Recensioni concerti

I report dei più importanti concerti in Italia: band italiane e internazionali, rock, pop, elettronica, punk, alternative e molto altro altro ancora. Photogallery e recensioni, report e scalette del concerto, immagini, video e racconti di tutta la musica live in Italia.

0 552

Adriano Viterbini fa riecheggiare la sua chitarra blues alla Stazione Leopolda. Ospiti Davide Toffolo e Alberto Ferrari.

E’ stato davvero qualcosa di indimenticabile quello che è andato in scena ieri sera alla Stazione Leopolda di Firenze, nell’ambito del festival Fabbrica Europa, giunto alla ventiquattresima edizione: si svolgeva infatti una data del “Tour blu” di Adriano Viterbini & Los Indimenticables, capitanati da Josè Ramon (percussionista, tra gli altri, di Daniele Silvestri e della Bandabardò): i due si sono incontrati durante il tour del trio Fabi – Silvestri – Gazzè e hanno deciso di mettere insieme questo progetto estemporaneo, che unisce la chitarra blues del membro dei Bud Spencer Blues Explosion alle atmosfere caraibiche del percussionista cubano.

Quello che ne viene fuori è una jam session di un livello qualitativo esaltante, per quanto funestata da problemi audio (volumi un po’ così, sul palco non riuscivano a sentirsi suonare tra loro), che esalta le straordinarie capacità chitarristiche di Viterbini (un vero e proprio maestro della sei corde) e la verve di Ramon, vero e proprio mattatore della serata su un palco che conosce bene (essendo ormai fiorentino di adozione vista la lunga militanza nella Bandabardò).

A loro si aggiungono la batteria di Piero Monterisi, probabilmente uno dei migliori batteristi italiani in circolazione e il basso di Francesco Pacenza, ficcante al punto giusto, a formare quella che a tutti gli effetti è una super band; come se non bastasse Davide Toffolo, non solo fondatore e voce dei Tre Allegri Ragazzi Morti (di cui ci regala alcuni brani in acustico in apertura di live, inaspettati e straordinari) ma uno dei fumettisti di maggior talento in Italia, disegna in diretta durante il live, con le opere che vengono proiettate su un maxi schermo alle spalle della band.

Insomma c’erano tutti gli ingredienti per una serata all’insegna della grande musica, come in effetti è stata, con il pubblico divertito, partecipe, che addirittura si è messo a danzare ai lati del palco quando Ramon ha intonato “Guantanamera”, in uno dei vari omaggi a Compay Segundo.

Non poteva mancare, come in ogni ricetta che si rispetti, l’ingrediente segreto, la ciliegina sulla torta, alias Alberto Ferrari, voce dei Verdena, salito sul palco per intonare “Bring it on home to me” di Sam Cooke e regalare ulteriori brividi a una platea sorridente e soddisfatta, consapevole di aver assistito a una serata difficilmente ripetibile.

PHOTO CREDITS: Riccardo Pinna

Una straordinaria serata a Milano per l’ultima tappa Italiana dei Simple Minds in una inusuale versione “acustica”,  promossa egregiamente da Indipendente Concerti, ha regalato forti emozioni al pubblico accorso al Teatro Arcimboldi.

La band di Jim Kerr e Charles Burchill ha attraversato 4 decadi di successi e di popolarità e l’idea del progetto “Simple Minds Acoustic” nacque già 20 anni fa ma per varie vicissitudini non fu mai realizzata; nel 2016 però quell’idea ha trovato finalmente la piena realizzazione portando a compimento uno straordinario percorso  musicale che comprende un disco “raccolta” di grandi hit dei Simple Minds rivisitate e remixate in chiave acustica e una tournee a supporto dell’intera operazione.

simple-minds-acoustic-2-1024x379

Il progetto in toto è davvero encomiabile perchè il risultato finale sia sul disco ma soprattutto nei live è davvero di alta qualità, facendo percepire un grande lavoro di produzione e di preparazione, che coinvolge sia la session dei musicisti coinvolti ma anche le venue scelte per le performance .

La serata inizia con l’esibizione acustica di KT Tunstall grande artista e conterranea dei Simple Minds, già ospite sul loro disco, alla quale viene lasciata l’apertura della serata con presentazione da parte dello stesso Jim Kerr . A KT viene dato uno spazio di circa trenta minuti sufficienti a scaldare il pubblico con alcuni dei suoi grandi successi trai i quali Black Horse and the Cherry Tree , Suddenly I see  e Other Side of the World.

L’arrivo dei Simple Minds sulle note di una New Gold Dream v 2.0 è già un tripudio di gioia e quando Jim Kerr scende in platea tra i propri fan il tutto si trasforma in un’apoteosi. Una band sul palco di grande impatto con al centro il drumming set di Cherisse Osei,  affiancato dal basso acustico di Ged Grimes e la chitarra accompagnamento di Gordy Goudie,  a fare da contraltare alla chitarra solista di Charles Burchill e alla straordinaria vocalist black Sarah Brown. Il fronte del palco è tutto per Jim Kerr che dimostra ancora una volta di avere una straordinaria verve deliziando il pubblico sia con la sua voce ma anche con siparietti in italo/english davvero esilaranti.

La scaletta del concerto è completa , perchè racchiude i singoli che hanno reso famosi i Simple Minds già dalla metà degli anni ottanta il periodo forse più prolifico e creativo della band. Come non cantare insieme a Jim Don’t You forget about me o Someone Somewhere in Summertime o ancora Chelsea Girl aprrezzandone tutte quelle sfumature che i nuovi arrangiamenti hanno sublimato non facendo rimpiangere la carica delle versioni orginali.

E non solo abbiamo ascoltato le 11 tracce incluse nel disco Acoustic ma ci siamo deliziati con perle come Big Sleep o Speed you love to me inframezzate da due grandi tributi ad artisti recentemente scomparsi che hanno influenzato la carriera dei Simple Minds ovvero Prince e David Bowie.

Per il primo  i Simple Minds eseguono una versione incredibile di The  Cross  e per il secondo Gordy Godie prende il microfono per cantare “Andy Wharol” . Jim Kerr si defila anche per lasciare spazio a Sarah Btrown di interpretare una Patti Smith d’annata in Dancing Barefoot .

Gli encore sono di dovere e il pubblico non vuole sentire ragioni richiamando immediatamente i Simple Minds sul palco con il gradito ritorno per lo strepitoso duetto con KT Tunstall sulle note di Promised You a Miracle; da brividi. Devo dire che alla fine è mancata solo all’appello The American una chicca per intenditori di lunga data dei Simple Minds ma che potranno consolarsi riascoltandola sulla prima traccia del favoloso “Acoustic“.

 

0 400

Ci sono cantautori che diventano portavoce di un’epoca, riuscendo a raccontare sentimenti e situazioni in pezzi della durata di poco più di tre minuti: si può tranquillamente dire che Vasco Brondi, dopo questo “Terra tour” sia uno di loro,  giunto ad un livello di consapevolezza espressiva che quasi nessun altro ha in questa nuova generazione di artisti.

Una volta scriveva “cosa racconteremo ai figli che non avremo di questi c… di anni zero?”, bene, adesso si è dato da solo le risposte: racconteremo di profughi che arrivano in massa dalle coste libiche, avvolti in termocoperte dorate e pieni di speranze che dobbiamo cercare di non disilludere, racconteremo di viaggi interstellari, o semplicemente dall’altra parte del mondo, per scoprire che in fondo stiamo solo scappando da noi stessi e dai nostri fallimenti, racconteremo di “un aprile che sembra dicembre” e di come anche a trent’anni si possa dover tornare a casa dai genitori, dopo aver provato a fuggirne, cercando un’indipendenza sempre più complicata e difficile.

Vasco Brondi, coadiuvato da una band fantastica, si fa portavoce di tutto questo anche di fronte al pubblico dell’Obihall di Firenze, nell’ultima data del suo club tour e per due ore ci tiene lì, incollati ai suoi versi, da gridare con rabbia a squarciagola o dai quali lasciarsi ammaliare, magari singhiozzando di nascosto; riesci a farci riflettere pur facendoci ballare, raccontandoci le nostre emozioni private sottoforma di canzoni e immortalando un mondo di cui è difficile capire il senso, un mondo di cui siamo tutti ospiti viaggianti da salvare, in fondo.

Lo fa con la semplicità che gli è propria fin dagli esordi, omaggiando i suoi idoli (splendida la versione di “Fuochi nella notte di S.Giovanni” con Giorgio Canali alla chitarra, che aveva in precedenza aperto il live) e mostrandoci il suo percorso di crescita: dalla gioventù (“Piromani” da brividi, ancora con Canali) fino alla consapevolezza (“Viaggi disorganizzati”, con cui si chiude il live), passando per tutte le sfaccettature emotive e musicali toccate in questi anni (da “Ci eravamo abbastanza amati” a “Cara Catastrofe”, da “Quando tornerai dall’estero” a “Questo scontro tranquillo”).

Quello che ne vieni fuori è una fotografia di una generazione, di un momento storico, degli ultimi 10 anni, racchiusa in una sera: straziante, sgraziata, commovente, divertente, un po’ mossa. Siamo così, Vasco è così.

Ed è bello che sia così, alla fine.

LE LUCI DELLA CENTRALE ELETTRICA SETLIST AT OBIHALL (28/04/2017)

Qui

Stelle marine

Macbeth nella nebbia

C’eravamo abbastanza amati

A forma di fulmine

Quando tornerai dall’estero

Moscerini

Waltz degli scafisti

Ti vendi bene

Questo scontro tranquillo

Fuochi nella notte di S. Giovanni (CSI cover feat. Giorgio Canali)

Piromani (feat. Giorgio Canali)

Iperconnessi

Cara catastrofe

Chakra

Le ragazze stanno bene

Per combattere l’acne

Nel profondo Veneto

 

Coprifuoco

I destini generali

Viaggi disorganizzati

 

Ph. Ilaria Magliocchetti Lombi

Prosegue con grande successo il Tour di Roberto Vecchioni che porta il titolo del suo ultimo libro, La vita che si ama, iniziato nell’estate 2016 che ieri, 26 aprile 2017, è approdato al Teatro Comunale di Vicenza.

I concerti del 2017, rispetto alla prima parte della tournè, hanno alcune differenze in scaletta, dopo l’uscita nel novembre scorso dell’album Canzoni per i figli (allegato al libro nella nuova edizione) una raccolta che comprende 10 brani di cui due inediti, dedicati agli affetti più cari, i figli appunto, ma anche alla loro madre e alla madre del cantautore.

Lo spettacolo, perché non solo di concerto si tratta in quanto il cantautore ama e sa raccontare e raccontarsi storie, è in gran parte dedicato a loro, i figli, alle donne e alla felicità. Felicità ambita, raggiunta, conquistata e rimpianta, oppure effimera come quella proposta nelle pubblicità, o profonda come la nascita di un figlio; Vecchioni la esplora, la descrive e la regala in due ore di musica, parole e grandi emozioni.

Roberto Vecchioni si presenta sul palco accompagnato dalla sua band di ottimi musicisti di grande esperienza composta da: Lucio Fabbri al pianoforte, mandolino e naturalmente al violino, Massimo Germini alle chitarre acustiche, Antonio Petruzzelli al basso e Roberto Gualdi alla batteria. Il suono è impeccabile, le chitarre abbracciano la voce di Vecchioni nei brani più intensi ed acustici, il violino si fa canto struggente ad esempio in Canzone da lontano o danza festosa in Samarcanda.

In scaletta si susseguono, intervallati dalle spiegazioni del “Prof. Vecchioni”, quasi tutte le canzoni tratte dall’ultimo disco e in particolare ricordiamo l’intensa Le rose Blu dedicata da padre al figlio colpito dalla malattia, l’emozionante Un lungo addio per il matrimonio della seconda figlia, e Due madri dedicata alle bimbe dell’altra figlia, Francesca, nonché i grandi successi come la vincitrice a Sanremo Chiamami ancora amore, Sogna ragazzo, sogna, Dentro gli occhi, colme di speranza e di amore per la vita.

L’Amore fa da padrone nel canzoniere di Vecchioni, lo sappiamo bene, e allora come in un madrigale il cantautore milanese innalza la donna ad artefice assoluto dell’amore. Ci parla di Saffo, la prima donna a cantar d’amore quando gli uomini cantavano di battaglie e conquiste militari, di Wisława Szymborska e di Alda Merini, poetesse immense che nessun uomo, secondo il “professore” ha saputo eguagliare. Il pubblico ascolta in un silenzio attento e appassionato, dedicando poi lunghi applausi di assenso e partecipazione emotiva.

Il teatro è colmo, il pubblico non giovanissimo dimostra di gradire lo spettacolo e alla fine Vecchioni regala due bis assolutamente d’obbligo: la famosissima Luci a San Siro, di cui racconta la storia che è un po’ anche la storia dei propri inizi come cantautore e la celeberrima Samarcanda che diventa una festa per l’intero teatro.

Due ore abbondanti sono volate sul filo delle parole, della musica, dei sorrisi e pure di qualche lacrima a stento trattenuta. Quando le luci in sala si accendono si fa fatica ad andare via, ma quando si esce nella notte piovosa e lucida ci si sente molto più ricchi dentro, appagati ma anche sollecitati da qualche interessante spunto di riflessione. Resta la voglia di tornare a trovare quel “piccolo grande uomo” che al centro della scena ha messo sul palco come ogni sera, con grande talento ma altrettanta umiltà, la sua vita, la sua storia, i suoi affetti e i suoi dolori, ma soprattutto la sua arte e il suo mestiere. A presto, quindi…!

Il tour proseguirà a Marcianise (CE) il 27 aprile e a Genova al Teatro Carlo Felice il 27 maggio. Altre date sono in via di definizione.

Scaletta Concerto
Vicenza 26.04.2017

 

Quest’uomo
El Bandolero stanco
La mia ragazza
Le mie ragazze
Un lungo addio
Figlio, figlio, figlio
Le rose blu
Figlia
Canzone da lontano
Dentro gli occhi
Vorrei essere tua madre
Due madri
Milady
Che c’eri sempre (recitato)
Dimentica una cosa al giorno
Sogna ragazzo, sogna
Chiamami ancora amore
 

Bis

Luci a San Siro
Samarcanda

 

 

Foto e articolo di Valeria Bissacco

0 465

La straordinaria cantautrice ha letteralmente fatto impazzire il Teatro Antoniano nella sua seconda tappa italiana.

Una venere incantevole, nella sua semplicità: arriva sul palco, si mette di fronte al microfono e poi tira fuori quella voce, quella voce incredibile che non sai bene come descrivere, quella voce piena dei profumi dell’Irlanda, dei colori dell’arcobaleno, una voce che può farti volare fino a vette vertiginose o planare dolcemente, in un atterraggio morbidissimo. Questa è Lisa Hannigan, che arrivava a Bologna per la sua seconda tappa italiana, al teatro dell’Antoniano, per l’occasione praticamente esaurito.

Cominciando da “Ora”, passando per “Pistachio”, per proseguire con “Prayer for the dying”, Lisa fin da inizio concerto ha messo in chiaro che sarebbe stata una serata difficile da scordare, di quelle che ti lasciano una sensazione di tranquillità, di benessere assoluto. Sempre sorridente, pronta a scherzare col pubblico italiano che la adorava letteralmente, Lisa e la sua fantastica band hanno dato vita a un’ora e mezza di grande musica, in cui la voce della Hannigan ha mostrato tutte le sue sfumature,  creando scenari e dipingendo quadri di una vividezza impressionante, quadri sonori dalle arie irlandesi, semplicemente una spettacolosa meraviglia, creata col sorriso sulle labbra e una semplicità e genuinità nei gesti che lasciava interdetti.

Da assoluta grande artista.

PS. Da sottolineare anche l’opening col bravissimo duo delle Saint Sister (che hanno poi duettato con Lisa nel finale del concerto), tenetele d’occhio, faranno strada.

LISA HANNIGAN SETLIST @ Teatro Antoniano (Bologna 23/04/2017)

Ora

Pistachio

Prayers for the dying

Undertow

Tender

Barton

Little Bird

Passenger

We the drowned

Flowers

O sleep

Lille

What will I do

Knots

Anahorish

Fall

A sail

È iniziato il 20 aprile 2017 sul palco del Quirinetta a Roma ‘Il gelato dopo il mare tour’ di Renzo Rubino.

Dopo un’intro a sipario chiuso, il concerto inizia con ‘La vita affidata all’oroscopo della Gazzetta’. Il pubblico lo accoglie subito con un caloroso applauso.

Rompe il ghiaccio già dal secondo pezzo salutando i presenti e introducendo ‘Margarita’ a cui il pubblico risponde sventolando cartoncini bianchi a forma di nuvole. Renzo, si alza dal pianoforte e si mette al centro del palco per interpretare il terzo brano raccontando, prima, che questo pezzo è nato dal ricordo di quando da piccolo si sentiva inutile. Con un mantello nero con una S azzurra, comincia a cantare ‘Superinutile’.

Tre musicisti accompagnano egregiamente il cantautore pugliese in questo tour. Fabrizio Dottori ai legni e alle tastiere quando Renzo, in alcuni pezzi, suona altri strumenti (come il basso durante ‘Sete’, pezzo in cui chiede di spegnere le luci perché “Questa si canta al buio” o come la tastiera giocattolo in ‘La la la’ con un arrangiamento minimale nello stile spensierato e giocoso dell’autore), Matteo Skukkia agli ottoni e alla batteria quando Andrea Beninati, batterista, suona il violoncello. Sul palco sono solo quattro ma valgono per un’intera orchestra!

Tutti i pezzi del nuovo album vengono eseguiti intervallati dal vecchio repertorio compreso ‘Bignè’ dal primissimo album ‘Farfavole’ e un fuori scaletta con la cover ‘Cara’ di Lucio Dalla; artista amato da Rubino che lo descrive come “Quasi un secondo papà”.  Racconta di come Lucio si sia palesato davanti a lui un giorno in cui era a casa e lo guardava sulla copertina dei suoi vinili posti sul pianoforte mentre gli chiedeva cosa ne pensasse e così è nata ‘Cosa direbbe Lucio’ e inizia a suonarla.

Tra varie considerazioni che intervallano quasi ogni pezzo si continua con ”Secondo me, dentro ogni tamarro c’è un romantico. Il tamarro che è in me ha scritto questa canzone” e snocciola le prime note di ’Per sempre e poi basta’ seguito subito dopo dalla sua band.

L’ironia è una modo intelligente con cui Rubino mescola la sensibilità dei suoi testi ricchi di argomenti importanti in canzoni dai toni più leggeri come ‘Lulù’, nata per raccontare come il nonno – affetto dall’Alzheimer – viva i suoi giorni ricordandosi solo del suo primo amore.

Ogni canzone ha un perché e Renzo ci tiene a spiegarlo ai presenti anche se, rivolgendosi ai fan di vecchia data, dice: “Alcuni aneddoti già li sapete”.

Scenografie ricche e ricercate, luci suoni e colori si fondono per creare la magia del concerto in cui Renzo si lascia trasportare dalla musica coinvolgendo il pubblico che, nel frattempo, continua ad interagire con lui e balla su pezzi dal ritmo più incalzante come ‘Giungla’ fino ad arrivare ai saluti con ‘Il postino’, brano con cui vinse il premio della critica Mia Martini a Sanremo Giovani 2013.

I presenti chiedono a gran voce il bis ed ecco di nuovo tutti in piedi a ballare su ‘Pop’ che diventa, per qualche battuta, ‘Another one bites the dust’ dei Queen.

Il concerto è finito ma, in extremis, Skukkia chiede a Renzo di fare ‘Non mi sopporto’… Accontentato!

Applausi lunghi e urla di complimenti per Renzo e la sua band sono la giusta conclusione di 2 ore ricche di musica e spensieratezza.

Il tour è solo all’inizio, vi consigliamo di andarlo a vedere se siete dalle parti di Genova (26 aprile 2017), Firenze (27 aprile 2017), Milano (12 maggio 2017) e Molfetta (28 maggio 2017).

 

Foto e articolo di Mariadora Bolognese

0 326

Diciamolo subito, probabilmente sono la miglior live band attualmente in Italia. Vengono da Perugia e, come ripetono loro stessi, sono i Fast Animals and Slow Kids: dai tempi in cui aprivano i live degli Zen Circus i ragazzi perugini (diventati nel frattempo 5 nella formazione live) sono cresciuti esponenzialmente e il loro live è un concentrato di poesia, emozioni, sudore; una guerra “pacifica” a suon di musica che esalta le note del nuovo album “Forse non è la felicità”, uno dei migliori dischi italiani usciti quest’anno.

Da “Annabelle”, passando per “Tenera età” o “Calci in faccia”, fino a quelli che ormai vengono percepiti come classici dei Fask (“Coperta”, “A cosa ci serve”, “Come reagire al presente”) il live è un crescendo, un’esperienza che è difficile raccontare a parole perchè c’è un’empatia tra la band e il proprio pubblico che, se non li avete mai visti live, non si può forse comprendere appieno.

I Fask sono come noi, che siamo lì sotto il palco, mentre loro sono sopra, sono autentici, genuini ed è questa la loro forza straordinaria, il fatto di divertirsi e di fare cose che loro per primi vorrebbero ascoltare, con una tale naturalezza che non si può non rimanerne contagiati.

Per quanto siano ancora giovanissimi hanno già tanto da insegnare a qualcuno di più scafato su come si conquista il pubblico e come si tiene un palco, anche con 38 di febbre (quella che aveva Aimone Romizi, cantante della band, quando è salito sul palco dell’Auditorium Flog di Firenze).

FAST ANIMALS AND SLOW KIDS SETLIST @ Auditorium Flog (08/04/2017)

Asteroide

Giorni di Gloria

Calci in faccia

Combattere per l’incertezza

Fiumi di corpi

Tenera età

Ignoranza

Il mare davanti

Montana

Capire un errore

11 giugno

Il vincente

Troia

Maria Antonietta

Coperta

Annabelle

 

Come reagire al presente

A cosa ci serve

Forse non è la felicità

Serata perfetta musicalmente parlando, quella andata in scena venerdì 7 Aprile al Biko per l’esibizione di Sinkane insieme alla sua band, che arriva per la prima volta in Italia grazie anche alla fattiva promozione di Ja.La Media Activities.

Dietro al nome d’arte di Sinkane si cela Ahmed Gallab musicista e songwriter americano dalle mille sfaccettature che certamente trae linfa vitale dalle sue radici africane e che dopo aver militato in svariate band tra cui Yeasayer  e Caribou ha deciso un 5 anni orsono di intraprendere un percorso musicale in proprio.

Possiamo affermare che i risultati ottenuti sono notevoli e dopo tre dischi all’attivo e svariate collaborazioni tra cui anche un cameo sull’ultimo disco di Jovanotti, Sinkane è riuscito in un perscorso assolutamente interessante, a fondere tante anime musicali a cominciare da un soul/pop orecchiabile ma mai banale con una ritmica che a volte galleggia sulle onde del reggae ed in alcune occasioni rieccheggia invece la tribalità della sua terra di orgine.

Il palco del Biko seppur non grandissimo riesce ad ospitare tutta la band che prevede una sezione ritmica con basso e batteria, una chitarra solista, una vocalist per i cori e uno spazio per tastiere ed effetti con al centro dello stage il talentuoso Mr Sinkane, voce unica nel suo genere con un falsetto strepitoso che imbraccia la sua inseparabile chitarra elettrica

Bisogna dire che i musicisti che lo accompagnano dimostrano grande professionalità e affiatamento contribuendo in modo importante alla riuscita del concerto che per più di un’ora ha fatto ballare , cantare il pubblico accorso al Biko.

Abbiamo potuto ascoltare molte delle sue hit che hanno avuto anche dei passaggi radiofonici su emitenti di genere e che si fanno apprezzare per la loro freschezza e per la loro ricchezza di sfumature cominciando proprio dai due singoli (Telephone e U’Huh) tratti dall’ultimo lavoro uscito in Febbraio di quest’anno intitolato Life & Livin’ It. Telephone è un soul esplosivo ritmato e danzereccio dove tutta la band produce un suono strepitoso facendo dimenticare l’assenza dei fiati che invece sono presenti nella versione su disco. U’Huh è un afro beat da  ballare al tramonto sulla spiaggia con  i cori prodotti da tutti i componenti e la chitarra di Sinkane che più Funky non si può .

 

Il battito di mani ritmato accompagna l’incedere di How We Be, e sempre tratta dal penultimo lavoro,  Hold Tight con un giro di basso killer riempie di vibrazioni positive l’aria.

Proprio da Mean Love uscito nel 2014 grande disco contenente tutte tracce ad alto potenziale , abbiamo ascoltato inoltre anche le stupende Galley Boys, New Name e anche il Raggae Soul di Young Trouble.

Vanno menzionate anche stupende versioni di brani tratti dal nuovo lavoro quali Deadweight e la caraibica Favorite Song dove si apprezza il gusto retrò di una musica da ballo suonata dal vivo dalla band .

Sinkane è una promessa mantenuta , un artista completo che addirittura in uno dei brani lascia il microfono al suo batterista che a sua volta gli cede bacchette e sgabello dietro le percussioni per trascinare la band in un vorticoso ritmo reggae portandoci la dove il ritmo incontra la melodia.

 

 

 

La serata Dark/synth Wave per eccellenza presentata da Radar Concerti è andata in scena al Magnolia nella serata del 5 Aprile con un abbinata veramente interessante, considerando che ad aprire il concerto di Cold Cave si sono esibiti come Special Guest l’etereo duo dei Drab Majesty.

Lo spazio dedicato a loro infatti per presentare il nuovo album “The Demonstration” uscito in Febbraio è stato ben più ampio della classica mezz’ora di opening act , dove il duo Californiano ha mostrato un grande talento esecutivo in  un ondata di gotica atmosfera costruita sul connubio synth-chitarra elettrica .

A seguire  il ritorno di Cold Cave ovvera l’oscura creatura di Wesley Eisold  che mancava dai palchi italiani da quasi 2 due anni, è evento quanto mai atteso proprio perchè impugna a pieno titolo lo scettro di paladino della nuova ondata Dark Wave.

Alle spalle una già ricca carriera in svariate band tra cui Give up the Ghost e Some Girls , Wesley deicse di intrapprendere una carriera solista generando Cold Cave già nel 2007 , inziando un percorso musicale molto vario tra synth e drum machine, toccando generi affini alla Dark Wave e Gothic Synth con chiara fonte di  ispirazione nella mitica New Wave Anni Ottanta.

Il palco del Magnolia ospita in secondo piano i due Synth dove Amy Lee compagna di Wesley si destreggia egregiamente somministrando la colonna sonora, lasciando a Wesley e al suo ciuffo tutto il fronte del palco.

E’ proprio l’approccio di Wesley Eisold alla musica dove non c’è spazio per strumenti analogici , dove una drum machine scandisce il ritmo e il synth produce tutte le sonorità possibili dalla più melodica a quella più industriale .  Ascoltare Love comes Close o Youth and Lust tratte dall’album d’esordio del 2009 è impossibile non accostarle alle ballad New Orderiane dei primi ottanta dopo che Ian Curtis li aveva lasciati orfani . La voce di Wesley che nella prima parte del live era forse un pò in secondo piano si è via via dipanata in tutta la sua potenzialità sprigionandosi nel synth pop di Confetti o nella stupenda Little Death to Laugh.

A volte si respira quella rtimica alla Sisters of Mercy pilotata dal mitico Doctor Avalanche (che celava la Drum Machine) rivista e corretta al beat odierno nei pezzi di  Nausea the Earth and Me o di God Made the World  . Techno style per Underworld USA per arrivare poi al nuovo singolo “The Idea of Love” molto psichedelico con la voce filtrata e il battito della drum come un cuore pulsante .

La presenza magnetica di Wesley Eisold che si staglia inquietante sul palco del Magnolia  ci riporta alla memoria di illustri predecessori , perchè Cold Cave possa continuare a perpretare la ritualità della musica dark  nelle lande più oscure delle nostre città e delle nostre anime.

 

 

 

 

0 519

Nella sesta data del minitour italiano il cantautore statunitense regala un live intenso.

Sembra un crooner anni ’60, Micah P. Hinson, con la brillantina che gli tiene indietro i capelli, il marcato accento texano, e quel vizio di fumare la sigaretta col bocchino anche mentre canta. Sicuramente viene da un’altra epoca, un’epoca in cui il suo corpo longilineo ed esile ha sofferto ma è uscito vincitore e gli ha regalato quella voce inconfondibile, un timbro particolare da cantastorie che, anche quando non è al meglio, riesce ad affascinare: la serata di Prato lo ha visto stanco ed in preda a qualche dolore fisico e preoccupazione di troppo, ma Micah, coadiuvato da una band straordinaria e interamente italiana, è riuscito a fare del suo dolore, delle sue idiosincrasie, delle sue preoccupazioni, un punto di forza e a riversarle nei pezzi: certo, ci saranno state serate in cui è stato più brillante, con un cantato più perfetto, ma il solo sentirlo intonare brani come “It’s been so long” o “You’re only lonely” un brivido lo regala sempre.

L’ acustica e l’impianto audio del FAB, maxi club appena aperto in quel di Prato, hanno certamente aiutato, così come molto ha inciso, per dare corposità al concerto, la splendida performance della band di Micah, interamente nostrana, che lo ha sorretto, accompagnato ed esaltato, fornendo sempre quel tocco in più per evitare che il live si appiattisse troppo.

Il resto, lo hanno fatto le canzoni, anzi i capolavori che Micah P. Hinson ha sfornato dieci anni fa in un disco clamoroso “Micah P. Hinson & the opera circuit”, di cui questo live è la degna celebrazione.

Semplicemente bastava essere lì per emozionarsi e capire quanto questo esile ragazzo texano, braccia e gambe dolenti, abbia cambiato la storia della musica con quel disco: c’è un’intera generazione di cantautori che è un po’ figlia di Hinson, ma è ancora lui che può insegnare qualche trucchetto agli altri.

 

 

Ieri sera 5 aprile i Litfiba hanno infiammato il Palalottomatica di Roma con il loro Eutòpia Tour. Il oncerto è stato aperto da Il Pan del Diavolo, duo palermitano composto da Alessandro Aloisi e Gianluca Bartolo freschi di uscita del loro ultimo album, Supereroi, un lavoro con sonorità rock classiche co-prodotto da Piero Pelù. Ghigo Renzulli, Piero e soci non hanno fatto mancare ai fan romani i loro più grandi successi e i brani dai loro ultimi lavori, come Maria Coraggio (da Eutòpia, il loro ultimo album), posizionata nel cuore della scaletta e dedicata a Lea Garofalo, collaboratrice di giustizia barbaramente uccisa dalla sua stessa famiglia.

Questa la scaletta completa del concerto dei Litfiba al Palalottomatica di Roma:

Lo spettacolo
Grande nazione
Il dio del tuono
L’impossibile
Sole nero
Straniero
Vivere il mio tempo
Spirito
Fata Morgana
La mia valigia
Maria coraggio
Dimmi il nome
In nome di Dio
Tex
Intossicato
Resta
Lulù e Marlene
Regina di cuori
Gioconda
Lacio drom (Buon viaggio)
Gira nel mio cerchio
Break On Through (to the Other Side) / Tequila
El diablo

Ecco le foto del concerto. Foto di Marco Cicolò

Doppia data romana di Giorgia lo scorso weekend: la cantante si è esibita al Palalottomatica l’1 e il 2 aprile.

Il tour è partito da Mantova lo scorso 19 marzo 2017. Bologna, Milano, Genova e Napoli l’hanno già vista esibirsi con il suo “Oronero tour”.

Diverse le date sold-out, ma c’era da aspettarselo vista la lunga assenza dal palco e l’affetto sempre presente dei suoi affezionati fan.

Un’intro musicale attira l’attenzione dei presenti in attesa dell’inizio del concerto. Poco dopo, entra lei e la sua “Vanità”, secondo singolo estratto dall’album “Oronero”. Prima di salutare il pubblico e introdurre la band regala ancora due pezzi del nuovo repertorio “Credo” e “Scelgo ancora te”.

Da questo momento inizia una digressione dedicata ai pezzi più famosi, ballati, emozionanti del suo ventennale repertorio. “Tu mi porti su” e il medley presentato allo scorso Sanremo “E poi”, “Girasole” e “Come saprei” anticipano l’ingresso di due ballerini di hip pop che, truccati come i due manichini del videoclip di “Oronero” mostrano le loro doti artistiche su “Vivi davvero”.

Dopo l’esecuzione di “Marzo” un lungo applauso, iniziato timidamente, mostra come “l’amore e l’energia non finiscono mai, anche se non pensi, porca zozza!” – esclama una Giorgia sempre emozionata alla fine di questo pezzo.

Su “Gocce di memoria” si esibisce insieme al ballerino Patrizio Ratto che, sfogliando un libro virtuale, mostra agli spettatori spezzoni di storia artistica della carriera di Giorgia partendo proprio dagli esordi Sanremesi. Il tributo a Prince non manca, inizia lei con “Sing o’ the times” e lascia poi spazio a Sonny T che esegue “Let’s go crazy” “Kiss” e “Purple rain”.

La serata prosegue con altri due pezzi del nuovo album: “Io posso farcela”, in cui si posiziona su di un palchetto al centro del parterre imprigionata da raggi laser che toccano il soffitto e “Amore quanto basta” che finisce con un omaggio a Lauryn Hill e la sua “Woo-Doo (That thing)”, canzone R&B che sembra proprio aver ispirato il brano di Giorgia.

Subito dopo entrano i due ballerini (lo già citato Patrizio Ratto e la sorella MissRaki) sul ritmo degli Psycodrummers, band composta da 10 elementi che suonano percussioni realizzate con materiali di scarto provenienti dalla trasformazione da rifiuti plastici industriali.  Alla fine della loro performance rimangono sul palco per accompagnare l’artista su “Regina di notte”, l’unico pezzo davvero dance dell’album.

Altro cambio d’abito, scelti dalla stilista personale Valentina Davoli al suo fianco ormai da anni, mentre il ballerino tarquiniese esalta il pubblico con il suo impeccabile popping accompagnato dalla band e dai giochi di luci e laser. Ritorna Giorgia e la tanto amata “Quando uno stella muore”.

Su “Non mi ami” i ballerini interpretano la canzone con una coreografia di Emanuel Lo (direttore artistico di questo tour, nonché autore di molti brani della cantante) che rende merito al pezzo poi tutti in piedi a ballare con “Il mio giorno migliore“. Ormai la serata è quasi arrivata alla fine e il pubblico si scioglie definitivamente.

Non poteva mancare “Di sole e d’azzurro”, celebre brano che permette a Giorgia di poter scherzare ed interagire con i fan per concludere con l’acuto di rito.

Tornano i ballerini su “Oronero” per chiudere il concerto, ma ai fan non basta: durante la consueta pausa prima del gran finale, reclama a gran voce la cantante che si presenta con un lungo abito nero con tanto di tacchi a spillo. “Volevo essere elegante per l’occasione!” dice. Presenta nuovamente la band, ringrazia tutti quelli che hanno collaborato al tour e gli spettatori poi, come usa fare già dallo scorso tour, racconta di aver scelto dei pezzi di canzoni famose di 20 anni prima. In questo caso, quindi, la scelta ricade tra quelli del 1997: “Primavera” di Marina Rei, “Laura non c’è” di Nek, “I’ll be missing you“ nella versione di Puff Daddy. Infine, omaggio a Pino Daniele con “Che male c’è“. Il pezzo si conclude con un lungo applauso che Giorgia dedica al figlio del suo amico cantautore, presente alla serata.

Da “Mangio troppa cioccolata”, l’album prodotto dallo stesso Pino Daniele, esegue “Dimmi dove sei” e “Un amore da favola” per concludere il concerto con “Io fra tanti“: tutti i fan del parterre si alzano in piedi e corrono vicino al palco per farle sentire il proprio calore.

Anche in questo tour, Giorgia ha chiamato Sonny T alla direzione musicale, Mylious Johnson alla batteria, Giorgio Secco alle chitarre, Claudio Storniolo al pianoforte e tastiere e Gianluca Ballarin alle tastiere e programmazioni.  D’altronde, squadra che vince non si cambia! E non le possiamo dare torto.

Lo spettacolo non ha deluso le attese: tra racconti, gag con il pubblico – con cui si è fatta selfie e video in diretta – e la sua autoironica “Grande Roma!” si è assistito ad una performance di alto livello sia dei musicisti che dei ballerini, il tutto inquadrato in una scenografia di tutto rispetto e coronato dalla sua impeccabile voce.

Articolo e foto di Mariadora Bolognese