Siren festival 2017: report di un weekend da incorniciare

Siren festival 2017: report di un weekend da incorniciare

Credits Giulia Razzauti Photography

Vasto è il piccolo borgo abruzzese, in provincia di Chieti, cornice di 4 giorni di musica, mare, buon cibo e ottima atmosfera: una bomboniera in mattoni e mosaici che con i suoi giardini lussureggianti, le sue ampie terrazze e le sue piccole vie labirintiche si affaccia sul Mare Adriatico.
Simbolo della città è la “Sirenetta” che erge su uno scoglio della morbida spiaggia sabbiosa di Vasto Marina – la statua di bronzo alta 3 metri realizzata nel 1979 dallo scultore Aldo D’Adamo raffigurante una bagnante. Da qui il nome del Siren festival.

Imprescindibile raccontare l’esperienza del festival senza la sua cornice e i suoi sapori, perché se c’è un’altra nota fondamentale da segnalare di questo territorio è la sua tradizione culinaria: dalla frittura di calamari agli arrosticini di pecora, tutte le ricette tipiche mirano a valorizzare la qualità e l’esclusività del prodotto primo a chilometro zero.

Con queste premesse ora è possibile immergerci nel mondo del Siren festival 2017, arrivato quest’anno alla sua quarta edizione: ben 50 concerti dislocati su 6 diversi palchi o location da giovedì 27 a domenica 30 luglio.
Le serate principali, più ricche e con più affluenza di pubblico, sono state quelle di venerdì e sabato.

Ad inaugurare la serata di venerdì 28 è stata la cantante e compositrice norvegiese Jenny Hval, che sullo sfondo di un romantico tramonto ha cantato del suo crudo, provocatorio e disilluso mondo femminile.
Dopo di lei, sullo stesso grande palco padrone di Piazza del Popolo, la piazza principale della città nonché terrazza di punta del belvedere vastese, è salito il giovane rapper Ghali, una delle voci più affermate dell’ormai radicata scena trap italiana. Un pubblico per lo più giovane, pronto ad accompagnare il rapper nei suoi ritornelli e a prendere la serata con la stessa sciallatezza che ha Ghali sul palco.

Nel frattempo all’interno dello Jager music stage del cortile D’Avalos suonano i losangelini Allah-Las seguiti dal veterano della musica elettronica Richard Kirk della storica band britannica Cabaret Voltaire che ripropone le tappe della carriera artistica del gruppo che fondò nel 1973: non solo suoni industrial e ventate di funk synth, che fecero dei Cabaret Voltaire uno dei gruppi più all’avanguardia di quel decennio, ma anche remix di pezzi elettronici a noi più vicini.

I più attesi della serata sono i Baustelle, che in occasione della pubblicazione del loro settimo album in studio L’amore e la violenza hanno intrapreso un never-ending-tour per l’Italia che però sembra essere per loro solo linfa ed energia: la scaletta che propongono è pressoché la medesima, molte le canzoni del nuovo album e alcune dei precedenti, ma ogni live merita la propria sorpresa e venerdì sera il pubblico del Siren festival ha potuto assistere a una delle più belle cover della famosa ballata Henry Lee di Nick Cave, emblema delle canzoni di “amore & violenza”. Con grande affetto e soddisfazione i tre e la loro live band di dandy lasciano il proprio pubblico al gran finale della serata: il dj set del famoso producer berlinese Apparat, all’interno del suggestivo cortile D’Avalos che a fatica ospitava tutti i ballerini della notte.

La giornata di sabato è tutta un’altra storia e non basterebbero le mie parole per raccontare tutto quello è successo. Dai miniconcert sul prato dei giardini D’Avalos degustando ottimi vini alle epiche sudate sui ritmi tropicali di Populous davanti Porta San Pietro, passando per street art e trap israeliana di Noga Erez, tanto forte e politicizzata quanto esile è la sua figura. Ghostpoet che riempie l’aria della sua calda voce, lasciando fluire un groove a tratti irrequieto a tratti introspettivo.. Una serie di ricordi che scorrono davanti gli occhi come le polaroid di Carl Brave e Franco 126, anche loro tra i protagonisti di questa magica serata insieme ad Anders Trentemøller.  Ma è su quest’ultimo e la sua band che vorrei spendere due parole in più, perché personalità come la sua sono ormai davvero rare.

A mezzanotte inoltrata il producer danese sale sul main stage insieme a tre componenti di una band che sembrano essere il suo immancabile braccio destro. Se è vero che la presenza di due chitarre, una batteria e una potente voce femminile fanno non poca differenza da un usuale concerto di musica elettronica, anche è vero che è lo stesso Trentemøller a guidare con estrema armonia e passione tutti gli altri: lui è al centro della scena ma non vuole atteggiarsi al divo quale potrebbe permettersi di essere. Sul palco c’è rispetto, ammirazione reciproca, forse amicizia, insomma c’è sintonia e tanta tanta energia. Assistere da vicino a questo live è una gioia non solo per le orecchie ma anche per gli occhi e il cuore, e la musica che proviene da lì non è semplice allenamento di dita e corde vocali, ascoltandola si entra a contatto con il mondo interiore, le ricerche artistiche e personali di un uomo che per la musica vive. Inutile forse aggiungere che secondo me Trentemøller rappresenta uno dei rari casi in cui la folgorazione live è pari quanto la rivelazione che si ha ascoltando l’LP.

Con questo immenso regalo il Siren festival si appresta a concludere la serata con il dj set di due nomi per cui l’appassionato di clubbing non ha bisogno di presentazioni: lo storico discografico della Mute Records Daniel Miller e il beniamino di casa Mattia Dionati.

Concludendo potrei dire che basterebbe una sola di queste serate per convincersi che il Siren festival vale tutte le voci e le leggende che si raccontano su di esso e, non solo, che meriterebbe maggiore visibilità.
Ma quasi preferisco tenere queste voci tra i pochi intimi che già lo conoscono e sperare che rimanga quel territorio incontaminato e prolifero che si è dimostrato in questa edizione e scommetto anche nelle precedenti. Perché diciamolo: il Siren di Vasto è di quei festival che diventano l’appuntamento da segnare nell’agenda dell’anno successivo e di quelli che ti fanno pentire di aver mancato gli anni precedenti!

Credits Giulia Razzauti Photography

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