La violenta intimità della speranza: Low a Firenze

La violenta intimità della speranza: Low a Firenze

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Stay - Low (testo e video)

Tornati in Italia dopo il super show del maggio scorso al Teatro dell’Antoniano di Bologna, i Low si confermano come ciò che sono: delle autentiche leggende dell’alternative mondiale. Di fronte a un teatro Puccini in visibilio, Alan Sparhawk, Mimi Parker e Steve Garrington regalano un’ora e mezzo di pura estasi, in cui il candore e la purezza di certi suoni sa miscelarsi, fino a creare un amalgama inconfondibile, con le distorsioni e le svisate chitarristiche più genuinamente rock.

Tutto questo in un ambiente e con un’atmosfera minimale, con i 3 che si presentano puntualissimi sul palco alle 21.30 (il loro arrivo è preceduto addirittura da un countdown che comincia quando mancano solo 10 minuti all’inizio dello show) e, con pochi fronzoli, attaccano “Plastic Cup”, primo singolo di “The Invisible Way”, disco che ha confermato quanto la band di Duluth sia ispirata anche a distanza di 20 anni dagli esordi.

“On my own” regala brividi di piacere, mentre con “Holy Ghost” Mimi Parker dimostra tutto il suo talento di vocalist, oltre che di batterista: il suo tocco soffice eppure energico è la perfetta immagine, sottoforma di gesto, di ciò che riesce a fare con la voce, armonizzandosi in modo perfetto con Sparhawk, fino a creare un gioco di chiari e scuri che è parte della cifra stilistica dei Low, come si nota in pezzi quali “Especially me” o l’acclamatissima “Words”, capace sempre di emozionare.

In un susseguirsi di “violenta intimità”, arrivano a toccare le orecchie e i cuori brani come “Sunflowers” o l’impressionante “Pissing”. Il pubblico è ipnotizzato da questi tre musicisti, tanto schivi sul palco, quanto allo stesso tempo felici e onorati dall’essere in Italia, dove davvero sono acclamati forse anche in modo superiore alle loro aspettative.

C’è un rapporto di totale empatia tra la band e le persone accorse in questo teatro fiorentino, tanto è vero che, non contenti dei 19 brani in scaletta e dei sorrisi elargiti da Steve, Mimi e Alan (che forse per l’emozione inverte anche le parole di Dinosaur, creando con la Parker, intenta a fare il controcanto, un divertente siparietto), tornano sul palco per un ultimo struggente commiato in musica.

Degno finale di una serata che sarà difficile dimenticare, intensa come la malinconia venata di speranza che sanno regalare solo i brani dei Low.

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