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Chiara Morelli

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Still smiling, still loving, still learning.

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La californiana Chelsea Wolfe arriva in Italia per l’unica data nel nostro Paese del tour europeo del suo ultimo album “Hiss Spun” uscito lo scorso anno per la Sargent House:

29 luglio al Circolo Magnolia di Segrate, Milano

Sarà una notte magica, oscura e surreale, proprio come la sua musica. Famosa per il suo particolare metal-folk-drone, Chelsea Wolfe, con più di dieci anni di carriera alle spalle e sette album in studio, è diventata una delle figure di riferimento della scena dark statunitense e beniamina della famosa etichetta Sargent House, dalla quale proviene anche la band che aprirà il concerto, i Brutus, dal Belgio.

Biglietti disponibili online e in cassa il giorno dell’evento.

Il rapper torinese Guglielmo Bruno, in arte Willie Peyote, pubblica ad ottobre 2017 il suo terzo album “La sindrome di Tôret” che raggiunge in pochi mesi un enorme successo. Infatti il suo lungo tour “Ostensione della Sindrome” ha registrato già ventitré sold out sparsi per tutta Italia e non accenna ad arrestarsi, anzi, le date aumentano e il rapper cavalca l’onda come un giaguaro che corre nella savana.

Il 30 marzo 2018 giunge sul palco di Base a Milano insieme alla Sabauda Orchestra Precaria e ai compagni di produzione Frank Sativa e Kavah, dove lo attende una folla inferocita, piena di voce e di energie.

Una figura essenziale, un modo di vestire semplice e senza fronzoli, un ragazzo intelligente e con un parlantina invidiabile, Willie Peyote viene apprezzato dal suo giovane pubblico proprio perché non ha bisogno di presentazioni particolari: tutto ciò che vuole dire lo dice schiettamente e senza il bisogno di creare un “personaggio” forte e appariscente come i rapper ci hanno abituato a vedere.
Non lascia spazio al silenzio, c’è sempre qualcosa che vuole raccontarci. Parla molto, è vero, ma il suo non è un parlare a vanvera come tanti. I testi, soprattutto quelli dell’ultimo album, sono studiati a tavolino e il messaggio arriva forte e chiaro. Tutti sono presi dalla foga di una libertà d’espressione che i nuovi social media ci hanno fatto riscoprire – dov’era andata a finire?- ma noi cosa abbiamo da dire? E soprattutto, abbiamo il coraggio di metterci in discussione e accettare le critiche e le differenze che il confronto comporta?

Nella setlist c’è anche molto spazio per brani dai precedenti album “Educazione Sabauda” e “Non è il mio genere, il genere umano“,  che fa piacere notare siano comunque conosciuti e apprezzati dal numeroso pubblico. Inoltre Willie Peyote è il rapper che se vuole mettere del funk, del rock o del jazz nelle sue canzoni lo fa, e noi questo lo adoriamo. Le quasi due ore di concerto sono dunque molto dense di parole ma anche di ottima musica (peccato per la sezione di fiati mancante) grazie a un’orchestrina molto abile ed energica che sa spezzare i toni e fronteggiare la platea impazzita.

Nonostante Willie sia l’idolo indiscusso del palcoscenico, il pubblico osanna più le sue parole che la sua bocca. Un peso che lui è contento di lasciar cadere ad ogni live: non aspira a diventare il portavoce di qualcuno, se non di se stesso, ed incoraggia ognuno di noi a seguire le proprie aspirazioni e desideri senza preoccuparsi di una società che ci giudica ad ogni passo. Ed è forse proprio questo l’aspetto che più coinvolge: tutti sono portavoce della propria libertà e bisogna quindi farne il miglior uso possibile.

SETLIST:

Avanvera
Glory Hole
Interludio
L’outfit giusto
Ottima Scusa
Willie Pooh
Il gioco delle parti
La dittatura dei nonfumatori
1312
Turismi
TmVB
Metti che domani
Donna Bisestile
Dettagli
Giusto la metà di me
Peyote451 (L’eccezione)
C’hai ragione tu
Le chiavi in borsa
Portapalazzo
I Cani
Io non sono razzista ma
C’era una Vodka
E allora ciao

ENCORE:
Oscar Carogna
Glik
Vendesi
Che bella giornata

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Il rapper torinese Guglielmo Bruno, in arte Willie Peyote, è salito alla ribalta negli ultimi anni grazie alla sua lingua graffiante e a una rima che non risparmia nessuno. Dopo tre albumi solisti accolti positivamente dalla critica arriva a consolidare la sua carriera nell’ottobre 2017 con l’album “Sindrome di Tôret“, da cui è seguito un tour per tutta la penisola iniziato a Gennaio: si chiama “Ostensione della Sindrome” e vede la compagnia del fidato amico Frank Sativa.

Ecco le prossime date:

09/03 Monk – ROMA

10/03 Hart – NAPOLI

17/03 New Age Club – TREVISO

30/03 Base  – MILANO

06/04 Teatro Verdi – CESENA

13/04 Campus Industry Music – PARMA 

27/04 Totem Club – VICENZA

13/07 Flowers Festival – COLLEGNO (TO)

Alla lotta per l’emancipazione sessuale e al rifiuto degli schemi eteronormativi si unisce la voce di una cantante e musicista che fa della sua musica uno strumento per la ricerca della propria libertà.

Come seconda tappa dell’esclusivo tour di Plunge, Karin Dreijer Andersson, oggi in arte Fever Ray, porta sul palco del Fabrique di Milano la sua queerness, con tanto di eroiche compagne di viaggio: Gutarra, muscolosissima ed energica cantante, Maryam, la musa danzatrice e corista, Miko, tastierista dark fetish, Diva, batterista bomba sexy e Lili, la floreale alchimista delle percussioni.

Band assembled. Fever Ray Tour starts tonight.

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L’eterogenea band femminile ammalia ed inquieta al primo sguardo, con un’energia primordiale trascina pian piano il proprio pubblico alla scoperta di frontiere prive di generi e di sessi, di etichette e di sguardi predicatori: la scaletta dei brani perfetta per l’escalation della libido.  “An itch that started to follow me“, poi “Babies pushing boundaries, I really need a beast to feed, my curiosity found a cavity and something to stick in“, fino alle iconiche “This country makes it hard to fuck” e “I want to run my fingers up your pussy“, esplicitamente provocatorie. L’elettronica pop e tribale riempie ogni buco di silenzio e le voci delle tre donne si intrecciano alle loro sfrenate danze e ai gesti che mimano posizioni e atti sessuali.

Anche la scelta dei brani dal precedente album Fever Ray, del 2009, non risulta casuale se si pensa che allora la nostra performer era appena all’inizio di questa ricerca. I’m Not Done può essere la canzone di questo primo album, pervaso da un clima di evasione e depressione, che fa da ponte tra il nuovo e il vecchio: prima impelleva il bisogno di disconnettersi dal mondo (“Can I come over, I need to rest, lay down for a while, disconnect” – Triangle Walks) e l’unica speranza era la consapevolezza dell’artista che c’è ancora molto da scoprire e da creare. Oggi Fever Ray ha trovato altri mezzi per connettersi con realtà diverse da quella da cui desidera fuggire, racconta dell’uso di app per incontri e di reti universali che permettono di raggiungere quel che si cerca e anche di più. Ha scoperto luoghi sicuri dove coltivare una rinata libertà, un nuovo modo di considerare la propria femminilità e il proprio ruolo di donna nella società contemporanea (“Happy drunk, happy in a safe space, so proud to be a part of us, a chosen family to love, to trust” – A Part Of Us).

Da qui si spiega anche il riarrangiamento di alcune canzoni dell’album Fever Ray in uno stile diverso dall’originale, più tribale e ricco di percussioni, insomma più leggero e fresco. Fanno eccezione la tenebrosa Keep the Streets Empty For Me e l’intramontabile If I Had A Heart che sono rimaste, giustamente aggiungerei, intatte nel loro vesti oscure determinando il momento più introspettivo di tutta la serata.

A sintetizzare questa notte di istinti e di pulsioni risuona sul palco la madre di tutte le canzoni: la significativa Mama’s Hand che racchiude tutto l’amore che Fever Ray intende porre al centro delle sue azioni, in campo artistico e personale, nella sfera sessuale e familiare, perché in fondo di amore si parla.

SETLIST:

An Itch
A Part of Us
When I Grow Up
Mustn’t Hurry
This Country
Falling
Wanna Sip
I’m Not Done
Red Trials
Concrete Walls
To the Moon and Back
Triangle Walks
IDK About You
Keep the Streets Empty For Me

ENCORE:
If I Had A Heart
Mama’s Hand

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dalla cover album Plunge
dalla cover album di Plunge

Mancano pochi giorni all’unico live italiano della famosa cantante e producer svedese Fever Ray, pseudonimo artistico di Karin Dreijer, nel nostro Paese per la seconda tappa del suo tour europeo:

il 20 febbraio sarà al Fabrique di Milano.

Dopo la pubblicazione nel 2009 del suo primo omonimo album solista, apprezzato dalla critica di tutto il mondo e diventato ormai un album cult per gli amanti del genere elettronico, Fever Ray non ha pubblicato più nulla fino all’attesissimo ritorno con Plunge, l’album uscito il 27 ottobre 2017 e finito subito ai vertici delle classifiche di gradimento dei più importanti siti musicali. Pitchfork l’ha inserito nella categoria ‘Best New Music’, apprezzando in particolare modo la traccia intitolata IDK About You. Immaginario suggestivo, atmosfere dark e lussureggianti, note elettroniche e lyrics precise come lame. Noi non possiamo proprio perderci uno degli show più interessanti del 2018.

King Krule at Magazzini Generali 28/11/17 photo by Giulia Manfieri
King Krule at Magazzini Generali 28/11/17 photo by Giulia Manfieri

Mai visti i Magazzini Generali di Milano più gremiti di gente. Sono tutti estremamente euforici all’arrivo del piccolo genio londinese dalla chioma rossa per la prima volta in Italia in un’unica data sold out: Archy Marshall, in arte oggi King Krule.

Vale la pena ripercorrere i primi passi di questo ragazzino classe ’94 che cresce con influenze musicali al di fuori dal comune e pubblica su internet i suoi primi “esperimenti” musicali dall’interno della sua cameretta a East Dulwich, diventando presto un fenomeno di richiamo in tutta la scena indie suburbana europea e non solo, per le sue particolari caratteristiche: scrive musica passando dal punk al jazz, i suoi testi sono rap, ma canta da crooner come nessun ragazzo della sua età ha mai fatto prima.

Zoo Kid, Angus Young, Edgar The Beatmaker, DJ JD Sports…sono tanti gli pseudonimi con cui si firma tra cui il più famoso, King Krule per l’appunto, con il quale pubblica nel 2013, all’età di 19 anni, il suo primo vero album, 6 Feet Beneath The Moon: un capolavoro.
“I want to get more and more sophisticated. I’m ready to go from being a kid to being a king” disse al The Guardian quel giorno di quattro anni fa.
Il 28 novembre 2017, è a Milano per una delle tappe del tour di The OOZ, il suo secondo album pubblicato il 13 ottobre, per farci sentire come procede questo suo percorso.

In mezzo ai fumi di un palco che sembra maledetto, King Krule e la sua band attaccano con due canzoni del vecchio album, giusto per scaldarsi con qualcosa che magari è loro più familiare, ma è un inizio debole. La folla ai loro piedi comincia ad agitarsi solo con il primo pezzo più movimentato, Dum Surfer, per poi impazzire alla famosa A Lizard State e lasciarsi trasportare da pogate e ondate di fanatismo.

Entriamo così nel vivo di un breve (poco più di un’ora di durata) ma intenso live che vede l’alternarsi di raffinati momenti jazzatini, un po’ acerbi data la giovane età di tutti i componenti del gruppo, e di strazianti urla, chitarre sgraffianti, atmosfere dark. Il pubblico vuole arrivare all’artista, lo brama ardentemente, lo invoca e lo provoca. Ma Archy, nonostante tenta qualche parola di ringraziamento, viene sovrastato dai suoi fan e rimane lontano, nella sua solitudine, nella sua repulsione verso gli “altri”, nel profondo della sua tenebrosa voce baritonale.
Mentre suona si rivolge spesso ai suoi compagni, con la chitarra che gli pende al collo come un peso di piombo, si atteggia alle volte al King del palco, ma poi in un grido lacera quella che è la realtà: un giovane talento in balia di ciò che è agli occhi del mondo, indifeso, forse impreparato.
Nel cuore del concerto, con pezzi come Little Wild, Emergency Blimp e la magnifica titletrack The Ooz – “Is anybody out there? ‘Cause I’m all alone” – questa straziante verità diventa palpabile. Ma forse è questo che ci piace di più perché è ciò che rende le sue parole, la sua performance e la sua musica più autentico che mai, che lo rende un vero artista, al di là della sua bravura nel comporre da solo testi e musica.

A coronare questo inaspettato trionfo suonano una dopo l’altra le canzoni che lo hanno consacrato: Baby Blue, Easy Easy e Out Getting Ribs, ricordandoci l’importante punto di partenza di una carriera, ancora agli esordi, destinata a brillare sempre di più.

SETLIST:
Has This Hit?
Ceiling
Dum Surfer
A Lizard State
Midnight 01 (Deep Sea Diver)
The Locomotiv
Rock Bottom
Little Wild
Emergency Blimp
A Slide In (New Drugs)
The OOZ
Half Man Half Shark
Baby Blue
Easy Easy

ENCORE:
Out Getting Ribs

King Krule at Magazzini Generali 28/11/17

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Quando sul palco del Fabrique di Milano i tecnici iniziano ad allestire la fila di aste per microfoni in prima linea, così imponente rispetto alla scenografia semplice e neutra, affiora la sensazione che qualcosa di solenne sta per avvenire: i tanto attesi sul palco questa sera, 10 novembre 2017, sono gli statunitensi Fleet Foxes, tornati a sorpresa quest’anno sulle scene musicali, dopo 6 anni di pausa, con l’album Crack-Up, pubblicato a giugno.

I fan hanno temuto a lungo il loro scioglimento dopo l’allontanamento dal gruppo del batterista Joshua Tillman (oggi in arte Father John Misty) e dopo il trasferimento del leader Robin Pecknold da Seattle, città d’origine della band, a New York City. Ma Pecknold è tornato più in forma che mai e frutto di tanta riflessione e lavoro è questo nuovo ambizioso e sfaccettato album.

Il concerto inizia proprio con i primi brani di Crack-Up, tra cui la splendida Cassius, ispirata dalle manifestazioni di protesta cittadine ed intitolata in onore del pugile Cassius Clay. Ma il pubblico comincia a scaldarsi in maniera particolare con il primo brano tratto dall’amatissimo album d’esordio Fleet Foxes del 2008 cantando il ritornello di Ragged Wood insieme ai numerosi cori maschili della band. Da questo momento sono molti i tuffi nel passato della carriera della band, come il folk più tenebroso di Your Protector o quello dal sapore medioevale di The Cascades.
Il ricco muro di suoni e di voci che accompagna ogni brano in setlist è interrotto solo per Tiger Mountains cantata in assolo dal frontman accompagnandosi con la chitarra classica. Questo romantico momento di raccoglimento viene subito spezzato con la doppietta delle famosissime Mykonos e White Winter Himnal, che fanno impazzire il pubblico in sala.

La complicità tra il pubblico e la band è sempre più palpabile canzone dopo canzone e non si può non riconoscere la bravura, l’umiltà e l’entusiasmo di questi giovani affiorare durante un live. Pecknold sa raccontare un’immagine, una storia, un personaggio in modo sempre personale ed autentico, lasciando l’ascoltatore viaggiare tra i paesaggi come tra le note. E’ per questo che dal vivo anche le canzoni più “pensate” del nuovo album si rivestono di un nuovo carattere, più esperenziale.
La lunga e magica serata si conclude con un nostalgico encore e la band saluta il suo cospicuo ma speciale pubblico con smaglianti sorrisi.

SETLIST:

Arroyo Seco
Cassius
Naiads
Grown Ocean
Ragged Wood
Your Protector
The Cascades
Mearcstapa
On Another Ocean
Fool’s Errand
He Doesn’t Know Why
Battery Kinzie
Tiger Mountain
Mykonos
White Winter Hymnal
Third Of May
The Shrine/An Argument
Crack-Up
Helplessness Blues

ENCORE:
Oliver James
Blue Ridge Mountains

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Archy Ivan Marshall è il giovane talentuosissimo cantante e musicista britannico dalla chioma rossa conosciuto anche come Zoo Kid. Ma è con lo pseudonimo di King Krule e con il suo primo album 6 Feet Beneath The Moon risalente al 2013 che ha attirato il grande pubblico facendolo innamorare della sua elettronica jazz, dark e punkeggiante e della sua voce calda e profonda tutt’altro che da ventenne.

In occasione della pubblicazione del suo secondo album The OOZ , avvenuta il 13 ottobre 2017, King Krule ha iniziato un lungo tour internazionale che toccherà il suolo italiano per un’unica imperdibile data:

28 novembre 2017 a Milano, presso i Magazzini Generali.

L’album è stato già accolto con successo da pubblico e critica, e i suoi concerti stanno registrando un sold out dopo l’altro. Vi auguriamo che uno dei biglietti andati a ruba per questa data sia vostro!

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Manca pochissimo all’arrivo in Italia del gruppo folk rock statunitense: il lungo tour europeo dei Fleet Foxes li porterà il 10 novembre 2017 al Fabrique di Milano per l’unica imperdibile data italiana.

La band di Seattle, esordita nel 2008 con l’album Fleet Foxes, arriva presto al successo e alla pubblicazione del secondo album nel 2011 Helplessness Blue e con il loro gusto raffinato e sognante sono giunti quest’anno alla pubblicazione del terzo capitolo della loro carriera con l’album Crack-Up, uscito il 16 giugno per la Nonesuch Records.

Ad aprire il concerto è il giovane Nick Hakim, nuova promessa del panorama soul e psichedelic rock statunitense, il cui album di esordio, Green Twins, è stato già largamente acclamato dalla critica.

I biglietti sono ancora disponibili presso i rivenditori ufficiali.

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Manca pochissimo all’arrivo in Italia del crooner australiano Nick Cave che con i suoi Bad Seeds porterà finalmente nel nostro Paese il suo ultimo album Skeleton Tree per ben tre date.

4 novembre – Kioene Arena – Padova
6 novembre – Mediolanum Forum – Milano
8 novembre – Palalottomatica – Roma

Skeleton Tree, pubblicato il 9 settembre 2016, segna il ritorno sulla scena artistica del cantautore, la cui assenza dai palchi era stata segnata dalla tragica scomparsa del giovane figlio Arthur. Grazie anche alla creazione dal toccante docu-film One more time with feeling, Nick Cave è riuscito anche questa volta a risalire l’oscurità degli abissi e del dolore e a trasformare in musica il suo percorso di salvezza, e noi non vediamo l’ora di sentire dal vivo questa sua nuova energia.

Le tre date italiane si svolgono nell’ambito dello stesso tour europeo partito in Inghilterra a fine settembre che ha già registrato un incredibile successo.
I biglietti sono ancora in vendita presso i rivenditori ufficiali.

Timber Timbre e Chris Cundy, foto di Stefano Marotta
Timber Timbre e Chris Cundy, foto di Stefano Marotta

Tra movimenti morbidi, voce calda e poche rare luci, una musica si manifesta al buio, viene plasmata lentamente e da una timida forma embrionale diventa, canzone dopo canzone, un gigante imbizzarrito, potente e misterioso.
E’ così che ricordo la performance dei Timber Timbre a cui ho assistito martedì 3 ottobre presso La Salumeria della Musica a Milano.

La band canadese in attività dal 2005 ha saputo conquistare album dopo album, ad oggi sei, una larga base di fan in tutto il mondo con il loro gusto dannatamente romantico, sensuale e profondo. Potrei nominare alcuni dei maestri ai quali va subito il ricordo ascoltando l’ultimo album in tour Sincerely, Future Pollution, come Nick Cave o David Bowie, per facilitare l’immaginazione.
Ma non basta, bisogna vivere quel brivido che scende lungo la schiena quando si avvertono le prime note di Hot Dreams, forse la loro canzone più nota, dell’omonimo album del 2014, quando sul palco sale il talentuoso sassofonista Chris Cundy, in tour con la band per aprire le date, a dare quel tocco di sensualità in più.

Un live vivido, sporco, graffiante ed ammaliante quello dei Timber Timbre. Non è andato tutto liscio come Taylor Kirk, il frontman di poche parole, avrebbe voluto, perché il trasporto su Hot Dreams è stato tanto da danneggiare il suo microfono che purtroppo limiterà le sue capacità vocali. Ma ogni brano scorre fluido, non si distingue un inizio da una fine, c’è solo lo scorrere di tante notti, ora più quiete, ora più oscure e frastornanti, ogni canzone ha nuova veste dal vivo.
Ad esempio il sax che fa padrone su Bleu Nuit ci trascina sulla scena di un crimine, come avvolti da un lungo impermeabile bagnato sul ciglio della strada di una città che di notte fa finta di dormire e ci scalda come l’abbraccio di un amante che da lungo ci attendeva. Freddo e calore di incontrano e si scontrano per rinnovare di volta in volta l’approccio del pubblico alla loro musica.

E’ così che in poco più di un’ora i Timber Timbre hanno saputo raccontarci la loro fatale visione del mondo dell’ultimo album ma anche farci viaggiare nella loro storia, senza tralasciare l’importanza di brani come Magic Arrow e Trouble Comes Knocking dell’album Timber Timbre del 2009 , o Do I Have Power, Woman e Black Water dell’acclamato Creep on Creepin’ On del 2011.

Cordiali saluti, dall’elegante band tutta al maschile che per una notte ha portato il pubblico di Milano nelle trame di un futuro inquinato di magia e ricordi vintage.

SETLIST:
Sincerely, Future Pollution
Sewer Blues
Velvet Gloves & Spit
Moment
Hot Dreams
Western Questions
Curtains!?
Until The Night Is Over
Magic Arrow
Grifting
Bleu Nuit
Do I Have Power
Woman
ENCORE:
Grand Canyon
Black Water
Trouble Comes Knocking

Taylor Kirk sul palco, foto di Stefano Marotta

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Il trio psych-folk di Montreal Timber Timbre torna in Italia in occasione del tour europeo del suo sesto album ufficiale Sincerely, Future Pollution, pubblicato il 7 aprile via City Slang e anticipato dai singoli Sewer BluesVelvet Gloves & Spite e Grifting.

La band fondata nel 2005 dal compositore e musicista canadese Taylor Kirk è giunta alla ribalta grazie ai precedenti acclamati album Creep on Creepin’on del 2011 e Hot Dreams del 2014 che hanno fatto guadagnare loro due nomination ai Juno Awards e un posto nella Polaris Music Prize, e anche grazie all’inserimento di diversi brani nelle colonne sonore di serie cult come Walking Dead e Breaking Bad.
L’uscita di quest’ultimo album è una delle sorprese più belle di questo 2017,  certi che li consacrerà definitivamente, è possibile assistere a tre date in Italia:

30 settembre 2017 Monk Club, Roma
01 ottobre 2017 Circolo Mame, Padova
03 ottobre 2017 Salumeria della Musica, Milano

I Timber Timbre continuano ad evolversi, come pochi altri nel corso degli anni hanno dimostrato di saper raccontare con uno stile unico le complessità emotive dell’uomo, le sue depravazioni e le sue ossessioni. E se “Hot Dreams” ha affascinato per quel suo tono noir capace di descrivere le pulsioni umane, questo nuovo “Sincerely, Future Pollution” compie un ulteriore e sorprendente passo avanti nella narrazione del lato oscuro presente in ognuno di noi. Registrato a Parigi l’album parla soprattutto dell’attuale condizione politica e sociale. E’ il suono della rassegnazione e della desolazione più totale che proviene direttamente dalle viscere di una metropoli. Un album sospeso tra sogno e realtà , che ci conduce con atmosfere inquietanti in uno spazio senza tempo in cui la tradizione americana del passato viene costantemente citata e reinterpretata.