Recensioni album

Recensioni, informazioni e notizie sugli album dei più importanti artisti italiani e internazionali: recensioni rock, pop, punk, elettronica, new wave e molto altro. Informazioni sulle tracklist, sui singoli in uscita e sulle date di pubblicazione degli album.

Tre Allegri Ragazzi Morti ovvero l’Alternative Rock venuto dalla Carnia torna ancora una volta a stupirci con il nuovo disco Sindacato dei Sogni presentato ieri sera un giorno prima dell’uscita ufficiale del 25 Gennaio, nella bella cornice del Santeria Social Club di Milano, in un evento che è andato oltre il classico Release Party .

A 3 anni di distanza dal precedente lavoro “Inumani” il dodicesimo della serie escludendo i live e gli EP , “Sindacato dei Sogni segna decisamente un tappa importante nella ormai quasi venticinquennale carriera dei 3 Ragazzi di Pordenone, una sorta di ritorno alle origini , un viaggio nel tempo e nello spazio musicale che Davide Toffolo leader e cantante del trio ha voluto spiegare e raccontare in una sorta di presentazione a slide con tutta la passione e l’ironia di cui è capace.

Abbiamo ascoltato dalla viva voce del non mascherato Davide almeno per una volta svelatosi insieme a suoi due sodali davanti al proprio pubblico, tutto il dietro le quinte della creazione del disco: dal titolo del disco traduzione di “The Dream Syndicate” (la band di rock psichedelico californiana), dalla scelta dello studio di registrazione con relativa strumentazione , alla storia dell’immagine di copertina, finanche il significato dei singoli brani, alle collaborazioni e influenze musicali che hanno contribuito a rendere Sindacato dei Sogni,  dopo averlo ascoltato attentamente, una vera e propria pietra miliare di un certo Rock Alternativo italiano che rende merito ad una band che è sempre stata coerente nella sua evoluzione e nel suo percorso musicale.

I Tre Allegri Ragazzi Morti ovvero Davide Toffolo (voce e Chitarra), Luca Masseroni alla batteria ed Enrico Molteni al basso hanno ritrovato una sintesi perfetta dei loro 3 Io musicali, un’alchimia sonora fluida, una gestazione perfetta che ha partorito il “disco perfetto”, praticamente una compilation di singoli  costituito da 10 tracce ( + una bonus track ), di cui già tre hanno visto una pubblicazione in successione tra Ottobre e Gennaio,

E proprio Caramella il primo singolo dei “3 Gatti” in ceramica della copertina quello dagli occhi verdi, che viene posizionata non a caso alla numero uno nella tracklist; questa canzone aveva preannunciato un grande ritorno dei TARM, con una ritmica cadenzata in 4/4, una chitarra psyche che arpeggia in loop,  un ritornello che ti entra in testa da subito in testa “Io sono Te” lo ripeteremo all’infinito perchè “Ci Vuole una Caramella” ed in fondo è tutto così immediato e diretto.

Bengala, uscita come secondo singolo vira decisamente verso la ballad più tradizionale con archi, armonica e tutto il mondo verbale di Davide Toffolo.

Calamita l’ultimo singolo uscito proprio in Gennaio è il nome del terzo gattino, con un testo scanzonato, punk sconclusionante , sitar indiano atmosfera psichedelica a mille, per percorrere le lunghe strade assolate estive.

C’era un ragazzo che come me non assomigliava a nessuno un indie rock con sax killer sembra di ascoltare i primi Devo nei mitici 80, ipnotico anthem che entrerà nei classici dei TARM.

 

Alla 4 troviamo AAA Cercasi una sognante e scanzonata rilettura country dello stile dei Tre Allegri Ragazzi dove ancora l’armonica solista di Matt Bordin diventa protagonista;indubbiamente  fa il paio con Accovacciata Gigante in piena atmosfera cantautorale anni 80.

Un paio di episodi che si discostano dal file rouge rock con venature psichedeliche dell’intero disco, le possiamo trovare una  in posizione 7 Mi Capirai (Solo da morto) traccia con una base ritmica che vira decisamente in mondo electro rock ma ancor più viscerale ed estrema soprattutto nel sua lunghezza oltre i 12 minuti nella traccia di chiusura del disco .

E’ questa Una Ceramica italiana persa in California che inizia con sequencer , basso killer e synth a gogo , una lunga intro prima di arrivare alla voce di Toffolo dopo quasi 5 minuti , che la sceglie non a caso come sua preferita un lungo viaggio onirico da ascoltare ad occhi chiusi, una marea che sale e poi scende, utilizzata alla fine dello show di presentazione abbinata ad uno stupendo cartoon fantascientifico.

CD, Vinile o Digitale, procuratevi una copia del Sindacato dei Sogni vi accompagnerà a lungo in questo 2019

In una piovosa serata autunnale raggiungiamo il Serraglio nella periferia milanese per la presentazione Live di “Prima che Gli Assassini” nuovo disco di Sarah Stride, e nell’evento stesso abbiamo l’opportunità di approfondire con la nostra intervista, la conoscenza di quest’artista sulle tracce delle nuove frontiere delle musica italiana d’autore.

1) Concertionline.com : Intanto una domanda per capire la tua passione per la musica e le altre arti. Da dove nasce e quali finalità ti poni? Il tuo nome d’arte ha un particolare significato per te?
Sarah : Credo che nella vita alcune cose non si scelgano, semplicemente non si può fare a meno di praticarle, come se davvero fossero loro a scegliere te. Ho sempre avuto uno sconfinato mondo immaginario, magico, e ancora adesso che sono grande credo sia la mia più grande risorsa e salvezza. La musica, la letteratura, la pittura, il cinema fanno parte di questo mondo, della necessità di elevare la vita al di là del contingente, della piccolezza del lato oggettivo delle cose. Per me fare musica significa questo, poterla condividere significa poter mostrare che esiste “un’altra parte” della quale troppo spesso ci si dimentica e che invece è la ricchezza più grande che possediamo.
Stride, il mio nome d’arte, oltre che essere formato dall’inizio e la fine del mio cognome (Demagistri), mi rappresenta sia nella scelta degli estremi che in una forte connotazione caratteriale appunto “stridente” ed è un nome al quale sono molto legata perché scelto con un caro amico che non c’è più e che nella sua vita ha sposato completamente tutto ciò di cui ho scritto sopra.

2) Concertionline.com : Come definiresti la tua musica non tanto in un genere definito ma in una dimensione comunicativa. Quale ?

Sarah :Sono convinta che la musica abbia un grande potere e nel momento in cui diciamo qualcosa abbiamo una grande responsabilità. Quello che cerco di fare è di indagare il sottosuolo, la zona in ombra che appartiene ad ogni essere umano e di riportarla in superficie, restituirla trasformata in qualcosa di luminoso e positivo. Ecco, attraverso la mia musica quello che mi preme di più è mostrare questa possibilità, la conversione dei demoni in alleati.

3) Concertionline.com:  Parlaci del nuovo disco. Si notano notevoli differenze in termini di sonorità da quello d’esordio. Questa è la direzione che vuoi prendere musicalmente e nella quale ti senti a tuo agio da qui all’infinito?
Sarah: Si, in questo disco ho decisamente abbandonato le consuetudini alt-rock per indagare in profondità la propensione verso un cantautorato più denso, per certi versi più scuro e l’elettronica asciutta, diretta ma contemporaneamente molto tribale di Kole Laca si è sposata perfettamente con i testi, scritti a quattro mani con Simona Angioni e con la loro urgenza. Detto questo, anche se ora mi sento molto a mio agio con questo sound, che continuerò sicuramente ad indagare, non ho idea di cosa potrà succedere nei prossimi lavori in termini di arrangiamento!
4) Concertionline.com :La situazione del live ti da ulteriori opportunità comunicative  rispetto alle registrazioni in studio? Quali aspetti preferisci dei concerti ?
Sarah: Credo nell’importanza di entrambi i momenti e che le possibilità che i live offrano non siano maggiori ma semplicemente diverse. Amo molto stare in studio, potrei rimanere tranquillamente tre ore a scegliere un rullante! Pensa, che nella registrazione dei miei primi lavori, quando registravo le voci avevo assolutamente bisogno che ci fosse qualcuno ad ascoltarmi come per dirigere e in qualche modo “dedicare” a un’altra persona quello che stavo facendo. Ultimamente invece, amo lavorare da sola, svuotarmi di me stessa e mettermi a servizio della canzone in modo che possa uscire nella sua verità semplicemente passando attraverso di me. Nella dimensione live questi due aspetti invece coincidono, sono anni in cui sto lavorando a far tacere il mio ego per vivere il momento performativo come fosse un rito al quale partecipo io insieme al pubblico ma in una comunione e dedizione totale.
5) Concertionline.com: Le tue influenze musicali se ce ne sono cosa rappresentano nel percorso creativo di una tua canzone.
Sarah :La musica ha una permanenza straordinaria nella memoria, nel corpo, di conseguenza sarebbe molto sciocco pensare di non essere influenzati dai propri ascolti in quello che si produce. Per quanto mi riguarda, ho sempre avuto ascolti molto diversificati e in quello che scrivo continuo a trovare il grande amore per immensi cantautori italiani come De Andrè, Fossati, il Trip Hop, l’Alternative Rock, il Post-Punk, la musica mediorientale, la classica e molto altro ma quando mi immergo nella scrittura di un album ho bisogno di fare silenzio e generalmente ascolto pochissima musica, cercando di rimanere con i sensi aperti e pronti a raccogliere altri tipi di influenze.
6) Concertionline.com: Se dovessi citare un solo artista del passato (o presente) con il quale duetteresti o del quale ti piacerebbe fare una cover quale sarebbe?
Sarah: David Bowie da sempre e per sempre.
7) Concertionline.com : A quale concerto sei stata ultimamente che ti è particolarmente piaciuto ?
Sarah: Qualche mese fa sono stata invitata da un amico giornalista ad un concerto di Burt Bacharach. Lasciando da parte il fatto che, oltre al rispetto per un grandissimo musicista e compositore, musicalmente non ho nessuna affinità stilistica, né particolare interesse per le sue produzioni, posso sinceramente dirti che sono rimasta incantata dall’umiltà, l’entusiasmo, la delicatezza e autenticità di un uomo ormai novantenne, che con un filo di voce ha cantato una delle sue ultime canzoni (dicendo: “Spero che vi piaccia”) commuovendo profondamente tutte il pubblico presente a teatro. Davvero una grande lezione di stile e bellezza. Altri due concerti molto belli a cui sono recentemente stata, sicuramente Mark Laneghan e i Low.
8) Concertionline.com : Quali progetti per il 2019 ? Puoi anticiparci qualcosa ad esempio sulla tua attività dal vivo ?
Sarah :Per il 2019 la priorità sarà quella di promuovere questo album da tutti i fronti, abbiamo in cantiere nuovi video e stiamo lavorando alla programmazione del tour che sarà a breve reso pubblico. Poi a livello creativo, sono già con la mente ad un prossimo lavoro per cui mi immagino sicuramente impegnata nella scrittura di nuovi brani.
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Certamente Sarah Stride si era già fatta notare per la sua voce con le sue 2 prime uscite; l’omonimo esordio del 2012 seguito da un album di cover di canzoni italiane Anni 60 ma è nel 2017 che la stessa ha dato nuova linfa alla sua giovane carriera con l’EP “Schianto”  che verrà poi integrato completamente in questo nuovo disco che segna decisamente un ulteriore svolta molto interessante e promettente.

Prima che Gli Assassini è realizzato in collaborazione con Kole Laca (Il Teatro degli Orrori, 2Pigeons) e Manuele Fusaroli (The Zen Circus, Nada, Andrea Mirò), e i testi scritti a quattro mani con Simona Angioni; il  disco mette in risalto le sonorità del tutto personali dell’artista: La Voce di Sarah è sicuramente la protagonista,  capace di proporre una musica d’autore colta ma immediata allo stesso tempo, veicolata attraverso l’elettronica suonata , con uno stile che segue le tendenze attuali di questo genere.  Anche la stessa formazione live rispecchia questo clichè affiancando ai suoni della chitarra elettrica in sottofondo e le basi elettroniche a fare da protagoniste.

Notevole il  singolo “Pensieri Assassini” dove troviamo l’essenza di Sarah Stride in un interessante melting pot tra la sua voce che  affonda le proprie radici nelle tradizioni , su una base decisamente internazionale  fatta di synth e campionamenti ; Megasimento fa il paio con un ritmica molto accattivante e il timbro di voce di Sarah superlativamente in tono.

Nella prima traccia Schianto e soprattutto nella 3 i Barbari percepiamo un interessante ricerca di un suono stratificato con la voce di Sarah sul livello più alto a compenetrare le basi di un drumming a volte sincopato a volte più fluido e Il synth che galleggia in uno strato intermedio.

I testi sono pungenti, surreali, visionarie litanie che si dipanano fluide sulla musica. Stride è capace di condurre le tonalità in modo eccellente su tutte le frequenze  e L’Uomo d’Oro è un ulteriore dimostrazione di versatilità.

Troviamo anche un interessante cover di “La Torre” di Franco Battiato qui riproposta  con una cadenza di bpm decisamente più bassa e perfettamente inserita nel disco.   C’è anche Le Catene Corte con un bel riff di chitarra e la sognante Madre a concludere le 11 tracce del disco.

 

 

Un bagno di folla per la band rivelazione del 2017. Applausi, urla e dediche d'amore per Damiano David, carismatico frontman della band romana

Maneskin Il ballo della vita tour Padova 15 novembre 2018

I Måneskin, gruppo rivelazione dell’undicesima edizione di X-Factor, si sono esibiti giovedi 15 novembre al Gran Teatro Geox di Padova,  con il loro “Il ballo della vita tour”.

Måneskin è una parola danese che significa “chiaro di luna”  (la madre della bassista Victoria De Angelis è infatti danese) non c’entra niente con noi” ha affermato Victoria, spiegando che la musicalità e l’iconicità del nome hanno conquistato tutti i quattro i della band. A quel nome si sono subito affezionati, quindi non l’hanno più cambiato e ora sono i “Maneskin”.

La band romana composta da Damiano David frontman, Victoria De Angelis al basso Thomas Raggi alla chitarra ed Ethan Torchio alla batteria è in giro per l’Italia con il  tour autunnale, sold out in tutte le 15 date.

La tournèe segue la pubblicazione del nuovo album di inediti  “Il ballo della vita”, che ha debuttato al numero 1 della classifica Fimi/Gfk con 4 singoli nella top ten e che ha ottenuto la certificazione Disco d’oro in una sola settimana, i Måneskin annunciano anche il primo tour europeo. Prenderà il via a febbraio e si sposterà tra Spagna, Svizzera, Francia, Belgio, Inghilterra e Germania. A grande richiesta, la band annuncia il ritorno sui palchi delle principali città italiane a marzo 2019 toccando Bologna, Firenze, Fontaneto d’Agogna (Novara), Venaria (Torino), Padova, Milano e Roma.

La tappa padovana organizzata dalla Zed Live e Vivo Concerti, è stata un gran successo. Una serata esplosiva  e ricca di emozioni indimenticabili per i tantissimi fan in visibilio e sognanti, che sin dalle prime ore del mattino hanno preso d’assalto il Gran Teatro Geox in attesa dell’apertura dei cancelli per poter conquistare la primissime file e vivere il concerto il piu possibile vicino ai loro idoli.

I Måneskin con il loro stile ormai iconico, che li rende unici nel panorama musicale, non hanno deluso le aspettative dei fan e son riusciti a coinvolgere e conquistare il pubblico presente con un live straordinario che rimarrà ben impresso nella mente dei presenti.

Il gruppo «venuto dalla Luna» adesso prosegue il tour a  Bologna il 17 e 18 novembre-

Fotogallery  Mimmo Lamacchia

La musica elettronica di Bob Moses,  in arte il duo Canadese composto da Jimmy Vallance e Tom Howie  possiede una sorta di fascinazione musicale che si distingue dalla moltitudine di proposte e che non può passare inascoltata, e l’occasione di parlarne ci viene data dalla fresca pubblicazione del loro terzo disco in studio Battle Lines su etichetta Domino.

Diciamo intanto che il genere Elettronica o Alternative Dance nel quale proviamo ad inserire la musica di Bob Moses è senza dubbio pertinente ma anche riduttivo perchè, soprattutto con il nuovo disco, il sound si espande sino a raggiungere i confini di un pop elettronico colto ed evoluto dove la voce diventa maggiormente protagonista e la cadenza house rimane più in sottofondo.

I due giovani artisti arrivano da esperienze musicali diverse così troviamo Vallance produrre agli albori musica Trance e Progressive mentre Tom Howie si cimenta con il rock e la sua voce; incontrandosi di nuovo nel crogiolo musicale di New York e provando a farne una sintesi nasce l’idea di formare il progetto Bob Moses grazie all’etichetta Scissor & Thread, condotta dai produtorri Francis Harris e Anthony Collins, conosciuti con il nome di  Frank & Tony.

Siamo nel 2012 e con Hands to Hold  Bob Moses produce il primo EP che sarà seguito da altri due nei due anni successivi  arrivando nel 2015 alla pubblicazione di All in All una sorta di raccolta di questi tre primi lavori. Già da questi esordi, che consigliamo di andare a riscoprire ( First to Cry su tutte) , si nota una certa classe nelle loro tracce perchè su una base Deep House si dipanano gli arpeggi di chitarra elettrica e la voce di Tom Howie prodromi di una vera propria struttura di songwriting che troverà la sua definitiva esplosione nel disco Days Gone By che arriverà nell’autunno dello stesso anno.

Il disco Days Gone By ottiene un discreto successo entrando anche nelle nominations dei Grammy Award  con il singolo Tearing Me Up e nelle classifiche di genere tra il 2016 e il 2017  e il duo apparirà in numerosi festival e contest di musica elettronica oltre che in alcuni importanti talk show americani dimostrando anche un’ottima capacità esecutiva live.

Ascoltando il nuovo lavoro notiamo subito una notevole crescita tecnica e compositiva dei due giovani artisti che già si era notato nel primo singolo di questo disco già presentato in primavera “Heavens only Knows posizionato come prima traccia e che inizia con una sorta di coro dipanandosi in un classico Bob Moses style con ritmica house, refrain orecchiabile e chitarre in sottofondo.

La produzione dell’intero disco decreta un decisa virata su una sonorità più accattivante e pop e meno club house lasciando minor spazio ai lunghi tratti ritmici che avevano caratterizzato gli albori di Bob Moses ma senza per questo snaturare l’essenza electronic dance.

Battle Lines titletrack del disco è subito una bella sorpresa perchè chitarra elettrica e tastiere assurgono a protagoniste, producendo attorno alla vocalità di Tom Howie una sintesi molto interessante da vera hit.

A traccia 3 troviamo il nuovo singolo  Back Down uscito a fine Luglio, che prosegue sulla falsariga della precedente canzone, potenzialmente favolosa da remixare con un drumming più deciso e una struttura più ricercata.

Notevole anche Enough to Believe  miscelabile in una playlist perfetta con  The Only Thing We Know ; entrambe ricordano i primi Bob Moses con un downtempo da paura che sfocia in deep house da gustare con un aperitivo al tramonto Ibizenco.

Interessante Listen to Me con una lunga intro sognante e che si trasforma in deep house allo stato puro dove apprezziamo il giusto livello di pulsazioni ritmiche con le vibrazioni canore prodotte da Tom seguita da Selling Me Sympathy con una velatura darkeggiante alla Placebo impreziosita dalle tastiere di Jimmy maestro della console.

Battle Lines è un disco decisamente  interessante che può uscire dall’ascolto del genere “Electronic House” e che è decisamente suonabile in versione Live band  tanto è vero che Bob Moses hanno iniziato una lunga tournee mondiale per la promozione del disco che li porterà anche in Europa, contando ovviamente su un loro ritorno sui nostri palcoscenici.

Battle Lines – Tracklist

  1. Heaven Only Knows
  2. Battle Lines
  3. Back Down
  4. Eye for an Eye
  5. The Only Thing We Know
  6. Nothing But You
  7. Enough To Believe
  8. Listen To Me
  9. Selling Me Sympathy
  10. Don’t Hold Back
  11. Fallen From Your Arms

Questa è una band che si fa notare, perchè non capita frequentemente nella scena rock  di avere una formazione fatta esclusivamente da una mastodontica base ritmica composta da 4 bassisti, una tastiera e un batterista cantante, senza chitarre e  senza frontman, ma maledettamente accattivante ed assolutamente originale nella sua presenza  scenica mascherata, che stravolge la visione classica della rock band tradizionale.  Gli Evil Blizzard  sono così schierati in questa bizzarra truppa:

Side: Batteria e Voci
Filthy Dirty : Basso & Cori
Prowler: Basso

Stomper: Basso
Kav: Basso
Blizzpig: Tastiere & Machete

Sì è tutto vero gli Evil Blizzard di Preston (UK) sono un grand guignol musicale , che mette inseme in un schaker impazzito , il rock classico con il metal , la musica indie e quella dark gotica, manifestando una capacità unica di produrre sonorità particolari ed innovative utilizzando principalmente lo strumento del basso elettrico filtrandone il suono attraverso tutta una serie di pedaliere ed effetti.

Per chi avesse sentito parlare di Killing Joke e dei PIL di John Lydon  (tanto per citarne un paio) potremmo affermare che gli Evil Blizzard sono un’ibridazione stravagante  di alcune di queste influenti band della scena post punk anni 80, con un metal rock alternativo che negli anni 90 e 2000 ha espresso diverse varianti e modalità espressive.

Ed è proprio sulla recensione del  nuovo disco “The Worst Show on Earth”, 3° della loro produzione uscito giusto una settimana fa, che vorremmo concentrare la nostra attenzione, ritenendolo già dal primo ascolto una assoluta chicca e che gli alternative rocker dal palato fino non dovrebbero lasciarsi sfuggire.

Il disco contiene 8 tracce tutte notevoli e ben equilibrate, ognuna delle quali segue una trama musicale specifica e che danno un’idea ben precisa della proposta musicale degli Evil Blizzard

Alla traccia 1 “Hello” uno dei 2 singoli già estratti dal disco,  ci accoglie con una intro di tastiere che poi ritroveremo anche nell’ultima traccia in una sorta di cerchio magico , e subito il sound rock  Evil Blizzard si sprigiona con forza, batteria 4/quarti  basso killer(quale dei 4?) con la  voce cantilenante di Side che ripete  You are You and We are We .

 

Alla 2 ci scateniamo con l’altro favoloso singolo Fast Forward Rewind  per chi ricordasse il retro player delle cassette raffigurato dal simbolo FFR una sorta di ponte tra le 2 epoche e dal 2018 ci catapultiamo indietro negli eighties con una base maledettamente danzereccia e i bassi elletrici distorcono arrivando alle tonalità delle chitarre. Apprezziamo anche il notevole video che ci fa solo immaginare le loro spericolate serate live.

Dopo una doppietta simile che ci ha introdotto pienamente nel variegato mondo musicale degli Evil Blizzard Unleash the Misery ci riporta un pò più sul classico rock ma in cuffia riusciamo ad apprezzare tutte le sfumature che  questi ragazzi sanno dare al loro sound , tanta tecnica e sovrapposizioni stratificate.

Credo che la traccia 4 “Those We Left Behind” sia una delle migliori a mio parere perchè iniziando con un ritmo più sincopato di dipana sempre più potente in un vortice senza fine con la tutta l’adrenalina di un classic rock . Tell Me alla 6 è metallo pesante breve ma intensa  e fa da contraltare alle ultime due perle nere del disco . Pull God from the Sky è una ballad oscura che in un crescendo di forza arriva oltre i 10 minuti di energia pura .

La titletrack che conclude il disco è una degna chiusura di questo viaggio, che inizia con una voce filtrata in lingua tedesca che per oltre 4 minuti esegue un’inquietante litania per poi lasciare spazio ad una sorta di prog rock carico di pathos e di energia.

Non vediamo l’ora e la speranza di vederli arrivare in Italia per una possibile tournee perchè abbiamo intuito dai vari video che girano in rete che i loro show son tutt’altro che banali e che sono un esperienza musicale  che non lascerebbe certo indifferente il pubblico Italiano sicuramente pronto ad apprezzare questa novità musicale.

Evil Blizzard see you soon !

Sono loro, un duo esplosivo di alternative rock con venature punk blues i Bud Spencer Blues Explosion che sono tornati con un nuovo disco di inediti e che sono in procinto di farvelo ascoltare live nella imminente tournee estiva.

Da Roma capitale, Adriano Viterbini alla Chitarra, Voce, Basso, Piano etc e Cesare Petulicchio alla  Batteria e Percussioni hanno percorso le impervie e tortuose  strade del rock alternativo nostrano sgomitando per trovare un loro spazio, un loro perchè, una loro dimensione che in poco più di 10 anni, 4 dischi ed innumerevoli partecipazioni a Festival e Live li ha portati fino alla produzione di  Vivi Muori Blues Ripeti titolo enigmatico del nuovo lavoro di 12 tracce uscito a Marzo per la Tempesta Dischi.

Nati sull’onda di quel format a 2 dell’ alternative punk blues che cominciando da The White Stripes di Jack White, passando per Black Keys e arrivando ai più recenti The Kills e Royal Blood i nostri Bud Spencer Blues Explosion hanno nel loro DNA l’energia e la carica ma anche una grande tecnica esecutiva.

Il risultato si vede e il nuovo disco prosegue nel solco tracciato dalla precedente produzione ma raggiunge nuovi vertici in termini qualitativi cominciando dal titolo che di fatto è una traduzione rivisitata della frase “Eat Sleep Blues Repeat” che videro su una valigia di un musicista in Australia.

I BSBE dicono del loro discoQuesto album parla di vita, di morte e di amore ed è un disco sexy, perbacco, noi siamo pronti a questo viaggioe io aggiungerei e Voi?

 

 

Vivi Muori Blues Ripeti inizia a rispondere a questa domanda con una cadenzata e riffata E Tu ? che imperativamente comanda “Tu adesso mi stai a Sentire” perchè il viaggio nel punk blues abbia inizio.

La Donna è Blu è la giusta prosecuzione della prima traccia con un bel refrain con un tocco di tastiere , scratch ed effetti di riverbero che dimostrano l’attenzione nella produzione dei nostri 2.

Il lato Pop Rock dei BSBE si esprime a pieno nella traccia 4 Di Fronte a Te Di fronte a Me con una bella collaborazione con Umberto Maria Giardini (ex Moltheni) sia nel testo che nella voce, proseguendo con una indiavolata Allacci e Sleghi che raggiunge i 120bpm .

Alla 7 Coca ma ancor di più alla traccia 8 Enduro mostra come in 2 si possa fare più casino di 10 e dice “Siamo come 2 animali” il lato selvaggio del blues , rock in fondo, tanta energia, con le chitarre di Adriano che ruggiscono e la batteria che Cesare che sembra sfondarsi sotto i colpi delle sue bacchette.

Bellissima chicca alla traccia 9 Io e il Diavolo  in una rivisitazione stupenda del classico Mississipi Blues di Me and the Devil Blues di quel Robert Johnson padre fondatore del genere lo “Spirito cattivo del Blues  che viene da un buco della terra” con la partecipazione fattiva e straordinaria di Davide Toffolo dei Tre Allegri Ragazzi Morti.

Una degna conclusione è Calipso la traccia più lunga ed emblematica  del disco che si dipana nella prima metà in un classic rock mentre nella seconda parte ci riporta a quel prog rock sperimentale anni 70 che dimostra ancor di più anche una certa originalità e ricerca che i Bud Spencer Blues Explosion hanno messo in campo in questo disco.

E allora non ci resta che ascoltarli dal vivo nel prossimo tour estivo Vivi Suona Ripeti Tour che dopo le molte date primaverili  li vedrà girovagare in lungo e in largo nella nostra penisola anche in estate a cominciare da Cagliari il 5 Giugno con date nei tre mesi estivi passando per Cuneo a Luglio e finendo in Calabria a Lamezia Terme ad Agosto.

 

Mao Medici

Mao Medici è un cantautore energico, ironico e fuori dagli schemi, ma che ha anche una sensibilità giocosa che usa per raccontare in parole e musica storie di tutti i giorni, con cui non è difficile entrare in sintonia.

È il caso di “Volo Pindarico“, title track del suo secondo album, uscito nel 2015 e poi rinato sotto forma di ep con “Volo Pindarico 2.0“. La versione 2.0 contiene tre tracce riarrangiate e adattate al live acustico già presenti nella prima versione dell’album: “Alba“, “Indaco” e “Volo Pindarico“. Un pezzo con cui Mao Medici si racconta e si mostra, girando anche il video nella “sua” Lissone e parlando di una realtà con cui tutti, prima o poi, si sono scontrati, quella di chi “Non ha mai fatto tredici” ma continua a dirsi “Va bene com’è. Svegliati e credici”.

Volo Pindarico è un disco finanziato dalla gente attraverso Music Raiser, dove ho superato il 100% del progetto. – racconta Mao – Volo Pindarico è poi diventato un live raccontato e poco dopo è divenuto un romanzo (reperibile on line e librerie o sul mio sito maomedici.it). Lo porto ‘a spasso’ da quasi due anni e ha ancora qualcosa da dire. L’album è poi stato riarrangiato e si è evoluto in Volo Pindarico 2.0, grazie anche al contributo di Matteo Luraghi (basso) Vito Emanuele Galante (tromba) e Andrea Meloni (Percussioni), turnisti che rappresentano ormai una formazione consolidata“.

E per il 2018 Mao Medici ha preparato delle novità: un nuovo album “Lo spaventapasseri” e un nuovo singolo “La conta” anticipato da un breve promo di pochi secondi.

Nell’album nuovo ci saranno ospiti importanti – ci ha anticipato Mao – che si sono messi a disposizione per suonare in diversi brani del disco nuovo. Intorno a questo nuovo lavoro si sta creando un gruppo ben affiatato, capace e professionale. Non una band, ma un gruppo affiatato. Dopo Cenere (il suo primo album n.d.r.) e Volo Pindarico, Lo Spaventapasseri segna una linea importante in me.”

Sul sito maomedici.it il nuovo album è già disponibile in pre order. Per ogni acquisto di una copia fisica dell’album, si riceverà l’e-book di Volo Pindarico e il disco in formato digitale.

Mao Medici racconta a modo suo la vita quotidiana, senza mai dimenticare di divertirsi e di far divertire, accompagnandosi con la sua chitarra e facendo muovere, sorridere e cantare chi ascolta.

A chi gli chiede perché si definisce “Cantautore anonimo” risponde con semplicità: “Perché sono uno qualsiasi, con una chitarra e dei fogli in tasca e testi in testa…”

Se vi state chiedendo dove potete vederlo live, ecco tutte le sue prossime apparizioni:

 

Queens of the Stone Age ovvero la magnifica creatura rock di Joshua Homme  è solita lasciare i propri fan per un lungo tempo senza notizie ma le lunghe attese sono sempre ripagate da autentiche gemme musicali che anche in questo caso confermano il nuovo disco Villains al top della qualità.

Sono passati 4 anni dal penultimo lavoro quel … Like Clockwork che ci deliziò per un lungo periodo facendo capire che la creatività di Josh non si era esaurita in un decennio di carriera ma anzi nè usciva potenziata abbracciando nuove sonorità e percorsi inesplorati sino ad allora.

Villains uscito da una sola settimana, riprende il filo rosso di Like Clockwork  e fa un balzo in avanti in termini di qualità e di produzione dimostrando la genialità di un artista che pur impegnato tra mille collaborazioni, featuring e Side Project  riesce a sfornare l’ennesimo capolavoro.

La superproduzione viene affidata a quel mago di Mark Ronson che annovera decine di collaborazioni con artisti di fama mondiale tra le quali Amy Winehouse, Duran Duran, Bruno Mars , dando quel tocco di freschezza e originalità senza per questo snaturare la potenza Rock sprigionata ancora una volta dai QOTSA .

Il disco già al primo ascolto suona potente e compatto con la base ritmica garantita da Jon Theodore alla batteria e Michael Shuman al basso elettrico, ma ha una freschezza speciale data dal massiccio ‘uso delle tastiere di Dean Fertita che arricchiscono il sound rock senza mai coprire i riff delle due chitarre di Troy Van Leeuwen e ovviamente dello stesso Josh Homme.

9 fantastiche tracce compongono il disco dove spiccano alcune perle che entreranno a far parte della playlist definitiva dei Queens of the Stone Age, ma praticamente tutte quante hanno una loro storia e originalità. Ecco qui sotto la Playlist completa per un ascolto e  per fruire appieno di Villains

In perfetto stile Queens of the Stone Age si inizia con una  Feet Don’t Fail Me con un incedere stomping maledettamente danzereccio, le tastiere a creare un atmosfera surreale e sopra tutto  l’inconfondibile voice di Josh .

A seguire il bellissimo singolo The Way You Used to do che ha preceduto di qualche settimana il disco, fa virare la barca verso inaspettati e rutilanti territori boogie.

Ma è la terza traccia Domesticated Animals che si propone a mio avviso come la migliore, con un un riff di chitarra tra i più azzeccati e mai prodotti da Josh con un ritmo volutamente sincopato, un basso killer che fa vibrare le caase e uno strato sopra  la voce di Josh con il suo proverbiale falsetto.

Dopo la ballad Fortress con un bellissimo testo ci si scuote con uno psychobilly scatenato Head Like a Haunted House con le chitarre portate all’estremo acuto e Josh ad interpretare un moderno Elvis con il suo ciuffo biondo.

Il nuovo corso di QOTSA già intrappreso sul precedente disco è percepibile chiaramente in Hideway dove le tastiere predominano su tutto ma senza per questo coprire il resto della band che bisogna ammetterlo dimostra un grande affiatamento e capacità di trasmettere emozioni.

Arrivando quasi alla fine del disco troviamo una Zeppeliniana The Devil has Landed, Diavoletto perfido che campeggia anche sulla copertina del disco con un doppio ritmo veramente potente, hard rock allo stato puro.

Il disco si conclude con una sognante e definitiva  Villains of Circumstance mostrando il lato più intimo di Josh Homme che ancora una volta sa catalizzare la nostra attenzione fino alla fine e considerando la pienezza del disco e della loro infinita serie di hit passate, non vediamo l’ora di rivederli dal vivo nel lunghissimo tour mondiale che toccherà fortunatamente anche l’Italia l’11 Novembre a Bologna .

 

 

 

Abbey Road - The Beatles

Uscito il 26 settembre 1969, Abbey Road è l’ultimo album registrato dai Beatles. Let It Be, che uscirà poi nel maggio del 1970, è stato infatti registrato a gennaio del 1969.

I Fab Four sono prossimi allo scioglimento e si stanno ormai dedicando ciascuno ai suoi progetti personali ma, anche per rispettare il contratto con la Emi, tornano in sala d’incisione ancora una volta, insieme al loro storico produttore George Martin.

Il lavoro in studio riflette la distanza che ormai divide John Lennon, George Harrison, Ringo Starr e Paul McCartney: sono poche infatti le occasioni che vedono i quattro in studio contemporaneamente durante le registrazioni. La maggior parte delle incisioni viene registrata solisticamente, sovraincidendo poi le parti di ciascuno. Mentre  da McCartney e George Martin arrivò l’idea di creare il medley che occupa il lato B dell’album, John Lennon propose di sistemare le sue canzoni su un lato e quelle di Paul dall’altro: un altro segno della crisi.

Il risultato finale però non lascia intravedere la crisi che attraversava il gruppo, anzi: Abbey Road sarà una pietra miliare nella storia del rock.

Il titolo dell’album avrebbe potuto essere “Everest”, in riferimento alla marca di sigarette del tecnico del suono dei Beatles, Geoff Emerick. Ma la prospettiva di arrivare fino in Tibet per scattare la foto di copertina dell’album non raccolse consensi tra i Fab Four. Fu allora che Paul McCartney suggerì il nome Abbey Road (il nome della via dove avevano sede gli EMI Studios, il loro studio di registrazione), che li avrebbe portati subito fuori dai loro studi di registrazione per scattare l’ormai leggendaria foto per la cover dell’album. Gli EMI Studios cambiarono poi il loro nome in Abbey Road Studios a partire dal 1970.
 
Abbey Road - cover album - The Beatles
 
La cover di questo album (su cui potete mettere le mani visitando il sito deagostini.com/beatlesvinile grazie alla The Beatles Vinyl Collection) è l’unica della discografia dei Beatles a non riportare il loro nome nella parte frontale, ma solo sul retro. Entrato nella leggenda, l’artwork dell’album non solo ha regalato eterna fama all’attraversamento pedonale di Abbey Road, ancora oggi meta di moltissimi fan e ambientazione di innumerevoli fotografie di emuli dei Beatles, ma ha anche alimentato le voci sulla morte di Paul McCartney.
 
PID (Paul Is Dead)
è una delle più famose leggende del rock, secondo cui il bassista dei Beatles sarebbe morto nel 1966 in seguito a un incidente stradale, per essere poi sostituito da un sosia durante tutto il resto della sua carriera. Presunti messaggi nascosti e indizi sarebbero disseminati, secondo i sostenitori di questa teoria, in molti album e brani della band. Abbey Road è uno di questi lavori: l’iconica foto di copertina è stata infatti interpretata come una sorta di corteo funebre. Paul, l’unico fuori passo mentre attraversa la strada scalzo (reggendo una sigaretta nella mano destra, pur essendo mancino), sarebbe un riferimento alla morte (in Inghilterra i morti vengono infatti sepolti scalzi), mentre John, completamente vestito di bianco, vestirebbe i panni del sacerdote, o dell’angelo. Ringo, vestito di nero, rappresenterebbe invece l’impresario delle onoranze funebri. George Harrison, che chiude il corteo, sarebbe invece il becchino, vestito in jeans e pronto per scavare la fossa. Ma questo non è il solo indizio che i sostenitori di questa teoria hanno individuato nell’album. Il Maggiolino Volkswagen parcheggiato su un lato della strada è targato LMW28IF: le prime tre lettere sono state interpretate come “Lie ‘Mongst the Wadding”, “Linda McCartney Widowed” (vedova) o come “Linda McCartney Weeps” (piange). Mentre 28IF indicherebbe che Paul avrebbe avuto 28 anni nel momento in cui è stata scattata quella fotografia (l’8 agosto 1969), se non fosse morto. Il grosso furgone nero parcheggiato dall’altra parte della strada, invece, ricorda un “Black Maria”, di quelli utilizzati dalla polizia mortuaria negli incidenti stradali. Sul retro della copertina, invece, la “S” della scritta Beatles appare spezzata mentre il riflesso sul muro comporrebbe un teschio.

Ma sono molte le inesattezze in questa serie di indizi. Paul è stato già ritratto in passato con una sigaretta nella mano destra: nel 1964, quindi prima della sua presunta morte, in una foto pubblicata nell’album Beatles for Sale. Sbagliato anche il riferimento all’età di Paul, che è nato il 18 giugno 1942 e che quindi l’8 agosto del 1969 aveva 27 anni, e non 28. Quanto al riferimento a Linda McCartney, nel 1966 i due ancora non si conoscevano: sarebbe stata quindi la sua compagna di allora, Jane Asher, a dover piangere la sua morte. Ma questa è solo un piccola parte della leggenda legata alla presunta morte di Paul McCartney.
 

 
L’album si apre con “Come Together“, un pezzo che Lennon riproporrà sempre nei suoi concerti degli anni successivi: una combinazione di pause e riprese, con bassi esaltati e una atmosfera cupa, con Lennon che bisbiglia “shoot me”, due parole inquitanti se pensiamo a cosa poi sarebbe accaduto 11 anni dopo.
La seconda canzone dell’album è “Something“: unanimemente riconosciuta come il capolavoro di George Harrison, dopo “Yesterday”, è la canzone dei Beatles che è stata coverizzata più volte. Frank Sinatra, negli anni Ottanta, l’ha definita “la più grande canzone d’amore degli ultimi cinquant’anni”. Altro capolavoro di Harrison è “Here Comes the Sun“, sul lato B.
In “Because“, I Want You (She’s so heavy)” e “Maxwell’s Silver Hammer” compare per la prima volta il sound elettronico del Moog (un sintetizzatore), da poco inventato al momento della registrazione dell’album.
Nonostante i grandi pezzi presenti sul lato A, Abbey Road passerà alla storia anche come l’album di quella che viene chiamata la “Long One“: sul lato B dell’album, otto tracce si susseguono senza stacchi, da “You Never Give Me Your Money” fino a “The End“, che però non chiude l’album. Venti secondi dopo l’ultimo titolo riportato sul disco parte un pezzo di soli 23 secondi chiamato “Her Majesty“. In origine il pezzo era stato inserito nel medley precedente tra “Mean Mr. Mustard” e “Polythen Pam” ma poi era stato rimosso. Il tecnico del suono John Kurlander, a cui era stato detto di non buttare nulla, piazzò il pezzo 20 secondi dopo “The End”. Quando McCartney lo ascoltò in quella posizione decise che l’effetto gli piaceva e il brano fu lasciato proprio lì dove era stato piazzato, come ghost track.

Infine, qualche curiosità sui Fab Four: sapete quando e come si sono conosciuti? E che cosa lega Paul McCartney e i Ramones? Queste ed altre informazioni in questo video.
 

Arriva dal Ghiaccio e dal fuoco dell’ Islanda il nuovo disco “Sports” dei Fufanu emergente e promettente band che interpreta un suond fresco fatto di synth wave con spruzzate post punk , atmosfere indie di grande impatto, e vantano già notevoli collaborazioni tra le quali quella con il grande Damon Albarn leader e cantante dei Blur.

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Il disco ci arriva giusto un giorno prima della pubblicazione ufficiale prevista per il 3 Febbraio per One Little Indian e si avvale dell’importante produzione di Nick Zimmer degli Yeah Yeah Yeahs , mostrando un percorso di crescita notevole  in soli due anni dall’uscita del loro esordio intitolato “Few More Days to Go“, di un paio di EP e alcuni interessanti remix.

Abbiamo ascoltato già tre notevoli singoli estratti dal disco, in ordine”Bad Rockets“,  la titletrack Sports e il nuovo Inability.

Le tre tracce mostrano già una grande maturità per una band giovanissima dove la voce del frontman Kaktus Einarsson si dipana su una trama di chitarre arpeggiate, spruzzate di synth e batteria cadenzata, ma in verità tutto il disco è una sorpesa dietro l’altra in termini di qualità e di originalità.

Che dire della traccia 2 Gone for More molto dancy Club e la darkeggiante Tokyo; interessante  anche Your Fool Indie Rock allo stato puro. Syncing In è una sincopata cavalcata con la chitarra che rincorre la voce di Kaktus che si conclude con un finale di synth.

Restart è la traccia 10 che chiude degnamente il disco. Tutto scorre nel verso giusto, il sound dei Fufanu è fluido , un liquido che si espande e raggiunge rapidamente  tutti i nostri recettori musicali.

 

 

Il ritorno dei Gallesi Feeder è quanto mai gradito, ed il nuovo disco “ALL BRIGHT ELECTRIC”  arriva in redazione in anteprima di pochissimi giorni all’uscita del 7 Ottobre  per Cooking Vinyl. La loro carriera è ha già sorpassato le due decadi ma il suono del gruppo è sempre fresco, Rock senza dubbio ma con quello tocco power pop che non guasta mai

allbrightelectric
Molto belli i due singoli,  già ampiamente in programmazione in molte radio italiane Eskimo ed Universe of Life che regalano passaggi elettrici energici , con la armoniosa voce di Nicholas Grant che sa spaziare dai toni più bassi a quelli alti con grande facilità e una base ritmica davvero potente .

Il disco contiene 11 tracce (3 in più nella versione deluxe) che suonano subito bene al nostro orecchio, con brani dal piglio più aggressivo che certamente includono i 2 singoli sopracitati ma anche la punkeggiante Paperweight o la Nu Metal Divide the Minority , oppure Geezer  hard rock allo stato puro mentre The Impossible segue una trama ritmica trascinante per poi scatenarsi in un potente refrain; nella complessità del disco troviamo episodi con sfumature da ballad quali Oh Mary o Angels and Lullaby’s o la final track Another Day on Earth che inizia con Piano e voce, il testo molto bello , un pezzo che potrebbe entrare tra i “classici” dei  Feeder.

Il trio è in perfetta forma per la tournee che per ora prevede tappe autunnali nel Regno Unito ma che speriamo possa allargarsi anche alle nostre latitudini considerando che i Feeder mancano dai nostri palchi almeno da 5 anni .

Tracklist

1Universe Of Life, 2 Eskimo, 3 Geezer, 4 Paperweight, 5 Infrared-Ultrviolet, 6 Oh Mary, 7 The Impossible, 8 Divide the Minority, 9 Angels and Lullaby’s, 10 Hundred Liars, 11 Another Day on Earth

A distanza di parecchi mesi dall’annuncio della sua uscita, Pooh – L’Ultima Notte Insieme è da oggi, venerdì 16 settembre, disponibile in tutti i negozi e gli store digitali. L’album, disponibile in duplice versione (3CD o 3CD + DVD) raccoglie immagini e suoni del debutto della tournée dei Pooh allo Stadio di San Siro dello scorso giugno, dove oltre 100 mila persone in due serate hanno assistito allo spettacolo di musica, parole ed emozioni, messo in scena dalla band di Roby Facchinetti, Red Canzian, Dodi Battaglia, Riccardo Fogli e Stefano D’Orazio, per celebrare i cinquant’anni di carriera.

Un cofanetto speciale, che oltre ai vari CD e DVD contiene anche un libretto con il foto-racconto delle serate di San Siro e non solo: si parte dai primi scatti rubati durante le prove generali a Livorno sino alle emozionanti immagini dei Pooh a pochi minuti dall’inizio del concerto, capaci di trasmettere in un solo sguardo tutta l’emozione di un momento così importante e speciale; a concludere il foto-racconto immagini del concerto e degli altri protagonisti della serata: il pubblico che con il suo entusiasmo e il suo calore ha reso questo evento ancor più indimenticabile per chi lo ha vissuto, e probabilmente per i Pooh stessi.

Oltre ad avere la possibilità di rivivere le emozioni provate in quelle magiche serate attraverso le immagini integrali del concerto di San Siro registrate nelle serate del 10 e 11 giugno 2016, i fans aspettavano con ansia questo disco per poter ascoltare finalmente i brani inediti che i Pooh stessi avevano annunciato in un’intervista lo scorso gennaio, quando era stato dato il via ai festeggiamenti. Inediti che i fans aspettavano di scoprire da molto e che da tempo mancavano, soprattutto a causa della scomparsa a inizio 2013 di Valerio Negrini, paroliere del gruppo sin dal ’66, affiancato poi negli anni da D’Orazio sino al 2009, anno del suo abbandono della band. Proprio quest’ultimo invece ha firmato i brani presenti in questo nuovo disco, dando voce alle ultime emozioni della band, con un album che resterà come testamento di una grande storia che è giunta alla sua fine. Quattro brani che altro non sono che un misto di nostalgia, speranze ed orgoglio: la voglia di chiudere al meglio questa grande storia si è mischiata inevitabilmente con la nostalgia e la malinconia del ricordo di tanti anni passati a rincorrere i propri sogni, tra sbagli di cui mai pentirsi e soddisfazioni che mai si potranno dimenticare.
Ancora una volta il vero asso nella manica dei Pooh è stato il perfetto mix delle loro voci (quella di Riccardo Fogli compresa), che a volte si alternano efficacemente e a volte tanto efficacemente si sovrappongono sino a formare un’unico suono, quello che per tutti questi anni li ha identificati.

Ma vediamo nel dettaglio quali sono questi quattro inediti tanto attesi che abbiamo ascoltato per voi.

Tante Storie Fa:  un brano energico e incalzante con la musica di Canzian cantato a turno dai cinque Pooh, con un ritornello corale in cui il famoso impasto vocale dei Pooh torna a farsi presente in modo prepotente. Un brano in cui si riflette sul passato rendendosi conto di come ogni esperienza, ogni scelta ha portato al traguardo finale, senza rimpianti; un testo che oltre agli amori sbagliati del passato può essere adattato benissimo anche alla storia della band perché senza dubbio in 50 anni di carriera anche i Pooh, pur essendo inossidabili musicisti che hanno sempre raggiunto le vette “continuando a crederci, imparando a perdere”, avranno fatto qualche sbaglio o qualcosa di cui pentirsi, ma “forse sarà cosi, chi non vive non sbaglia mai”.”

Le cose che vorrei: una ballata malinconica nella musica, scritta da Battaglia, e incalzante nel testo, che offre uno sguardo al futuro e alle speranze per un mondo migliore, con il desiderio di non smettere mai di sognare, perchè “i sogni passano i desideri restano, vuoi o non vuoi fanno bene al cuore”, e perché in fondo le cose accadono solo se fortemente volute, perché come recita una frase del testo “e invece io vorrei che chi perde puntualmente prima o poi si renda conto che non è colpa al mondo, che la sfiga è un’invenzione strabiliante, per chi vuole tutto senza fare niente”.

Ancora una canzone: si tratta del brano in rotazione radiofonica già da giugno, scritta da Facchinetti, e inserita nei live come ultima canzone, quasi come una richiesta al pubblico, alla luna, di poter cantare un’ultima canzone “Luna dai questa notte non correre dammi un attimo che diventi per sempre scordati di inseguire la notte confondi l’alba e se puoi resta in cielo di più fai che domani non sia mai”. Un brano dalla musica incalzante, quasi gioiosa, che sembra fare a botta con la dolcezza e la malinconia del testo, che per quanto ricordi di quelle “notti limpide con la festa nel cuore” non riesce a nascondere la tristezza di questo finale oramai imminente. Nel brano anche un ricordo al compianto amico Valerio Negrini, quella “stella lassù” che “sarà sempre con noi”.

Traguardi: l’ultimo inedito altro non è che uno strumentale scritto da Facchinetti sull’onda dei grandi strumentali tanto amati dal pubblico dei Pooh. Un’introduzione delicata in cui la chitarra fa da padrona, che si apre poi in un ritornello corale, registrato con il contributo di un coro gospel di 150 elementi, l’Hope di Torino. Un brano che non è stata una vera e propria sorpresa per chi ha partecipato ai concerti negli stadi e all’Arena di Verona: frammenti di Traguardi sono stati infatti utilizzati, in chiave sinfonica per l’intro e per il finale dei live, risultando apprezzatissimi da tutti sin dal primo momento. La versione in studio, decisamente più lunga di quanto era stato sino ad oggi ascoltato, permette di apprezzare meglio sia la parte del coro sia le parti iniziali di chitarra del brano. Un brano che all’ascolto trasmette quel sapore di soddisfazione che si prova al raggiungimento di un traguardo importante,  a cui spesso si arriva dopo sogni e sacrifici, proprio come questa storia che sta per finire ha dimostrato. Giunti al termine del brano ci si rende conto che i 50 gloriosi anni di carriera dei Pooh, della band dei record, di coloro che sono stati tante volte definiti gli Highlander della musica finiscono qui, con l’ultima nota di questo brano.

Un disco che è un mix di nuovo e rinnovato, dove trovano posto cinquant’anni di carriera, rappresentati da quei 50 brani eseguiti live che ripercorrono stili e anni diversi, il miglior modo di presentarsi e di farsi ricordare, perché è vero, i Pooh si scioglieranno a partire dal 1 gennaio 2017, ma la loro musica, per chi ha imparato ad amarla, non morirà mai.