divertente, ballabile e sanamente frivolo, tanto quanto gli anni ’80. Riflette la meravigliosa luce di quegli anni con l’aggiunta del grande entusiasmo che ci abbiamo messo per produrlo. In questi tempi di crisi e di grattacapi, ci sembrava opportuno portare avanti un progetto così leggero ed estivo

2) Come scegli e crei i brani che poi incidi?

I brani li abbiamo scelti in base alla loro carica e la loro energia. Non abbiamo voluto stravolgerli appositamente, l’uso del Moog Prodigy e dei Vocoder hanno dato lo stampo, il resto sono tutti suoni modernissimi, curati nei minimi particolari dal nostro grande Paolo Castrini.
I brani li scelgo con la mia squadra. Faccio tutto con loro. L’idea che mi piace della musica è la condivisione con tutto il mio gruppo Elettr0ttanta, ad iniziare dal gran capo e responsabile del progetto, Riccardo Vitanza, al mio produttore artistico Fausto Dasè, fino ad arrivare a tutti gli altri componenti dello staff. Una volta finito il lavoro ce lo godiamo nei live con il nostro meraviglioso pubblico.

3) Che musica ascolti in questo periodo? C’è qualcuno che ha influenzato più di altri il tuo lavoro creativo?

Ascolto molto la radio, anche per capire le tendenze del momento. A me piace ascoltare tutti e nessuno  in particolare. Mi piace ascoltare pezzi nuovi che non conosco. Per quanto riguarda il mio lavoro discografico, l’unica ispirazione che abbiamo avuto sono stati gli stessi anni ’80: che magia!

4) Da dove è nata la scelta di rivisitare in chiave elettronica proprio il brano “Che Fico”?

Io e Riccardo tornavamo da una vacanza in Africa e all’aeroporto di Nairobi, gli ho proposto il brano “Che fico” di Pippo Franco da inserire nel nuovo disco che volevamo produrre. Inizialmente mi ha guardato con un’aria un po’ perplessa, un secondo dopo ci si è aperto un mondo…fico no?

5) Hai in programma date live o altri progetti per queste prossime settimane estive?

Sto facendo tanti live in piazza, mi stanno chiamando ovunque. Ricordo con piacere la Notte Bianca a Bari che è la mia città natale e poi tante altre date nella mia amata Puglia.
Una delle ultime è stata due domeniche fa a Barletta, la piazza era in visibilio, il pubblico mi da la forza di continuare e spingere sempre più forte, sono loro che mi sostengono sempre e che danno un senso a tutto quello che faccio.
Sabato scorso sono stato a Molfetta e domenica a Lecce per aprire il Ciccio Riccio Tour, poi in giro tra le Marche, il Lazio, la Campania e la Puglia. A settembre parteciperò ad un grosso evento che si terrà a Vieste.

 

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In Montreal sono una band romana che in pochi anni – a partire dal 2008 – ha saputo ritagliarsi uno spazio tra i numerosi gruppi che popolano il panorama indie nostrano.
A dicembre 2011 c’è stato un fortunato incontro con i Velvet, che pochi mesi dopo, nel corso di quest’anno, hanno anche prodotto il loro EP d’esordio intitolato “Situazioni Momentanee Di Panico”. Leggete cosa ci hanno raccontato i ragazzi durante questa intervista:

1) Potete raccontarci brevemente come è nato il vostro EP, uscito lo scorso 6 luglio?

Abbiamo concepito “Situazioni Momentanee di Panico”, il nostro EP d’esordio, come un biglietto da visita, per presentarci con un lavoro di qualità. Ispirandoci sia ad artisti internazionali come Klaxons e Kasabian sia ad italiani come i Subsonica. Abbiamo però voluto provare a delineare un sound che risentisse il più possibile delle nostre passioni musicali, dando vita a un paesaggio sonoro che ci rappresentasse nel modo in cui volevamo.

2) I Velvet hanno curato la produzione artistica di “Situazioni Momentanee di Panico”. Quanto hanno influito sul risultato finale del disco?

L’incontro con i Velvet è stato decisivo. Ci hanno aiutato a dare maggiore profondità e un respiro più ampio ai brani, in un gioco di suggestioni reciproche fra noi e loro che ha caratterizzato il lavoro sui pezzi. A livello di esperienza sia in studio sia per quanto riguarda l’atteggiamento e la professionalità, è stata un’opportunità fondamentale per noi poter cercare la giusta chiave per le nostre canzoni insieme a loro.

3) Avete ottenuto molti riconoscimenti in questi primi anni di carriera. Cosa secondo voi ha contribuito a farvi emergere tra i numerosi gruppi  indie-rock italiani?

Ti ringraziamo per i complimenti! Di strada da fare ne abbiamo ancora tanta, quello che ci ha contraddistinto finora è la voglia di provare a ritagliarci un nostro spazio in un panorama in continua evoluzione come quello della musica “indie” italiana, con ottimi artisti che escono fuori anche dalla scena romana.

4) Qual è la soddisfazione più grande che avete avuto fino ad ora? E quali traguardi sperate di raggiungere nei prossimi anni?

Ci sono state diverse serate importanti nel corso della nostra avventura e alcuni momenti che ci hanno emozionato, ora, però, vogliamo cercare di raggiungere più gente possibile con la nostra musica, senza dovere, per questo, snaturare la nostra personalità artistica. Un sogno? Suonare, prima o poi, allo stadio Olimpico!

5) Per le prossime settimane estive avete in programma date in giro per l’Italia?

Al momento abbiamo scelto di concentrarci sulla scrittura di nuovi brani, per approfondire il discorso di cui il nostro EP d’esordio rappresenta per ora l’introduzione. Da settembre in poi riprenderemo l’attività live, ma nelle prossime settimane continuerà, comunque, la promozione sui vari media di “Situazioni Momentanee di Panico”. Il consiglio è uno solo: ASCOLTATELO!

 

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Andrea Romano è cantautore e pittore bresciano che si sta facendo strada nel panorama cantautorale nostrano. Ex pilota di rally e imprenditore, ha deciso in età ‘matura’ di accostarsi anche all’arte musicale e compositiva. Dopo “Specchio blu” del 2009 e “Quante stelle sotto un cielo” del 2011, quest’anno uscirà il suo terzo lavoro discografico intitolato “Disco bianco e disco nero”, che ci ha raccontato rilasciando una breve intervista.

1) Sulla tua biografia c’è scritto che il tuo incontro con la musica è avvenuto in età matura e in maniera quasi casuale, potresti brevemente spiegarmi come?

Stavo frequentando corsi teatrali e continuavo a sperimentare nuove tecniche di pittura digitale. Era il 2003. Un giorno sono entrato in un negozio di strumenti musicali e mi sono seduto di fronte ad un pianoforte… è stata una delle emozioni più forti della mia vita. Non era ovviamente la prima volta che vedevo un pianoforte ma, quella volta, è stato come se fosse la prima. Mi ricordo che mi sono chiesto fortemente perché io non sapessi suonare un oggetto che mi pareva così amico e bellissimo. Ho deciso di comprarne uno per costringermi, in seguito, a non darmi del fesso se non avessi imparato a suonarlo. E così è stato. Da allora non è passato giorno senza che io non lo abbia “frequentato”. Dopo circa un anno ho composto il mio primo brano (Specchio nel blu) e da allora non ho più smesso. Vivo un po’ con il terrore di sedermi a scrivere perché ogni volta che mi lascio libero di improvvisare nasce un pezzo. E quando scrivi una canzone sai che sentirai il desiderio di pubblicarla in un album e, se ne scrivi una al giorno, sai che non avrai tutto questo tempo e queste risorse e che quindi qualche “figlia” dovrà restare chiusa in un cassetto.

2) Tu sei anche un pittore: questo tipo di arte e la tua musica sono in qualche modo collegate? Se si in che modo?

Sono collegatissime come qualunque forma espressiva, che sia arte o no. Tutto è comunicazione e lo strumento formale usato conta relativamente. L’arte è porre un’idea in una forma, così come fa la natura. Tutto qua. La musica è molto più formale di quel che sembra. E’ matematica, equilibrio e geometria come lo è la pittura, il teatro e la scultura. Anche il “parlar bene”, facendosi comprendere è una forma d’arte. Fare bene il pane, crescere dei figli, tenere vivo un rapporto… tutto è arte. Nella musica la tela rappresenta la parte armonica e la melodia invece è la parte formale (la macchia o l’oggetto)

3) E’ in uscita l’album “Disco bianco e disco nero”. Si tratta di un doppio disco con 6 brani + 6 brani? Potresti raccontarmi come è nato e come mai hai deciso di strutturarlo in questo modo?

Abbiamo deciso di dividerlo radicalmente per meglio rappresentare i due filoni di pensiero: il primo ironico e di commento allo stato attuale della società, il secondo più intimistico. Due mondi comunque non separati perché il primo accende i pensieri del secondo e viceversa.

4) In cosa si discosterà rispetto ai tuoi precedenti lavori?

Una leggerezza più marcata in certe parti ed una attenzione maggiore alla parte compositiva musicale. Ho lavorato con grandissimi musicisti e bravissimi arrangiatori (Umberto Iervolino, Cristian Piccinelli e Michele Bonivento).

5) Che tipo di musica ascolti?

Cantautorale in genere. Mi piace la musica italiana e lo swing anni 50. Ascolto comunque con attenzione un po’ di tutto. Ultimamente mi piace il rock. I miei preferiti restano: Lucio Battisti, Ivano Fossati, Vinicio Capossela e Jamie Cullum.

6) Suonerai nella tua città e/o in giro per l’Italia prossimamente?

Abbiamo suonato quanto basta ultimamente. Le prossime date a settembre in occasione della presentazione del film che ho scritto ed interpretato proprio in questi giorni accanto a bravissimi attori. S’intitola “Travolti da un solido destino” ed è un film fondamentalmente comico con spunti di riflessione (così almeno speriamo sia…).