Elettronica

Tutto sulla musica elettronica: i concerti in Italia, le nuove uscite, gli album, i singoli e i video dei più importanti artisti italiani e internazionali.

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Il duo francese sarà all'Home Festival lo stesso giorno di Liam Gallagher

Sempre più internazionale l’Home Festival 2017: ai già annunciati Moderat e Liam Gallagher vanno ad aggiungersi, proprio lo stesso giorno dell’ex frontman degli Oasis, i Justice, duo electro proveniente da Parigi che può già vantarsi di aver fatto ballare con le proprie hit praticamente tutto il mondo.

Gaspard Augé, classe 1979 e Xavier de Rosnay, 1982, hanno conquistato la fama planetaria con il singolo We Are Your Friends, premiato come miglior video agli MTV Europe Awards nel 2006 a cui è seguito nel 2007 l’album di debutto Cross “†”, che grazie ai singoli D.A.N.C.E. e Phantom li ha consacrati nell’olimpo delle star mondiali. Nel 2009 vincono il Grammy Award come “Miglior Remix dell’Anno” con il remix di Electric Feel di MGMT e nel 2011 pubblicano il secondo album Audio, Video, Disco che spiazza per i suoi visionari incroci di stili. Lo scorso novembre, dopo cinque anni, arriva finalmente Woman, il terzo e attesissimo capitolo discografico dei cugini dei Daft Punk, meno cupo e più seducente, dalle sonorità retrò tra funky, disco e psichedelia anni Settanta, ma dall’inconfondibile “french-touch”.

L’ organizzazione dell’Home Festival afferma: “Stiamo chiudendo tutta la line up. Il prossimo annuncio, che conclude questa prima fase, è programmato ancora alle ore 12,venerdì 17 marzo ”.
Sold out della promozione “early bird” a 22 euro, che ha fatto registrare una impennata nelle richieste di biglietti da tutta Italia, adesso il biglietto costa 29 euro. Informazioni e modalità di acquisto nella sezione “ticket” di www.homefestival.eu.
Ad oggi gli headliner di HF17 sono: Moderat il 31 agosto, Liam Gallagher e Justice il 1° settembre.

 

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Ad aprile 2016 usciva l’album L’ultima festa di Marco Jacopo Bianchi, in arte Cosmo. A distanza di quasi un anno ci troviamo ad assistere alla penultima data di un tour devastante e delirante: il 23 febbraio Cosmo è sold out ai Magazzini Generali di Milano, una di quelle città che hanno probabilmente segnato il successo inesorabile di questo secondo album promotore di un genere che prima in Italia semplicemente non esisteva. Dal caloroso benvenuto nelle notti estive del Miami 2016, alla festa nei giardini del Politecnico ad ottobre, è passato per radio e diventato colonna sonora di cene a casa tra amici.

Ora che si avvicina per davvero l’ultima festa -l’ultima data sarà la sera dopo ad Ivrea, città d’origine e attuale del cantautore-, ci chiediamo: qual è lo stato d’animo prima e dopo quest’album che è insieme un evento e un racconto? Cosa è diventata L’ultima festa a distanza di un anno?

Il mood con il quale era stato creato l’album, si può intuirlo dal titolo e dal carattere nostalgico delle canzoni, era quello di chi è arrivato all’ultima spiaggia, all’ultimo briciolo di speranza per un sogno che era cominciato più di dieci anni prima con i Drink To Me. Ma c’è una forza in/visibile che non solo gli ha dato vita, ma l’ha portato avanti per un anno intero, ed è la voglia. La voglia di divertirsi, di sentirsi liberi e di sperimentare, la voglia di fare quel che più piace e come piace.

Tutto questo, in un live come quello milanese che sicuramente nulla toglie agli altri, passa sopra ai sentimentalismi e alle nostalgie e scansa ogni dubbio: lascia a casa i pensieri e muovi il sedere, balla! Grida! Salta! E’ così che Cosmo ci ha convinto e conquistato in quest’anno, tuffandosi a capofitto nel proprio sogno come su una folla sotto al palco, e si è lasciato trasportare fin dove il successo e il pubblico lo hanno portato.
C’è un pubblico affezionato ai ritornelli, agli abbracci e agli stage diving di Marco e i suoi compagni, ma c’è anche il pubblico che con con una cassa dritta di fronte durerebbe in piedi giorni interi. Cosmo lo sa e accontenta tutti, anzi è lui stesso diviso in queste due personalità, inguaribile “cazzone” dal cuore romantico. E non c’è niente di meglio che vedere un ragazzone di 35 anni appena compiuti che sa divertirsi con il proprio pubblico come farebbe con i suoi amici; che si lascia andare si, senza però mai perdere di vista il punto focale: essere se stessi, nella musica, nei testi, nel modo di scriverli e cantarli. Anche la scelta delle canzoni in scaletta da questo punto di vista è molto significativa. Perché se è vero che oggi siamo qui a festeggiare un successo arrivato splendidamente e inaspettatamente lo dobbiamo anche e soprattutto alle fatiche, alle illusioni, ai ricordi di una vita innocente e ai sogni annegati troppe volte nei drink.

La festa si conclude come chiudendo un cerchio, lì dove tutto è cominciato, con le prime canzoni scritte in italiano così, per gioco: Ho visto un dio, prima e Le cose più rare, poi nell’encore. E sarà sempre per gioco che poi forse un giorno ci rincontreremo.


SETLIST:
Cazzate
Dedica
Regata 70
Le voci
Dicembre
Esistere
Impossibile
L’altro mondo
Ho visto un dio
ENCORE
L’ultima festa
Disordine
Lunedì di festa
Le cose più rare

 

Il live è una produzionevia-audio

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Il 9 marzo l’Auditorium di Roma sarà la cornice ideale per ascoltare e incontrare dal vivo una delle star internazionali contemporanee più amate dalla critica, Dillon: la songwriter brasiliana di casa a Berlino, per un concerto unico di elettronica, strumenti acustici, accompagnata da un coro di sedici elementi femminili e dal compositore Tamer Fahri Özgönenc, collaboratore e co-produttore dei suoi primi due album.

Nata in Brasile, cresciuta in Germania, Dillon, torna in tour dopo due anni di silenzio discografico con Live At Haus Der Berliner Festpiele, pubblicato su BPitch Control, l’etichetta elettronica di Ellen Allien che ha sorpreso tutti scommettendo da subito su una cantante.

Un modo di cantare in biblico, rassicurante eppure spiazzante. Musica pop, infondo, ma con un’intensità che richiede attenzione e impegno emotivo. Insomma, Dillon è un’artista semplice in apparenza, ma che non si ascolta distrattamente, facendo altro.

“Sentivo l’esigenza di lavorare con le voci e di creare un livello aggiuntivo che soffiasse in questo spazio tra la musica elettronica e me” dichiara Dillon parlando del tour e della presenza del coro. “Ero molto attratta da questa idea, così Tamer e io abbiamo scritto e arrangiato le parti per il coro”.

“Quando ho iniziato a scrivere il mio nuovo album, The Unknown, sapevo già che sarebbe stato una continuazione di This Silence Kills in termini sia di musica che di contenuto. Ora i due album sono stati rilanciati insieme, sia sul mercato discografico che nei concerti dal vivo. Per me, questo album potrebbe essere chiamato This Silence Kills The Unknown“.

Un film del concerto alla Hause der Beliner Festpiele è stato messo in vendita assieme all’album dal vivo. E nel 2017 arriverà un terzo album in studio, questa volta completamente separato dai lavori precedenti, che la stessa Dillon descrive come un “album d’amore”.

9 Marzo, ore 21.00 Auditorium Parco della Musica. Largo Pietro De Coubertin (Roma)

Biglietto 20€ +d.p. Prevendite su Booking.Viteculture.com e Ticketone.

Il mercoledì elettronico sotto il tendone del Magnolia si apre puntuale con il set di L I M. I presenti sono ancora pochi, chi ha pensato di arrivare giusto in tempo per il live principale, ha decisamente commesso un errore.
L I M è il progetto solista di Sofia Gallotti, altra metà del duo milanese Iori’s Eyes, e il suo EP di debutto Comet (uscito per La Tempesta International) è un piccolo gioiello. Un’elettronica colma di grazia, la sua, nella quale si mescolano intimità e freddezza, buio e luce.
Sul palco Sofia è una statuetta di porcellana o, se si preferisce, una creatura aliena. La sua voce fluida riempie l’aria e traccia il solco in cui vanno ad inserirsi suoni che oscillano, synth avvolgenti e beat suggestivi. Un’estetica sonora curata nei minimi dettagli che sul palco si anima, arricchita da una presenza discreta e allo steso tempo catalizzante.
Il live di L I M è breve ma intenso e spiana nella maniera migliore la strada a quello successivo che si inserisce in piena soluzione di continuità nel mood della serata.

William Doyle, meglio conosciuto come East India Youth, fa il suo ingresso in scena. Inglese, classe ’91, il ragazzo è un piccolo prodigio e lo si capisce vedendolo esibirsi. Outfit da cerimonia e basso in mano, a voler ben guardare potrebbe dare segni di schizofrenia e invece no perché sa unire anime diverse in maniera perfetta.
La sua è una musica contaminata, in cui generi differenti vengono manipolati con maestria. Dal synt-pop alla psichedelia, con ripetute incursioni che arrivano dritte dai gloriosi anni Ottanta e iniziano ad introdurre il cambio di atmosfera e far muovere i fianchi. Il set di Doyle ha di certo saputo accendere in chi non lo conosceva una certa curiosità e si è meritato una menzione speciale.

L’ora e giunta e SOHN è pronto a rapire la sala che nel frattempo si è riempita. Nel pubblico si sorgono volti noti di colleghi musicisti mentre i fan più accaniti zittiscono chi è ancora dedito al cazzeggio. SOHN rientra nella cerchia dei personaggi che ci si sceglie con cura: noto ma non troppo, di facile ascolto ma non solo, incasellabile ma non sempre.
Christopher Michael Taylor nasce a Londra e poi si sposta saggiamente nella decisamente meno musicalmente sovraffollata Vienna per studiarne la scena elettronica e mettere le radici del suo progetto musicale. Ora di base a Los Angeles, SOHN presenta il nuovo lavoro Rennen, uscito a gennaio per la 4AD a tre anni di distanza dell’osannato esordio Tremors.
Quello che offre sul palco è uno spettacolo vero e proprio in cui splendidi giochi di luce costituiscono il valore aggiunto senza il quale lo show non sarebbe lo stesso. Ciò che più colpisce è la perfezione tecnica: una voce impeccabile e un’eleganza totale (che va ben oltre lo stilosissimo cappello nero).
La scaletta mischia brani dei due lavori e mostra come l’evidente tocco pop riesca a non sfociare mai nel mainstream. Ci si muove e si balla ma l’effetto clubbing non arriva mai e il tipo di ascolto del pubblico rimane in qualche modo anche cerebrale.
Tra echi di trip hop e downtempo, il live scorre intenso e si passa da pezzi come The Wheel e Artifice all’incanto intimista di Signal e Tempest con totale nonchalance. Hard Liquor è la chiusura perfetta di un live che lascia ancora la voglia, e infatti si riprende dopo una standing ovation con il bis: Conrad è il finale definitivo. Una serata perfetta: tre artisti, tre facce dell’elettronica migliore, un concerto a cui ripensare.


SETLIST

Tempest

The Chase

Proof

Signal

Bloodflows

Dead Wrong

The Wheel

Artifice

Paralysed

Harbour

Falling

Lessons

Hard Liquor

 

Rennen

Tremors

Conrad

È una festa di compleanno di tutto rispetto quella che Brian Molko e compagni hanno organizzato per il ventesimo concerto del tour che celebra i loro vent’anni di carriera. E se è il pubblico a cantare in coro “Happy Birthday” come nella più classica delle festicciole casalinghe sono invece i Placebo a fare a Milano e ai fan presenti il regalo più bello: live tiratissimo, Brian Molko e band in gran forma, scaletta che non dimentica nessuno dei grandi successi della band.

Molko in più di un’occasione aveva espresso quello che spesso è un sentimento comune per le band più longeve: una sorta di disamore nei confronti dei più grandi successi commerciali di Placebo. Ma in questo tour celebrativo, aveva assicurato il cantante, ci sarebbe stato spazio per tutti i loro cavalli di battaglia. E così è stato.

Il concerto si apre con i maxi schermi che trasmettono un omaggio a Leonard Cohen, recentemente scomparso. Dopo l’applauso che il pubblico gli dedica parte invece un video che celebra la storia della band con frammenti dei loro videoclip e riprese di backstage. Quando la band arriva sul palco e attacca con “Pure Morning” il pubblico esplode in un boato.

Molko si dismostra subito in ottima forma e non disdegna di prendersi delle pause tra una canzone e l’altra per parlare degli argomenti più diversi: dalla superluna di questi giorni alle catastrofi ambientali imminenti, fino al suo commento in merito al fatto che in molti, tra il pubblico, hanno il cellulare alzato.

“Ladies and gentlemen and everyone in between” dice rivolgendosi al pubblico “Molti di voi oggi hanno scelto di guardare il concerto attraverso una piccola gabbia: un piccolo schermo, che vi fornisce un simulacro inferiore del momento. E questa è una vostra scelta, non possiamo fermarvi. Fatelo pure: perdetevi tutto il concerto, filmatelo, portatevelo a casa, riguardatevelo e si sentirà e si vedrà di merda”.

Dopo l’invettiva e la presentazione della band, si ricomincia con “Too Many Friends“, seguita da una infilata di canzoni che scorre via veloce fino a “Without You I’m Nothing“, in cui sui maxi schermi compaiono immagini di David Bowie e di momenti insieme a Brian Molko. “Grazie David”, lo saluta Molko. Il pubblico tributa un grande, lungo applauso al Duca Bianco. È uno dei momenti più intensi della serata. Figlio di un banchiere, cresciuto a Lussemburgo in importanti scuole private, Molko ha più volte dichiarato il suo debito con Bowie: “Mi ha salvato la vita, avrei fatto qualsiasi cosa per non finire dietro una scrivania in banca”.

Dopo “Lady Of The Flowers” Brian dichiara apertamente la fine di quella che lui definisce “The melancholic section of our show”. E infatti si riprende con un picco di adrenalina che prevede in veloce successione “For What It’s Worth“, “Slave To The Wage“, “Special K“, “Song To Say Goodbye” e “The Bitter End“.

Il rito dei bis prevede “Teenage Angst“, “Nancy Boy” e “Infra-Red” e si chiude con “Runnin Up That Hill“. Sugli schermi, un pacchetto di sigarette con il volto di Donald Trump e la scritta  “Nuoce gravemente a te e a chi ti sta intorno”.

Festa di compleanno particolarmente riuscita per i Placebo, che hanno entusiasmato il loro pubbico e sono stati ricambiati da un grande calore, in un continuo scambio di energia.

Queste le foto del concerto, scattate da Francesca Di Vaio:

Questa la setlist del concerto:

Pure Morning
Loud Like Love
Jesus’ Son
Soulmates
Special Needs
Lazarus
Too Many Friends
Twenty Years
I Know
Devil in the Details
Space Monkey
Exit Wounds
Protect Me from What I Want
Without You I’m Nothing
36 Degrees
Lady of the Flowers
For What It’s Worth
Slave to the Wage
Special K
Song to Say Goodbye
The Bitter End

BIS

Teenage Angst
Nancy Boy
Infra-red

Running Up That Hill (Kate Bush)

Per quanto possa sembrare una via bizzarra, può capitare che per riappacificarsi con la purezza naïf del rock si possa anche passare dalle strade tortuose dell’elettronica. Quella in questione che compie il miracolo appartiene ai Suuns, band di Montreal che con il recente Hold/Still giunge al suo terzo album in studio (da considerare a parte c’è il disco in collaborazione con i Jerusalem in My Heart dell’anno scorso). I Suuns sono una band ibrida e la loro elettronica è ben lontana dall’essere fredda e impersonale proprio perché suonata con tutti gli strumenti del rock.
In un groviglio di cavi e pedaliere, i quattro prendono posto sul palchetto del Biko che a malapena li contiene. Si alzano le luci, a illuminare il loro nome scritto a caratteri gonfiabili sullo sfondo, e si parte.
Ben Shemie è il leader carismatico che riesce a catalizzare gli sguardi dei presenti, dal primo all’ultimo. Liam O’Neill alla batteria, Max Henry al basso e synth e Joseph Yarmush alla seconda chitarra fanno altrettanto.
Il loro è un approccio pienamente fisico che non può non chiamare il totale coinvolgimento del pubblico (compreso il bambino in prima fila che non smette di far ondeggiare la testa). Non serve setlist, non si parla di canzoni ma di un flusso unico e ininterrotto: suono che prima sfiora poi assorbe fino a fagocitare totalmente.
La voce di Shemie è il filo rosso che lega i vari cambi d’atmosfera sonora: aliena e in uno stato di tensione perenne, grazie alla ripetizione di poche e precise parole diventa essa stessa uno strumento, parte integrante del rumore. Persino la chitarra a un certo viene cambiata e diventa trasparente come se vedere gli strumenti non servisse.
Eppure nel buio, si riesce a scorgere tutti: Il corpo di Shemie, si muove sinuoso, il batterista picchia forte e senza sosta, il tastierista guarda il muro e gira su se stesso, Yarmush ha il volto completamente coperto dai lunghi capelli. Belli anche da vedere, insomma e, cosa più importante, tutti musicisti non improvvisati.
E’ come se, prendendo in prestito i passaggi di stato, durante il live dei Suuns si riesca a evitare lo stato liquido preferendo la sublimazione immediata, nonostante il genere che fanno lo richiederebbe.
Uno degli apici si ha durante l’esecuzione di Resistence, uno dei brani più emblematici dell’ultimo lavoro che condensa a pieno l’essenza della band: minimale, categorica, futuristica.
Il continuo avvicinare le chitarre agli amplificatori non è un vezzo ma un gesto necessario per creare quei suoni distorti per loro fondamentali. Instument, Translate e 2020 (dal secondo lavoro Images Du Futur) sono solo alcune delle tappe che il percorso di tenebre pulsanti che la band canadese regala sul palco.
Escono e poi rientrano per il bis, salutano e ringraziano tra i fischi (di approvazione). Alla prossima.

Ieri 27 Ottobre  al Palalottomatica di Roma è salito sul palco per l’ultima data del Maximilian tour l’istrionico Max Gazzè: un cantastorie dai mille volti, un artista a tutto tondo che incanta il suo pubblico con ironia e atmosfere surreali passando dal pop al rock sperimentale. Ecco alcune foto della serata!

 

 

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Un nome, ma al plurale. Un gruppo, ma ne contiene almeno tre. Un solo album, ma anni di esperienza alle spalle.
Dei Minor Victories se ne è parlato già molto, il loro omonimo album di debutto è stato accolto a braccia aperte dalla critica e soprattutto dai fan. Ma ora sono alle prese con il primo tour e chi sono davvero i Minor Victories?
I numerosi ragazzi presenti il 24 ottobre al Santeria Social Club di Milano sanno bene chi hanno di fronte, o almeno, chi dovrebbe esserci:  Stuart Braithwaite, caposaldo dei Mogwai alla chitarra, Rachel Goswell, la voce degli Slowdive dalla brillante e calorosa presenza al centro del palco, James Lockey, musicista e filmmaker al basso, due presenze dall’ignoto nome ma dall’indubbio talento alla tastiera e alla batteria. E Justin Lockey dall’ultima formazione degli Editors ideatore del progetto..? Dov’è?
Non ci è dato da sapere e nessuno lo chiede.
I cinque musicisti vengono accolti calorosamente, la canzone d’apertura del concerto coincide con quella dell’album. Give Up The Ghost è il miglior biglietto da visita che un gruppo possa desiderare: con andamento lento ma incalzante, la voce di Rachel che culla per tutto il tempo mentre ci si immerge in suoni a volte graffianti, a volte violenti. Ma è in The Thief che arriva il primo grande muro di suono, i riverberi della voce sono inondati dall’esplosione strumentale. Ancora storditi ci si tuffa nella romantica atmosfera dark di A Hundred Ropes, ma peccato che per questo pezzo non siano stati veri violini a fare da protagonisti sul palco.
Il live prosegue per circa 50 minuti, alternando così momenti di magici riverberi a cielo aperto a quelli di un rock più deciso e tenebroso. Sembra che non manchi nulla, a parte un po’ di voce della protagonista, che viene troppo spesso (facilmente) sovrastata dagli strumenti. Tutte le canzoni dell’album sono in scaletta, a parte una, la più sofisticata e minimalista For You Always, forse perché ne manca il principale autore e interprete Mark Kozelek, che ha straordinariamente collaborato con la band. Sul megaschermo che fa da sfondo slittano le immagini dei principali simboli del neogruppo: i cubi in 3D della croce in copertina sull’album e il gattino dallo sguardo laser assassino, ma dov’è quell’immaginario di luoghi e persone che ci hanno tanto fatto innamorare dei loro videoclip?
Insomma tutto bello, tutti felici, tanti complimenti e tanto calore, ma un po’ troppi “se” e troppi “ma” sono sorti quando ci si è fermati a riflettere sulla sostanza portata sul palco di tutto questo assordante e conturbante mondo onirico. Sembrerebbe che in tour stiano portando piuttosto il loro nome e il loro merchandising.
Quando ci si trova davanti a dei nomi che vengono immolati così sull’altare del rock le aspettative crescono, i prezzi dei biglietti al concerto aumentano e le voci cominciano a girare.
Ma prima di permetterci di esprimere un parere negativo preferiamo stare a guardare cosa succede.
Perché che non sia finita qui lo sapevamo ancor prima di recarci al concerto: poche ore prima il gruppo ha annunciato l’arrivo ad anno nuovo dell’album Orchestral Variations che contiene una serie di reinterpretazioni strumentali delle canzoni contenute in Minor Victories. Aspetteremo curiosi non solo questo album, ma anche il prossimo tour.

SETLIST:
Give Up The Ghost
The Thief
A Hundred Ropes
Cogs
Breaking My Light
Folk Arp
Scattered Ashes
Higher Hopes
Out To Sea

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Apparat DJ tra i fumi del Dude Club
Dude Club 15/10/2016 tom.matteocci_videographer
Dude Club 15/10/2016 tom.matteocci_videographer

Ore di attesa che sembravano interminabili, lunghe file in cassa, al bar e in bagno per chi, la notte del 15 ottobre, era al Dude Club per il dj-set del beniamino tedesco dell’elettronica Sascha Ring, in arte Apparat.
Mentre nella piccola ed accogliente sala dell’Osservatorio Astronomico suonava l’australiano Harvey Sutherland,  ad intrattenerci fino alle 2 di notte in quella più grande e spoglia è stato il duo-project Jazz Madicine, dal sound detroitiano, abbastanza lontano dallo stile di Apparat, ma comunque funzionale a rendere questa sala più colma e calda.
Quando alla consolle arriva l’headliner, infatti, occorre qualche minuto per abituare il pubblico a qualcosa di totalmente diverso. Finalmente.
Nonostante questa volta Apparat non sia nelle vesti di cantante, musicista e producer con la sua straordinaria band, ha saputo dare un tocco personale e riconoscibile alla scelta dei remix portati sul set.
Il suo approccio sofisticato, intimo e sognante alla musica è emerso anche durante un dj-set di quelli che mantengono il pubblico giovane ed energico attaccato alle casse per ore senza mai né stancarsi né annoiarsi, con continue riprese di profondi bassi che smuovono il corpo fino alle viscere.
Un set variopinto di poco più di tre ore nel quale accanto ad immancabili, se non scontati, remix di alcuni brani del suo progetto parallelo, più famoso e mainstream, Moderat -come Bad Kingdom e Rusty Nails, picchi massimi di euforia in sala- ci sono state interessanti presenze, come la voce di Thom Yorke di Everything In Its Right Place e come quella orientaleggiante di voci femminili indiane, che conferma il carattere internazionale e ricercato del suo stile.
La soddisfazione del dj, a fine set e luci accese, si è rispecchiata in quella del suo pubblico danzerino, che non è voluto andare via fino a quando la security lo ha invitato ad uscire. Strette di mano, foto, sorrisi e scambi di sigarette con un ragazzo -si, di 38 anni, ma portati da dio- come uno di noi, che si trova semplicemente dall’altro lato della consolle: è stata questa la presenza di Sascha Ring al Dude Club, che di figure come lui e di musica come la sua ne sentiva il bisogno.

Apparat DJ tra i fumi del Dude Club
Apparat DJ tra i fumi del Dude Club

Dub FX

Benjamin Stanford, in arte Dub FX, è il talentuoso beatboxer australiano che con la sua loop station e con la sua calda voce ha portato avanti, per primo, un nuovo modo di far musica, di fare reggae, dub e hip hop sempre alla ricerca di nuove soluzioni ritmiche, combinazioni e commistioni di genere, ma mai tralasciando l’importanza del contenuto dei testi.
Dalle street performances in giro per il mondo al successo su you tube, ha collaborato con numerosi producers, musicisti, e cantanti fino a portare la sua musica sui palchi di tutto il mondo.
Il 26 agosto ha pubblicato il suo quarto album Thinking Clear. E’ in tour per presentarlo. Sta girando il mondo, come ha sempre fatto, come a noi fa girare la testa. E sta arrivando in Italia:

28 ottobre        Torino,     Hiroshima Mon Amour
29 ottobre        Milano,    Magnolia
31 ottobre        Firenze,   Viper Club
02 novembre    Roma,      MONK
04 novembre    Bologna,  TPO
05 novembre    Venezia,   CS Rivolta

Oltre lo storico collaboratore tastierista e sassofonista Andy V sul palco insieme a lui, per le date di Firenze e Bologna, è prevista la presenza degli amici del collettivo Numa Crew, giovani djs e producers fiorentini che dal 2005 confermano di anno in anno il loro fondamentale ruolo sulla scena indipendente italiana. Hanno già collaborato insieme e sentite un pò qui cosa ne uscì fuori..

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Il famoso ed influente dj berlinese, Apparat, interrompe momentaneamente il tour del progetto Moderat, con il duo Modeselektor, per tre imperdibili date italiane nelle quali ci regalerà ore di intensi dj-set.
La prima imminente data è il 7 ottobre a Roma, all’Ex Caserma Guido Reni, la cui prevendita è disponibile online sul circuito Ticketone.
Per le altre due serate, l’8 ottobre a Porto Sant’Elpidio, presso l’Harmonized Club, e il 15 ottobre a Milano, al Dude Club, è possibile acquistare il biglietto direttamente in cassa.
Dunque appuntamento a questo weekend e al prossimo, a chi già ama questa elettronica dall’animo umano ma anche ai curiosi che non la conoscono ancora e vogliono sentire che aria tira a Berlino e dintorni.

Apparat

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Dopo una lunga estate che l’ha visto esibirsi nei più importanti festival d’Italia, da vero protagonista, Cosmo torna con una nuova serie di date, stavolta nei club.

L’Ultima Festa è un disco da ballare, con la sua attitudine pop unita ai suoni e le strutture tipiche della musica elettronica da club. Per questo Cosmo (Marco Jacopo Bianchi) e la sua etichetta, la 42 Records, hanno deciso di dare una nuova veste alla seconda parte della stagione. Uno show rinnovato nella forma e nella sostanza, pensato per dare pieno risalto all’anima del suo ultimo disco.

Dopo un set che comprendeva solo i brani de L’ultima festa, Cosmo ha deciso di riprendere le canzoni di Disordine, il suo apprezzatissimo disco di esordio, e riproporle in versione inedita: un live a tutti gli effetti ma pensato come fosse un dj set. Si parte da Milano per proseguire con una quindicina di date in tutta la Penisola.

20 ottobre 2016   Milano Polisuona (ingresso gratuito)
21 ottobre 2016   Santa Maria a Vico (CE) SMAV
22 ottobre 2016   Roma Outdoor Festival / Italianism / L-Ektrica 
28 ottobre 2016   Roncade (TV) New Age
29 ottobre 2016   Brescia Latteria Molloy
11 novembre 2016   Sant’Egidio alla Vibrata (TE) Deja Vu 
12 novembre 2016   Molfetta (BA) Eremo 
18 novembre 2016   Carpi (MO) Kalinka
19 novembre 2016   Livorno The Cage Theatre
25 novembre 2016   Firenze Auditorium Flog
26 novembre 2016   Perugia Urban
01 dicembre 2016   Rovereto (TN) Smart Lab 
15 dicembre 2016   Torino Hiroshima Mon Amour (in collaborazione con TOdays)
16 dicembre 2016   Trieste Teatro Miela
17 dicembre 2016   Bologna Locomotiv