Dear Jack, intervista: vi raccontiamo il “Nostro Film”

Dear Jack, intervista: vi raccontiamo il “Nostro Film”

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Dear Jack: alzi la mano chi aveva sentito questo nome un anno fa. La band era sul mercato dal 2012, ma per i ragazzi di Tarquinia la vita era quella di un gruppo di provincia, sempre alla ricerca di un ingaggio, di un’opportunità per farsi conoscere. Un bel giorno arriva la proposta a cui non rinunciare. Maria De Filippi cerca un gruppo per il suo talent Amici. Da quella trasmissione sono usciti tanti affermati cantanti e allora perché non provare? La strada è lunga, irta di problemi, compresa la necessità di rivedere la formazione originale. I fondatori Alessio Bernabei e Francesco Pierozzi, cercano nuovi musicisti e in qualche modo rinnegano il loro passato rock: il mercato cerca un gruppo pop. Arrivano Lorenzo Cantarini, Alessandro Presti e Riccardo Ruiu e la formazione è completa. L’avventura ad Amici si chiude con un secondo posto, ma anche il premio della critica che frutta 50 mila euro. Da quel momento inizia un qualcosa di inaspettato. I Dear Jack diventano un fenomeno dell’estate. Il loro album Domani è un altro film va a ruba, i Modà li invitano ad aprire il loro tour negli stadi. Con l’autunno arriva addirittura una lunghissima serie di date nei palazzetti, che raccoglie tanti sold out. Un sogno incredibile che proseguirà ancora. Ma cosa si nasconde dietro gli occhi scanzonati di questi cinque ragazzi? Abbiamo cercato di scoprirlo con questa intervista realizzata con il batterista Riccardo Ruiu.

Miracolo, investimento, fortuna, bravura: quale di questi sostantivi si addice di più ai Dear Jack?

Ne scelgo due: bravura e fortuna. Nel primo caso credo possiamo essere considerati dei buoni musicisti. Fortuna perché si sono concretizzate delle circostanze, in successione che si hanno portato al successo. Proprio recentemente, parlando tra di noi, abbiamo ripercorso il nostro periodo di Amici e ci siamo chiesti: ma vi immaginate se non avessimo fatto quell’esame o non fossimo arrivati in finale? C’è stata una fortunata concatenazione di avvenimenti che ci ha permesso di arrivare fino a qui. Ma la fortuna è stata anche quella di trovare persone decise ad investire nella musica. Posso garantire che di questi tempi non è per niente facile.

Chi erano i Dear Jack prima dello scorso novembre e quando è arrivata la decisione di entrare nella band, visto che tu sei entrato da poco tempo?

Sono entrato poco prima del programma e sono stato chiamato perché Alessio aveva bisogno di nuovi musicisti, per poter sostituire alcuni membri che avevano problemi tecnici e caratteriali. Mio padre mi ha quasi obbligato ad accettare la proposta, perché non ne volevo sapere. Non sapevo nulla di Maria De Filippi e nemmeno dei talent show e alle prime due telefonate mi sono rifiutato, poi mio padre mi ha fatto capire che sarebbe stato un delitto rinunciare all’occasione della vita e quindi ho accettato.

La “fabbrica di cantanti” di Maria è stata l’unica strada intrapresa verso il successo?

In realtà è successo tutto per caso. Alessio non aveva mai pensato ad un talent. Poi è arrivato un musicista di Tarquinia, che fa di cognome Capitani, che ha paventato la possibilità di inserire per la prima volta una band ad Amici. La band fino a quel momento si esibiva in piccoli locali, partecipava a contest, senza riuscire a decollare, così ha raccolto la sfida. L’idea era quella di portare la musica dei Dear Jack prima maniera. Poi gli eventi hanno fatto in modo che si passasse al pop. Io avevo visto molti vecchi video e il pensiero di suonare quel tipo di repertorio non mi dispiaceva. Quando è arrivato il cambiamento, mi sono sentito spiazzato, ma alla fine mi sono adeguato.

Che tipo di musica suonavi?

Fino allo scorso anno suonavo metal, ma oggi posso dire che l’esperienza è interessante. Rispetto a qualche mese fa ho la mente molto più aperta. Ascolto la radio in macchina e apprezzo artisti che mai avrei ascoltato prima, tipo Francesco Renga o Alessandra Amoroso.

L’avventura in televisione si chiude con un secondo posto, il premio della critica e 50 mila euro di premio. Di qui inizia un’estate folle: Olimpico, San Siro, palchi prestigiosi, 100 mila dischi venduti. E’ davvero il frutto del caso o era già in piedi un progetto?

Non c’era alcun progetto di partenza. Anzi, ogni settimana ci imponevamo un momento di confronto per fare il punto della situazione. Quando è uscito l’album e il primo singolo ci siamo trovati all’interno di un’esplosione mediatica pazzesca e avevamo grande difficoltà a mantenere una linea ottimale, sia nei confronti dei fan, che del web. Per tutta l’estate abbiamo girato, abbiamo partecipato a festival, a presentazioni e davvero non ci siamo mai resi conto di cosa ci stesse succedendo. Ci siamo trovati al punto di avere difficoltà anche solo per una chiacchierata tra amici.

Non vi manca un po’ il contatto con il pubblico (e magari non vi opprime il cordone dei bodygard che probabilmente vi separa dai fan, quello che per intenderci hanno i cantanti che arrivano all’apice per gradi, crescendo con i propri beniamini?

Io sono il più anziano e da quando suono posso dire di aver fatto gavetta e di aver avuto sempre un contatto ravvicinato con il pubblico. Poi tutto è sparito. Tanto per fare un esempio, la scorsa settimana ho fatto una master class di batteria, e la vicinanza con la gente mi ha davvero commosso ed emozionato. Ci manca la possibilità di guardare la gente negli occhi. Nei palazzetti è tutto complicato a causa delle luci e della distanza.

Tra i vostri pigmalioni c’è Kekko Silvestre. Vi ha dato qualche consiglio prima di salire sul palco dell’Olimpico?

Il giorno antecedente il concerto ha voluto ascoltare tutte le nostre prove, ci ha dato una mano con i suoni. Un paio d’ore prima dello show ci ha dato consigli, su come comportarsi e come affrontare psicologicamente il palco. Per noi l’attesa nel backstage è stata devastante, perché avevamo una tensione pazzesca. Se poi aggiungiamo che il nostro intro era un cont down, lascio immaginare cosa frullasse nei nostri cervelli. Kekko ci ha aiutato a gestire la cosa e ci è riuscito alla grande. Così come ci ha aiutato la grande scuola di Amici, che ci ha regalato molta sicurezza: una cosa di certo non scontata per ragazzi che hanno dai 22 ai 26 anni.

Completate le date del tour inizierà la vostra carriera di musicisti affermati: qual è la vostra preoccupazione più grande?

Ci abbiamo pensato molto. La preoccupazione è quella che tutto possa finire. In queste ultime due settimane abbiamo registrato il nuovo disco e posso dire che c’è una maggiore consapevolezza, una crescita ed una maturazione notevole, che ci rende ottimisti. Speriamo che questo lavoro sia accolto bene dal nostro pubblico. La gente è volubile e quindi è tutto da vedere. Dal nostro punto di vista crediamo sia un prodotto forte.

Vedremo i Dear Jack più rock e meno pop?

Diciamo che ci saranno delle novità, questo è sicuro. Anche i testi saranno diversi. Il disco sarà arrangiato in modo più professionale e più maturo, senza perdere di vista la spensieratezza.

I brani saranno vostri o avrete qualche aiuto esterno?

La maggior parte del pezzi è nostra, anche se avremo aiuti esterni. Le collaborazioni sono state indispensabili per completare un lavoro così complesso, anche alla luce del poco tempo che avevamo a disposizione. Uno dei brani è scritto proprio da Kekko e di questo lo ringraziamo

Rumors vi indicano tra i partecipanti a Sanremo 2015: cosa ci dite in proposito?

Sanremo è nei nostri sogni e nei nostri progetti. Se la commissione apprezzerà il nostro pezzo, ci andremo ben volentieri.

 

Intervista a cura di Vincenzo Nicolello

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