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Piergiorgio Pierantoni

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C’era un tempo in cui Gianluca Grignani smembrava i preconcetti della musica leggera italiana creando un disco come La Fabbrica di Plastica, un album che si è abbattuto come un fulmine a ciel sereno nella musica di un paese che stava per essere orfana di Lucio Battisti e che si accingeva ad entrare nel nuovo millennio con una formula completamente alterata per creare artisti; i talent show. Proprio quella “Fabbrica di Plastica” che ci descrisse in quel disco. Non siamo contro i talent, li seguiamo, una volta no ma abbiamo capito che in un paese ormai povero se non nullo di cultura mainstream, il talent è rimasto l’unico mezzo per avvicinare alla musica i giovanissimi, sperando che abbiano la critica e l’audacia per espandere il loro bagaglio culturale,senza soffermarsi e fermarsi al singolo prodotto confezionato dalle case discografiche per essere venduto dopo il successo televisivo.

Gianluca Grignani è stato un “teen idol”, è nato come prodotto, si è ribellato, si è preso le sue responsabilità e ne ha pagato le conseguenze, perdendo il treno del successo su larga scala (che aveva appena tracciato con il suo esordio), intraprendendo una strada tortuosa, fatta di ricerca, sperimentazioni, album più e meno riusciti, perdendosi nell’infinita miriade di cantautori italiani pur mantenendo quello stile tutto suo. Anno dopo anno ha pubblicato materiale più o meno meritevole, prodotto più o meno bene, a volte nei testi, a volte nella sola musica, a volta nel genere, a volte negli arrangiamenti. Ma dopo Sdraiato Su Una Nuvola non è più riuscito a pubblicare un lavoro completo, come un contenitore pieno di ogni ingrediente per poter terminare la propria creazione. Ha ottenuto risultati buoni, altri meno buoni, i fans si sono divisi in esaltati e nostalgici, la svolta pop sancita con il successo radiofonico de “L’aiuola” e l’uscita de “Il Re del Niente” ha segnato uno spartiacque tra due tipologie di artisti che si sono avvicendati a cavallo del 2000. Ma il periodo più difficile per Gianluca Grignani a nostro modo di vedere è arrivato negli ultimi 5 anni, conscio del fatto di essere un talento sprecato, ha dovuto rimboccarsi le maniche affrontando un percorso ancor più difficile del precedente; un’autoproduzione con mezzi e fondi limitati. Questo percorso musicalmente inizia nel 2008 e termina nel 2014, con 3 album, una biografia e tantissimi episodi e scandali che lo hanno riguardato.

Questo succede agli artisti che vivono nella propria altalena di emozioni e difetti, errori e vita percorsa sul filo di un rasoio tra giusto e sbagliato. Grignani è stato criticato, l’abbiamo criticato e personalmente scrive chi l’ha criticato, e tralasciando tutte le vicende personali che ci accomunano, oggi possiamo tranquillamente affermare la necessità di parlare a viso aperto del suo ultimo album “A Volte Esagero”, pubblicato il 9 Settembre 2014.
Cominciando dicendo che Gianluca Grignani ha interamente cambiato manager ed ufficio stampa (spesso le critiche più ferree che abbiamo espresso erano più rivolte a codesti piuttosto che all’artista stesso, rei di non aver mai accompagnato adeguatamente Gianluca Grignani negli steps che percorre la breve vita della post-produzione e della promozione di un album, tour compreso).
Un album, “A Volte Esagero”, la cui gestazione è partita già dopo la pubblicazione di Natura Umana, scritto in 3 soli mesi nel 2011, a prova del fatto che fu un album che fece da intermezzo, un prodotto che DOVEVA essere pubblicato. A Volte Esagero è stato registrato tra gli Air Studios di Londra e il Forward Studio di Roma (ed alle registrazioni hanno preso parte anche Lele Melotti, grandissimo batterista e Cesare Chiodo, bassista eccellente).

Il disco, prodotto insieme ad Adriano Pennino, presenta testi e musiche di Gianluca Grignani e parte con un intro che è anche il primo singolo pubblicato a Giugno 2014, “Non Voglio Essere un Fenomeno”. Ma andiamo con ordine. Gianluca Grignani si affaccia con questo nuovo album attraverso ballad sottili ed emozionanti, alternate a ritornelli di puri power chords rockeggianti, ed i suoi classici arpeggiati che lo hanno caratterizzato negli anni, a volte sfiorando anche piccoli accenni di psichedelia e progressive.
Ma non è tutto, Grignani tira fuori anche il lato nascosto privato di se stesso e lo fa in una delle perle dell’album, Madre. Un album che sembra quasi scusare l’attesa per tutto questo tempo, in cui si sente un pizzico di ammissione dei problemi che da sempre lo rincorrono e la voglia di riscattarsi. Insomma un cantautore ritrovato, che a suo dire, ha curato ogni minimo dettaglio personalmente di ogni brano , e avvalendosi di grandi collaborazioni. Un album veramente gustoso, musicalmente ricco, azzeccando inserimenti di archi di violino, strumenti a fiato, sax , flauti traversi, e un pizzico di elettronica digitale, che inserita nei punti giusti non guasta. Tanto si sente l’impegno nel cantato, eliminando (e diciamolo , finalmente!) i tanto fastidiosi ugolii che spesso trovavamo in Natura Umana, sostituendoli con assoli di ogni singolo strumento, con acuti graffianti e decantate dolci e sottili. Ma occhio, A volte Esagero è un album che difficilmente sentiremo in live come nella versione studio, essendo come detto in precedenza molto ricco , a livello strumentale nel registrato, nel live apparirà più asciutto e povero, dove solamente una mini orchestra potrebbe compensare (e se in tour si servirà di qualcosa del genere grideremo al miracolo, ma probabilmente il tutto si risolverà con delle tracce registrate), ma se l’artista riuscirà a dare nelle sue performance la professionalità che serve e la giusta concentrazione con il quale è stato creato l’album, allora il risultato sarà più che soddisfacente per gli occhi e per le orecchie degli spettatori.

Video di “Non Voglio Essere un Fenomeno” – Gianluca Grignani

Ma tornando all’intro del disco, ovvero Non Voglio Essere un Fenomeno, possiamo dire che è il brano con il quale Grignani ha deciso di ritornare sulla scena e promuovere il nuovo album. E tutto fa pensare ad una scelta ponderata e azzeccata, in visione vendite,ma al contrario delle altre canzoni, sembra essere nata solamente per questo scopo. Dobbiamo ammettere che al primo ascolto, considerando la possibilità di almeno altre 8/9 tracce di un album siamo rimasti dubbiosi sulla scelta, ma già dal secondo ascolto la musica è appunto, cambiata. L’apertura elettronica, quasi dub, fa saltare quasi increduli. Su questo filo fa l’esordio la voce di Gianluca , che rompe il ghiaccio, e si capisce subito che la musica è cambiata. “Quando sei uno come me che non vai a genio a tutti sai che ci provi ma non ci riesci mai..” , cosi inizia la strofa del brano , e fa capire che questa volta Grignani ne ha per tutti, con la consapevolezza di un uomo maturato. Risulta un po’ povero all’inizio ,sciapo , ma giusto il tempo di arrivare al ritornello per spalancare i volumi ed aumentare i gain , ed il brano esplode. Le chitarre elettriche fanno il loro esordio, il tanto famigerato distorto arriva, e delle triadi sottili accompagnano la ritmica del ritornello, dando il via ad un gradevole piacere per le orecchie. Ma il clou del brano arriva al minuto 2:58, dove anticipato da uno stacco discendente d’archi, entra prorompente l’assolo di Michael Thompson, famoso chitarrista Newyorkese (con gia delle collaborazioni eccellenti come ad esempio Phil Collins, Celine Dion, Bolton, Cher oltre che la carriera con la sua band) e mette quella ciliegina su quella torta già bella cosi. Un grande in bocca al lupo a Salvatore Cafiero nella riproduzione live. Il brano riscuote un discreto successo nel giro radiofonico , grazie al testo divertente e trasportante del ritornello,che entra nelle orecchie di chi lo ascolta e suscita la curiosità di ciò che sarà l’album.

Il testo del brano è evidentemente una presa in giro verso tutti i fenomeni della musica commerciale che prendono posizione e potere su un palcoscenico giusto per il tempo di una canzone (o quasi). Fenomeni dal facile canto ma privi di reali capacità e doti nella scrittura musicale, che quindi vivono di interpretazioni finchè i parolieri esauriscono i “gettoni” (cioè i testi per le canzoni) per cui sono stati pagati. E Grignani mette a nudo (anche) questo aspetto prendendosi come esempio, perché come dicevamo prima, anche lui è stato un fenomeno a suo tempo ammettendo che “esser famosi è già fuori moda per me” riferendosi chiaramente al suo bruciante esordio da teen idol, ormai nel passato del cantautore.

Un brano che apre le porte di un disco pieno di tematiche, come nel secondo brano, L’amore che non Sai, una traccia deliziosa , nel suo stile, nel suo modo di porre una prospettiva sull’amore, quel Gianluca Grignani che conosciamo, che osserva e scrive i più intimi particolari di una donna che non si accorge di quanto quest’uomo la ami. Inizia tutto con una strofa dolce e romantica, cantata con una vocalità inedita per Grignani, come un risveglio al mattino, con degli archi che precedono la chitarra classica, con qualche elegante armonico qua e la, che accompagna fino all’intro del ritornello, dove la ritmica con un non troppo prorompente overdrive fa da sfondo ad un ritornello pieno e ampio. Esplosione di archi e di chitarre, per poi passare al bridge, a mio avviso veramente bello, studiato perfettamente, dove i violini fanno la parte da padrone, che sfuma poi verso la fine del brano.

Il testo è tipicamente nel suo stile come abbiamo detto precedentemente, è descrive l’amore che vive insieme alla sua famiglia, confessando alla propria metà tutto il proprio amore, presentando anche quello che non riuscirà mai ad esprimere, perché come tutti i sentimenti, l’amore non ha la completezza materiale che possa renderlo visibile concretamente ed il tutto viene compensato dall’alchimia di amare una persona come voi vorreste essere amati, consci del fatto che la vostra metà potrà donarti nel corso della vita un amore che nessuno conosce, se non coloro che hanno avuto figli, e cioè l’amore di essere padri di creature che a loro volta ti insegneranno ad amare in un modo che non hai mai conosciuto. Un brano, questo, dove Grignani riconosce che si può amare e scoprire amore sempre nel corso della propria vita,senza mai smettere, abituarsi, credere di conoscerne già tutti i contorni, in sintesi parla dell’amore che non sappiamo, dandone un’espressione infinita, perché ad ogni forma d’amore che nella vita abbiamo conosciuto e che continuiamo a dare, riceve e condividere, possiamo star certi che ce ne sono altre infinità che ancora non hanno investito la nostra vita e che forse non conosceremo mai.

Il disco prosegue con la title track A Volte Esagero che da il nome al disco, francamente ci saremmo aspettati di più. Al contrario anche del deludente Natura Umana, dove comunque il brano di rilievo, appunto la title track, era uno dei più belli e forti dell’album, qui A volte Esagero non lascia il sapore in bocca di qualcosa di gustoso, un brano appena sufficiente, nell’arrangiamento e soprattutto nel testo, eccetto qualche verso nel ritornello, ma dove la parola “Fratello” viene incessantemente ripetuta, anche nell’intero disco. Classico schema strofa/ritornello/strofa/ritornello/bridge/ritornello finale, senza l’esplosione o nel caso l’esagerazione di un super assolo, che lascia a bocca asciutta. Il brano che deve e doveva esagerare, non lo fa. Al posto di una pennata dolce e ritmica, avrebbe dovuto dar giù di power chords, per un titolo cosi.

Il testo di questo brano si presenta con il verso “Resto qui a guardare le onde contro a un muro girare” che è ispirato dal brano Watching the Wheels di John Lennon, brano postumo pubblicato nel 1981 (un anno dopo la sua morte) nell’album Double Fantasy, un inno alla pigrizia (le onde sul muro non sono sogni ma semplici pensieri scaturiti dall’ozio). Troviamo assonanze tra questo brano e quello che fu di Lennon in quanto quello di Lennon fu scritto in risposta a chi non comprese il suo tirarsi fuori dalle scene per anni, relegandosi al “solo” ruolo di marito e padre mentre quello di Grignani è scritto quasi per manifestare un continuo bisogno di fuga dal suo ruolo di artista musicale per riallacciarsi alla strada, quella strada da dove viene, alla continua ricerca di emozioni e non solo ricordi di esse, ma che nella parte finale ammette con orgoglio ciò che è e sarà per sempre il suo mestiere. Queste le emozioni che lo portano ad esagerare, ed ecco che da qui il disco comincia un suo “lato b” di confessioni.

Questa parentesi del disco inizia con il brano Il Mostro, forse uno dei più belli dell’album. La sua apertura è cupa, misteriosa, con uno stile che avvicina ai The Cranberries ma che possiamo trovare nella discografia di Grignani in brani come Scusami Se Ti Amo ed un pizzico di psichedelia. Le triadi risuonano con un effetto chorus che veste perfettamente la parte iniziale del brano, su di un pad che da la sensazione di essersi persi in un posto buio e tenebroso (non a caso il brano doveva iniziare con un discutibile verso che ci presentava Cappuccetto Rosso). Ed eccolo li che comprare, il mostro! Il ritornello arriva , e non si può far altro che rimanere a bocca aperta, l’effetto sulla voce di Gianluca è affascinante, il wah wah e il distorto sulle chitarre funzionano alla grande, ed è il risultato di un gran bel pezzo. Il testo, stupendo, è l’ammissione di una delle sue ormai famose “esagerazioni” e ne conferisce bellezza la costruzione geniale, che pone Grignani come una donna attratta dal “Mostro” che interpreta la “tentazione” a cui non riesce a rinunciare e di cui non riesce ad ammetterne i mali. Altra interpretazione che si può dare al testo del brano ci dirige ad un messaggio verso una persona che ha deluso Grignani, una persona forse caduta in tentazioni che lui conosce bene e da cui non è riuscita a tenerla lontana, chi lo sa? Nota di merito al bridge, dove l’assolo di sax è qualcosa di meraviglioso, e con l’aggancio e il reprise del ritornello calza a dovere, dove si inserisce anche la chitarra (di Alberto Radius, gran maestro della 6 corde), che insieme al sax vanno a sfumare pian piano verso la fine del brano (e questa ultima scelta, quella di non finire in modo brusco ma lentamente, è la migliore decisione che potesse prendere).

Il disco nel lato “confessionale” prosegue con il brano Madre, vera perla dell’album , emozione allo stato puro, e tenerezza. Un brano che andrebbe bene sia in versione studio che in versione live preferibilmente acustica, chitarra classica e piano. Violini e chitarra acustica si dividono le parti nella strofa, mentre il ritornello , stupendo, si chiude dopo un accompagnamento con non troppo rumore, con un piano raffinato. Da notare – e qui va un applauso – il flauto traverso, in pieno stile del miglior Ian Anderson dei Jethro Tull inserito a sorpresa , molto delizioso e particolare. Un brano in cui sembrano riaffiorare i ricordi di Grignani, emozioni materne, e l’amore verso la donna che l’ha cresciuto. E della quale sente ancora il bisogno in questo mondo dove si trova perso, arreso e spaventato, dove senza il suo aiuto, le paure lo perseguitano, paure che lui allontana soffiandole vie costruendosi una sicurezza di spirito che però nella solitudine di un letto ove i pensieri si fanno fitti e ci si sente vulnerabili, tali paure scendono giù, calando, insieme alla quella sicurezza e forza che era solo una maschera con cui ogni giorno si protegge. Un Grignani che apre al suo mondo privato, e personale. Testo molto intimo, la cui tipologia di scrittura riporta agli esordi, in quanto si presuppone che sia stato scritto tra il 1994 ed il 1996 ma che fu scartato perché (la leggenda narra) ritenuto un testo troppo maturo per un ragazzo appena ventenne.

A questo punto il disco ha un riempitivo che disorienta i fans di Grignani, Rivoluzione Serena, un brano non proprio nel suo stile a livello musicale ma che nel testo presenta quegli ingredienti che hanno reso negli anni Grignani un artista free spirit, un testo che inneggia alla pace ed al cambiamento senza le ripercussioni dei conflitti per ottenerlo, tale stile dona all’album un momento di pausa dopo una doppietta devastante, con un funky ben curato che scorre piacevolmente, con l’Hammond che nel ritornello fa il suo dovere, anche se ne avremmo apprezzato maggiormente una versione più distorta, ma va dato merito anche alla “jam session” sullo stacco nel secondo ritornello ed alle trombe nella parte finale.

Il disco riprende con Maryanne; molto bella , intensa, la strofa si presenta con un Hammond che fa da tappeto alle 6 corde, mentre il ritornello nel cantato riflette i tratti tipici di Grignani, ritmica con un leggero distorto ed un riff delicato a seguire. Nella seconda strofa uno slide leggero entra e da un sapore di purezza e di vittoria. Un brano che risulta gradevole, e dimostra la grande sensibilità di Grignani, che nel testo racconta di una ragazza madre di colore che vive le vicissitudini di una vita che non è quella che ha sempre desiderato ma che nonostante questo cerca comunque di valorizzarla nel significato,nel sacrificio,donandole un valore intrinseco che solo la sensibilità dell’autore del brano (e di chiunque non si soffermi di fronte ai pregiudizi) può cogliere.

L’album prosegue e si avvia alla conclusione con un trittico di brani che inizia con Fuori dai Guai, una traccia che riporta a sonorità riconoscibili in album come La Fabbrica di Plastica per la durezza ma dove si può riconoscere un giro eseguito con tempi maggiori che ricorda molto quello di Polly dei Nirvana. La strofa rimane sulla stessa falsa riga, dove la batteria da il tempo, quello giusto, e gli armonici danno il via al testo e un’elettrica, con un pò di phaser, costruisce il riff principale. Il ritornello è molto bello, non pesante, dove c’è il solito tappeto dell’elettrica, ma leggero, che da modo al basso di continuare il suo ruolo da protagonista. Inaspettato e piacevole il bridge, dove tutto si sfuma, l’effetto delay con in sottofondo un ritmo dance anni 90 che alleggerisce per qualche secondo il brano e da un tocco soft e rilassante, per poi riesplodere in pieno con l’arrivo del solo che porta alla chiusura del brano. Testo incalzante e diretto che ha il suo massimo picco sul bridge e nella strofa finale, la cui tematica ripercorre uno dei concept dell’album, ovvero l’esagerazione, che porta il protagonista a ritrovarsi sempre al centro delle “cazzate”, a cui lo stesso cerca di dare una giustificazione, appellandosi alle paure ed alla ricerca dell’amore di cui spesso si sente privato. Un brano accompagnato da un sound piuttosto gravoso, quasi a trasporre il significato delle parole nella musica, rotolando via e proseguendo oltre.

L’uomo di Sabbia è il brano in cui si deve necessariamente scendere a compromesso tra le penne di questa recensione. C’è chi dice che sembra scritta da Gigi D’alessio, chi invece la giudica una vera perla del disco. E’ opinione condivisa che il testo sia un sunto (molto più riuscito) di tutto ciò che si voleva comunicare con Natura Umana. Un brano che parla della crisi economica come crisi culturale, sociale, umana ed esistenziale, le cui metafore donano all’ascoltatore la possibilità di poter apporre alle parole ed alla musica diverse interpretazioni e diverse immagini, come la “ruota che gira” nel mondo, semplice e logico esempio di come (e qui ci spingiamo oltre, azzardando) la lotta di classe abbia portato prima in confitto la classe operaia con quella imprenditoriale, mentre oggi queste due (insieme) sono in conflitto con quella che possiede la ricchezza finanziaria, privandone la maggior parte della popolazione e che deteriora i paesaggi in un degrado urbano che è la prova più sconcertante di tale crisi. In una ruota che gira e che pone sempre ad un uomo realizzato e fiero (il classico self-made man), un altro calpestato e distrutto. Il tutto condito da un sound sintetizzato con l’elettronica, esperimenti già intrapresi in Emozioni Nuove.

Si giunge a conclusione dell’album con Come Un Tramonto. Il brano è profondo a dir poco, l’arpeggio nella strofa e l’Hammond leggero creano un’atmosfera stupenda, con un bellissimo ritornello. Un power chord leggermente sfumato con un violino che lo accompagna e Grignani che canta in modo eccezionale e mette in mostra le sue vere doti. L’arrivo della batteria nella seconda strofa da il “la” alla canzone, che poi sembra un tutt’uno col ritornello. Il bridge sembra un sogno, si aprono i violini e gli archi e Grignani li segue, non sbagliando una nota, e crea un vero e proprio capolavoro che raggiunge l’apice nel verso “per te che sei l’immenso colore di un dipinto che fa arrossire anche me” cantato in maniera quasi lirica se non effettivamente così, un verso che ci trasporta sul finale in un’aria che è la giusta conclusione per questo disco.
A VOLTE ESAGERO è un disco che taglia i ponti con gli ultimi 5 anni della carriera di Gianluca Grignani, perché pur essendo la fine di un percorso iniziato con RRS e Natura Umana, questo album è l’inizio della svolta professionale dell’artista, che oltrepassati i 40’anni ha il dovere di virare verso concezioni più mature della musica, che già in questo disco appaiono chiare, prendendo si spunto dal proprio “cassetto”, facendo riemergere vecchi pezzi, ma mixando ciò con quello che la sua verve attualmente mette nero su bianco. A VOLTE ESAGERO è un disco completo nella struttura, costruito in maniera genuina, che comprende tematiche come l’amore, i desideri,i bisogni, i vizi, le tentazioni, le esagerazioni, le paure, le speranze, e le soddisfazioni di un artista che ha sin’ora navigato in acque tempestose e che oggi si ritrova a terra in quel porto sicuro che è quel suo modo di fare musica che oggi prende forma in maniera concreta e definita.

FENOMENO. VOTO: 7,5
Adesso sarà interessante scoprire come questo buon lavoro sarà trasposto dal vivo; si parla di due grandi eventi nel 2015, la collaborazione scenografica con Marco Lodola (che ha curato la però non entusiasmante copertina, mentre le foto del booklet sono a cura di Marcella Milani) e tante altre novità che investiranno il percorso artistico di Gianluca Grignani a braccetto con quest’ultimo album. Tutto quello che sappiamo al momento che è stato creato un buon prodotto discografico, promozionato anche in VINILE (senza contare la diffusione via web con i canali streaming), che il secondo singolo è la title track (rilasciato il 26 Ottobre 2014, mentre il videoclip è appena apparso in anteprima su Vanity Fair) e che il presale del tour dovrebbe iniziare ad ottobre 2014.

Ma potremmo mai finire così questa recensione? Certo che no, quindi per tutti i fans di Gianluca Grignani concludiamo con il commento esclusivo all’album di Massimiliano Lalli, artista di cui non servono ulteriori presentazioni:

“A Volte Esagero” è un ritorno in grande stile per Grignani. C’è tanto, tantissimo in questo album e non stiamo parlando affatto di un album facile. Sarebbe stato molto semplice, con le caratteristiche e lo stile di Gianluca confezionare un LP ad uso e consumo della massa, invece il risultato è un grande album denso di storie ed impressioni, per nulla semplice all’approccio, anzi, si parla di un disco profondo e difficile. Eppure è bello vedere che la risposta del pubblico è stata così immediata; è bello vedere che un album dal concetto così internazionale, concepito nel suo insieme come una vera e propria opera, come si faceva una volta,abbia fatto breccia. E’ un disco per tanti versi spiazza, la Title Track confonde, ti fa andare in una direzione, per poi catapultarti in un universo profondo e poetico. In Italia molti confezionano dischi fatti di due, tre singoli e il resto è un mare di noia, un “riempitivo” come si dice in gergo. Qui non ci sono pezzi riempitivi, anzi, in questo disco i brani sono in competizione, tutti di gran livello e per tutti i gusti musicali e poetici. Non c’è molto da aggiungere, il disco di Gian dovete ascoltarlo in macchina, in casa, in aereo, mentre scopate con la vostra tipa, o mentre cucinando vi pensate Cracco; facendo un giro nell’autunno e farvi venire la pelle d’oca. Basterebbe “Madre” in loop per farne un gran disco “…dovrò soltanto stare attento alla sera, sul cuscino che insieme alle mie paure la maschera non cali piano”, ma Grignani si sa, a volte esagera e stavolta ha esagerato con 10 canzoni di altissimo livello e un disco che è una goduria per le orecchie. Grande ritorno.

Tracklist album “A volte esagero” di Gianluca Grignani
01. Non voglio essere un fenomeno
02. L’amore che non sai
03. A volte esagero
04. Il mostro
05. Madre
06. Rivoluzione serena
07. Maryanne
08. Fuori dai guai
09. L’uomo di sabbia
10. Come un tramonto

CREDITS: Gianluca Grignani – voce, chitarra, Cesare Chiodo – basso, Alberto Radius – solo chitarra ne “Il Mostro”, Lele Melotti – batteria, Maurizio Fiordiliso – chitarra, Adriano Pennino – tastiera, programmazione, Michael Thompson – solo chitarra in “Non voglio essere un fenomeno” Roberto Schiano – trombone, Alessandro Papotto – sax.

Articolo a cura di Alan Tommaso Piazza e Piergiorgio Pierantoni