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Alessio Gallorini

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Classe 1987. Scrive e ascolta musica fin da quando gli hanno comprato uno stereo e dato un'educazione. Toscano doc, conduce un programma radiofonico tutto "home-made" che non poteva che chiamarsi "L'Appartamento". Laureato in giurisprudenza, ma allergico ai tribunali. Ama la letteratura e tutto ciò che è arte. Finchè non si annoia. Frase del cuore: "Costruire è sapere, è potere rinunciare alla perfezione".

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Filippo Bonamici, nato a Roma, cresciuto a Dublino e di base adesso a Berlino, è un nome che dovreste segnarvi sul taccuino degli “ascolti da fare”; se infatti già non conoscete e amate il suo disco d’esordio “Beautiful Sadness”, uscito sotto il suo moniker Fil Bo Riva, è il momento di farlo senza indugiare oltre.

Vi perderete nelle sonorità ariose e nelle armonie di brani come “L’over” e “L’impossibile”, pezzi in cui il cantato alla Jeff Buckley di Filippo si mescola con il pop di classe di Cesare Cremonini.

Ho avuto l’opportunità di fare quattro chiacchiere con lui prima del suo set in apertura agli Imagine Dragons alla Visarno Arena di Firenze, a dimostrazione di come Fil Bo Riva stia scalando le vette del successo ad una velocità impressionante, come capita ai grandi talenti.

Ciao Filippo, ci incontriamo in questa occasione particolare, suoni in apertura ad un evento gigantesco, agli Imagine Dragons, che giusto ieri (sabato per chi legge) hanno aperto la finale di Champions League. Come ti senti?

Guarda, mi sono reso solo ieri che aprivano la finale, leggendo le news, mi sono detto: “oddio, aprono la finale!”. Per il resto mi sembra tutto abbastanza surreale, si avvererà tutto solo quando saliremo sul palco. Per il momento sono ancora rilassato, poi magari subentrerà quel pizzico di nervosismo che è una motivazione in più.

In questi pochi mesi stai già ottenendo riconoscimenti enormi, “Beautiful Sadness” è uscito solo a marzo scorso ed è il tuo primo lavoro dopo un EP d’esordio. Come hai vissuto questi passaggi repentini verso il successo?

E’ stato un lavoro che si è sviluppato piano piano, da fuori magari sembra tutto veloce, ma in realtà lavoravamo sul progetto dal 2015, quindi mi sembrano giusti i tempi di maturazione. In 4/5 anni è normale vedersi in live più grandi, mi sembra un’evoluzione giusta. Escluso l’evento di oggi che è veramente enorme ed è un jolly pescato dal mazzo, che però speriamo si possa ripetere in futuro.

Come è stata l’accoglienza del pubblico italiano nel tuo tour nei club?

Sono stati i primi concerti in queste città, tranne Milano, dove ero stato già nello scorso tour, e devo dire che l’accoglienza è stata ottima. Anche se magari qui abbiamo meno pubblico rispetto alla Germania, gli italiani hanno il doppio dell’energia, ti regalano veramente serate magiche. E’ stato bellissimo.

Ecco, quali sono le differenze tra il pubblico italiano e il pubblico tedesco o di altri Paesi europei, se le hai notate?

Ce ne sono diverse, secondo me la più evidente è proprio il modo di dare energia all’artista che suona, l’empatia, su questo in Italia sei più aiutato.

Tu sei cresciuto all’estero, tra Dublino e Berlino, cosa ha dato questo al tuo suono?

Abitare in Irlanda e in Germania ha contribuito sicuramente al mio modo di vedere la musica, per esempio in Irlanda dal 2006 al 2010 ho conosciuto una quantità enorme di artisti che non avrei potuto conoscere in Italia o in Germania. Passando poi in Germania ho conosciuto altri tipi di artisti e ho imparato lì un approccio che ritengo giusto alla musica, sono cresciuto come persona e come artista grazie ai posti in cui ho vissuto.

Una cosa che mi ha colpito di “Beautiful Sadness” è la cura degli arrangiamenti, quanto lavoro hanno richiesto?

E’ la parte di lavoro che ha richiesto più tempo, per portare le canzoni a suonare come suonano adesso.

Il concetto di “Beautiful Sadness” è assolutamente perfetto per riassumere il tuo suono.

Sì, il disco viene da una sofferenza, un percorso di crescita. Mi piace citare Tenco quando diceva “scrivo canzoni quando sono triste perchè quando sono felice, esco”. Io non mi ritengo una persona triste, sono una persona normalissima, ma mi piace farmi ispirare da cose più malinconiche.

Un giorno magari il mio suono si svilupperà in un’altra direzione ma per ora mi sento ancora in questo mood.

Se dovessi citare alcuni artisti che ti hanno ispirato mentre scrivevi il disco, a chi penseresti?

Ce ne sono veramente troppi, è una domanda difficile

Io ci ho trovato qualcosa di Jeff Buckley…

Grazie del complimento, non è stato uno dei miei ascolti durante le registrazioni. Forse le influenze principali mie sono ancora quelle beatlesiane, sono cresciuto con loro e sono il motivo per cui ho iniziato a suonare. Credo nel modo di lavorare sulle armonie ci sia qualcosa dei Beatles in “Beautiful Sadness”.

Come rendi live il lavoro sulle armonie che si apprezza tanto nel disco?

Ancora non siamo al punto in cui le armonie sono le stesse del disco, anche perchè servirebbero 5 Filippo che cantano (sorride, ndr), però sicuramente ho portato i membri della mia band (tutti “made in Germany”) più vicino al modo di intendere la musica che ho io con tanto lavoro in sala prove.

Hai già in mente un percorso futuro di sviluppo del tuo suono?

Ancora no, però ho imparato che, visto che il disco è piuttosto complesso negli arrangiamenti, sto scrivendo canzoni più semplici dal punto di vista della melodia, questa è l’unica cosa che posso dire, per il resto è ancora tutto in divenire.

Quale è stato l’approccio, dopo i tuoi periodi all’estero, alla vita italiana e quali sono i lati positivi e negativi che hai trovato nella nostra realtà musicale rispetto a quelle straniere che hai sperimentato?

Mi sono allontanato dall’Italia fisicamente ma mai emozionalmente, ho sempre continuato ad ascoltare artisti italiani oltre alla musica inglese.

Mi sembra difficile riuscire a dire quali siano gli aspetti in cui, ad esempio, la scena italiana potrebbe imparare da quella tedesca, anche perchè ce ne sono altrettanti in cui potrei dire l’opposto. Credo che mescolare i modi di fare, i vari aspetti, ognuno con le proprie differenze, resti la vera forza.

C’è una data del tour che ti è rimasta nel cuore, a parte il mega-evento di oggi (sabato per chi legge, ndr)?

Te ne dico due, la prima data a Milano e poi la data di Amburgo. Due serate magnifiche.

Nel 2016, quando avevi suonato anche a Milano, avevi aperto il tour di Joan as a policewoman. Adesso hai un artista con cui vorresti collaborare o di cui vorresti aprire il live?

Anche più di uno, te ne dico due: italiano ti direi Cesare Cremonini, mentre come artista internazionale vorrei aprire un live di Bon Iver, anche se musicalmente facciamo cose diverse. Sarebbe un sogno.

 

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Cresce a dismisura l’attesa per l’unica data europea nel 2019 degli Imagine Dragons, che li vedrà esibirsi proprio in Italia, sul palco della Visarno Arena di Firenze, in un ghiotto antipasto di quello che sarà poi il Firenze Rocks.

Il prossimo 2 giugno la band di Las Vegas tornerà in Italia dopo il trionfale show che li ha visti protagonisti al Milano Rocks 2018, show che ha visto presenti ben 60.000 spettatori.

Ad aprire la loro unica data europea saranno due artisti d’eccezione, in primis il cantautore inglese Jake Bugg, il cui ultimo album “Hearts that Strain” lo ha visto collaborare con il famosissimo produttore e vincitore del Grammy Award David Ferguson. Il disco contiene anche una collaborazione con Noah Cyrus, sorella di Miley e figlia di Billy Ray nel brano “Waiting”. Un nuovo sound, più rilassato, è protagonista oltre che del disco, anche della tournée mondiale.

L’altro opening d’eccezione sarà Filippo Bonamici, alias Fil Bo Riva, giovane artista di origine italo-tedesca, Fil Bo Riva,  che fin dall’età di 14 anni ha speso la sua vita girando il mondo, passando dagli studi in Irlanda a Berlino. Dopo una nomination agli European Music Talent Awards 2019, tre tour europei sold out, la partecipazione ai più importanti festival internazionali, Fil Bo Riva ha pubblicato lo scorso 22 marzo il debut album Beautiful Sadness e lo short movie di 9 minuti Different But One.

I biglietti per l’unica data europea degli Imagine Dragons sono in vendita sui circuiti Ticketone e Ticketmaster.

 

IMAGINE DRAGONS

2 giugno 2019
Firenze – Visarno Arena (Parco delle Cascine)

SUL PALCO PRIMA DELLA BAND AMERICANA
JAKE BUGG E FIL BO RIVA

Valerie Trebeljahr domina il palco con semplicità, un’eleganza rara e moderata di gesti e pensieri, sorrisi sparsi e gentilezza: è una tempesta potente in un bicchiere d’acqua da bere d’un fiato per dissetarsi. Ed è esattamente questo che è la musica dei suoi Lali Puna, un qualcosa che ti colpisce, ti fa fremere, ma allo stesso tempo ti tranquillizza, ti fa sorridere. Di fronte a un Locomotiv riempito da una folla che ormai ha imparato ad amarli anno dopo anno, i tre membri della band tedesca sfoderano un live ricco, musicalmente ed emotivamente. Sono vent’anni da “Tridecoder“, un disco che ha cambiato tante cose, per noi e per loro, facendo scoprire al mondo la parola “indietronica” e facendo sì che un certo Jonny Greenwood citasse i Lali Puna in ogni intervista come una delle sue band preferite.

20 anni dopo Valerie è forse meno giovane ma non meno fresca di allora e la sua voce ha lo stesso velluto nelle corde, mentre sotto la batteria pompa e le tastiere fanno letteralmente volare e i brani si intersecano in una session avvolgente, di cui è impossibile stancarsi: chiudi gli occhi e ondeggi a tempo, tra “6-0-3” e “Scary World Theory”, passando per “Faking the books” e “For only love”,  senza dimenticare brani recenti come “Small things” o “Being water”.

Le luci sullo sfondo danno a Valerie un’aura magica, mentre lei ci sorride dolcemente e articola ringraziamenti in italiano, scusandosi di essersi scordata un brano in scaletta e proponendolo in extremis, prima proprio della conclusiva “Being water”.

E’ la semplicità, contorno ideale di una perfezione sonora invidiabile, il tratto distintivo dei Lali Puna, quello che te li fa sentire vicini. Amabili. Quello che ti fa dire: vorrei che questo live non finisse mai.

E’ esattamente così che si sentivano gli spettatori del Locomotiv quando, alla fine del live, potevi vederli sorridere, soddisfatti, incamminandosi fuori, nella fredda notte bolognese.

Una menzione speciale va fatta per la biondissima ed emozionatissima Surma, che ha aperto il live con il suo set tutto tastiere, chitarre ed effetti: elettronica “made in Portugal” estremamente godibile. Da tenere d’occhio.

 

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Torna con un nuovo album e un tour una delle band seminali del rock “made in USA”, ovvero i bostoniani Pixies, veri mostri sacri della scena rock mondiale fin dai tempi di “Surfer Rosa” e fin da allora oggetto di imitazioni quasi sempre mal riuscite.

La buona notizia è che il loro prossimo tour passerà anche dall’Italia con ben due tappe e i biglietti saranno in vendita dalle ore 11.00 del prossimo 5 aprile su ticketone.it.

Del nuovo album in uscita a settembre si sa ancora pochissimo, ma la loro carica live è leggendaria, per cui il consiglio è di non perderli assolutamente!

Queste le due date italiane:

11 ottobre 2019 – Bologna, Estragon Club
Pixies live all’Estragon – Bologna

12 ottobre 2019 – Torino, OGR – Officine Grandi Riparazioni Torino
Pixies @OGR Torino

 

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Tornerà in Italia, dopo la splendida data del Barezzi Festival di Parma dello scorso novembre, Anna Calvi, forte del suo nuovo, bellissimo disco, “Hunter”; stavolta saranno ben 4 le date della cantautrice inglese, tra luglio e agosto prossimi.

Queste le location prescelte:

2 luglio – Circolo Magnolia – Segrate (MI) – Unaltrofestival 

4 luglio – Arti Vive Festival – Soliera (MO)

31 luglio – Bastion San Marco – Trevisto – Suoni di Marca Festival

31 agosto – Acquaviva delle Fonti (SI) – Live Rock Festival

Le date di Soliera e Acquaviva delle Fonti saranno ad ingresso gratuito, mentre per la data milanese il prezzo sarà di 30 euro + prevendita. Ancora non si conosce il prezzo della data veneta.

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A 14 anni di distanza dall’EP “In the Reins” che concepirono insieme, finalmente li rivedremo sullo stesso palco per suonarlo interamente, insieme a pezzi dai loro ultimi lavori: stiamo parlando di Calexico (alias Joey Burns e John Convertino) e Iron & Wine (aka Samuel Ervin Beam), che arriveranno nel nostro Paese per ben 5 imperdibili date.

I Calexico hanno pubblicato nel 2018 il nono album The Thread that keeps us, mentre risale al 2017 l’ultima fatica discografica di Iron & Wine, Beast Epic.

Queste le location e le date prescelte per un tour che si preannuncia unico:

lunedì 22 luglio – Giardino della Triennale – Milano

martedì 23 luglio – Vittoriale – Gardone Riviera (BS) – Tener-a-mente Festival

mercoledì 24 luglio – Villa Ada – Roma

giovedì 25 luglio – Cavea del Teatro dell’Opera – Firenze 

venerdì 26 luglio – Monfortinjazz – Monforte d’Alba (CN).

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La band cuneese sarà in giro per l'Italia con "30 20 10": dieci live imperdibili per festeggiare 30 anni di carriera e 20 anni di "Ho ucciso paranoia"

Sono nati nel 1989, il loro terzo disco “Ho Ucciso Paranoia” è uscito nel 1999 e quest’estate toccheranno 10 città con live “doppi”, come già sperimentato ai Magazzini Generali di Milano nell’ottobre scorso: stiamo parlando dei Marlene Kuntz e del motivo per cui il loro prossimo tour si chiamerà semplicemente “30:20:10”.

“Partiamo dai concerti doppi, da MK al quadrato. Due concerti per ogni serata: un primo tutto acustico e un secondo tutto elettrico. Per un totale di quasi tre ore di spettacolo”, ha fatto sapere la band piemontese a proposito del tour, proseguendo: “Abbiamo deciso di portare avanti l’esperimento fatto lo scorso ottobre a Milano, quando un pubblico attento ed emozionato ci seguì in queste due nostre dimensioni. Allora fu un esperimento, ora sarà una conferma, assecondando il desiderio di portare in giro per l’Italia la doppia anima che è insita nel nostro stesso nome”. Il gruppo ha poi precisato che “Ho ucciso paranoia”, ideale seguito di “Il vile” (1996), sarà suonato per l’occasione nella sua interezza.

Queste le dieci fortunate città scelte da Cristiano Godano e compagni a partire dal prossimo 11 luglio:

11 LUGLIO, PARMA, PARMA MUSIC PARK
12 LUGLIO, ROMA, TEATRO ROMANO DI OSTIA ANTICA – ROCK IN ROMA
14 LUGLIO, FIRENZE, CAVEA DEL TEATRO DEL MAGGIO MUSICALE FIORENTINO
16 LUGLIO, NICHELINO (TO), STUPINIGI SONIC PARK c/o Palazzina di Caccia
18 LUGLIO, MILANO, CARROPONTE
19 LUGLIO, UDINE, CASTELLO
20 LUGLIO, VILLAFRANCA (VR), CASTELLO SCALIGERO
22 LUGLIO, BOLOGNA, BOTANIQUE
24 LUGLIO, PESCARA, TEATRO GABRIELE D’ANNUNZIO
26 LUGLIO, RAGUSA, CASTELLO DI DONNAFUGATA

Biglietti già in prevendita sull’abituale circuito ticketone.

 

7 anni. Tanto è passato dall’ultima volta che Jack Tatum si era affacciato in Italia con il suo progetto Wild Nothing e, come allora, non poteva mancare la tappa al Covo Club di Bologna, perchè il Covo è uno di quei posti che, una volta che ci suoni, ti resta nel cuore, soprattutto se, come è accaduto anche ieri sera per l’ultima data del minitour italiano di Tatum e soci, è più che sold out: il Covo è uno di quei posti che straborda di vita, musica, storia, canzoni.

E Wild Nothing gli ha reso onore con un live superbo, che ha confermato la crescita della band, ormai principale esponente nel mondo di quel dream pop che ci fa sognare, ancheggiare e divertire, oltrechè cantare a squarciagola (su “Summer Holiday” non potevano certo mancare i cori).

Arrivati con “Indigo” al quarto disco i Wild Nothing hanno mostrato nuove sfaccettature del loro mondo sonoro, un mondo che sa essere umbratile e solare nello spazio di 3 minuti, grazie al sapiente uso di tastiere, sax (che ha aggiunto colori nuovi al sound della band della Virginia) e, ovviamente, delle immancabili chitarre.

Si parte subito col classico “Nocturne” e già si capisce che non sarà una serata come le altre: l’atmosfera si fa magica e quando arriva “Live in Dreams” stiamo davvero già tutti sognando.

“Partners in Motion” è un preambolo perfetto, così come “Bend”, per “Summer Holiday”, l’apice della serata: si balla, si canta, si sorride e Jack è visibilmente frastornato da tanto affetto.

“Paradise” e “Letting Go” completano il quadro coloratissimo e vivido di una band in splendida forma, adorata dal pubblico bolognese, che si disperde sulle note di un altro classico, “Shadow”, con Tatum che resta tranquillamente sul palco a smontare e a fare autografi e selfie, come un umile musicista alle prime armi, lui, che è forse l’espressione più riuscita del dream-pop versione anni 10.

E già solo per questo, merita l’amore e la stima di tutti, anche se non avesse scritto quei pezzi capolavoro.

Ah già… li ha scritti!

WILD NOTHING Setlist @ Covo Club (09/03/2019)

Nocturne

Wheel of Misfortune

Golden haze

Flawed Translation

Live in dreams

Partners in motion

Bend

Summer holiday

Whenever I

Shallow water

Canyon on Fire

Paradise 

Letting go

Chinatown

A dancing shell

Shadow

 

La scatola nera del Covo Club si colora di sfumature shoegaze e dream-pop questo weekend: un primo assaggio lo si è avuto ieri sera, quando sul consueto palco bolognese sono saliti i londinesi TOY, guidati da Tom Dougall, mentre stasera toccherà a Jack Tatum (aka Wild Nothing).

Oscurità e dinamismo al servizio della distorsione, si potrebbe definire così il live di presentazione di “Happy in the hollow”, ultima fatica dei TOY, che alle 22,45, puntualissimi, sono saliti in scena e ci hanno subito fatto capire che era il momento di chiudere gli occhi e far ondeggiare la testa.

Dougall e soci hanno privilegiato un set tirato, in cui la batteria si faceva ficcante, perentoria e le chitarre costruivano quel muro di suono tipico delle sonorità shoegaze, da perfetti figliocci degli Slowdive.

Su questo tappeto sonoro si inseriva un cantato profondo, emozionale: le voci di Dougall e Maxim “Panda” Barron si alternavano ed intersecavano alla perfezione, in una cavalcata senza posa: da “Jolt awake” a “I’m still believing”, passando per “Fall out of love” e “The Willo” la band londinese non ha fatto mancare quasi niente della sua produzione, esaltando e coinvolgendo vecchi e nuovi fan, confermando come ancora una volta i TOY godano in Italia di uno zoccolo duro di seguaci.

Se i volumi non erano perfetti e mancava qualcosa alle dinamiche basso/tastiere, il tutto era compensato dalla verve della band, apparsa veramente felice di questo minitour italiano (oltre a Bologna, tappe anche a Roma e Milano) e da un Tom Dougall sempre più simile, per movenze e sguardi a quello Ian Curtis che è certamente il suo più alto riferimento nell’attitudine “compostamente punk”. Sguardo penetrante e voce che tocca il cuore, la formula di Dougall è tanto semplice quanto efficace e quando partono le parole di “Dead & gone” non si può non rimanere basiti, stupefatti, ammaliati.

Il live si chiude con “Energy” e la sensazione è che i TOY siano ancora un gruppo in crescita e che “Happy in the hollow” li abbia confermati su altissimi livelli.

E che, a più di trent’anni dalla nascita del termine “shoegaze”, guardarsi le scarpe sia ancora bellissimo.

TOY setlist @ Covo Club (08/03/2019)

Jolt awake

I’m still believing

Sequence one

Mistake a stranger

Fall out of love

Move through the dark

You make me forget myself

Motoring

The Willo

Join the dots

Last warmth of the day

Mechanism

Dead & gone

Energy

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La band presenterà il nuovo album "Happy in the Hollow"

“Happy in the Hollow” è il titolo del nuovo album dei TOY, uscito il 25 gennaio 2019 su Tough Love Records.
La band inglese lo presenterà in tour europeo che farà tappa anche in Italia con tre date.

Ecco dove vederli:
06 marzo – Milano, Circolo Ohibò
07 marzo – Roma , Largo venue
08 marzo– Bologna , Covo Club

“Happy In The Hollow” è il quarto album della band registrato a Londra allo Studio B di Dan Carey, prodotto e mixato dalla band stessa e riporta la band a quelle sonorità dream-pop/shoegaze che li hanno resi iconici agli occhi dei fan.

 

Si chiudeva ieri sera al Covo Club di Bologna il mini-tour italiano degli statunitensi Cloud Nothings, e non c’era forse posto migliore per far sì che tutta la forza di questa straordinaria band si sprigionasse: il piccolo, ma pulsante cuore di Bologna, il Covo, luogo da cui sono passate band quali Franz Ferdinand, piuttosto che gli Shame, si è rivelato essere casa perfetta per Dylan Baldi e soci.

Il club di viale Zagabria si è andato via via riempiendo e, dopo l’ottima apertura dei romani Big Mountain County (da tenere d’occhio), era già stracolmo quando la band dell’Ohio è salita in scena.

Ed è stato subito il delirio: in un momento storico in cui le chitarre vengono sempre messe in secondo piano, a favore di synth ed elettronica in genere, i Cloud Nothings ci fanno riassaporare il gusto del suono e ci mostrano cosa voglia dire sudare, sopra (e sotto) il palco.

Da “Leave him now” a “The Echo of the World”, tratti dall’ottimo “Last Building Burning”, fino a “Now hear in” e “Stay useless” si crea un’empatia straordinaria tra il pubblico e la band, in un crescendo di suono, un vero e proprio muro di chitarre sapientemente miscelate con l’aiuto della batteria di Jayson Gerycz, una drum-machine umana pronta a pestare su qualsiasi cosa, accelerando e rallentando a piacimento.

In tutto questo clima ovviamente l’esaltazione sotto il palco è diventata via via più palpabile, tra pogo selvaggio e perfino stage diving e crowd surfing, in un’estasi collettiva che ha raggiunto il suo apice su “I’m not part of me”.

Dylan Baldi a guidare le danze sotto il suo cappellino da baseball e ad urlarci nelle orecchie tutta la sua frustrazione, ricevendola di rimando decuplicata dai cori del pubblico.

Chiunque abbia anche solo pensato per un secondo che sia finita l’epoca delle chitarre e dell’indie rock “fatto bene”, dopo aver visto un live dei Cloud Nothings non potrà che ricredersi.

Gli amici, un pranzo, la musica, l’incertezza, gli amori, una canzone nata per caso: è questo
Frigorifero primo brano estratto dell’album d’esordio del giovane cantautore lucchese
Gionata , prodotto da Jesse Germanò (John Canoe) in uscita per Phonarchia Dischi.

Raccontare la condizione del fuorisede, senza nominarlo, ma tracciandone la quotidianità
attraverso storie che ruotano attorno all’elettrodomestico cardine della cucina, il frigorifero
appunto.
Dall’amore alla condizione esistenziale di un musicista, dall’incertezza alla gioia: tutto si
snoda con un velato sottofondo di leggerezza che rende il brano una piccola prelibatezza
pop.

La traccia che anticipa l’uscita dell’album, prevista il prossimo autunno è, come tutte le
altre, autobiografica, nata da esperienze di vita vissuta dello stesso Gionata nel suo
peregrinare da Lucca a Milano. Storie d’amore fugaci, passione smisurata per Syd Barrett e
una visione della musica libera e d’istinto.

Il commento di Gionata su Frigorifero :
“Ci sono due lati di questa canzone: un lato A in cui si intrecciano due canali narrativi,
ovvero l’incertezza nelle relazioni e il dubbio più concreto che ti assale quando si apre il frigo
“cosa mangio? Boh!”. In questo senso il frigorifero diventa uno specchio esistenziale.
C’è poi un lato B della canzone dove si fa riferimento alla figura del musicista: il non essere
su Deezer sottolinea, in modo acritico, come sia ormai importante la presenza su determinati
canali per essere riconosciuto come musicista che può mettere le sue canzoni in secondo
piano preso da altri bisogni narcisistici che qui vengono simboleggiati in un gelato o in una
relazione da una notte”.

Ma chi è Gionata?
Ex Violacida, a febbraio 2018 entra in studio per lavorare al suo primo disco solista, con la
produzione artistica di Jesse Germanò (John Canoe) al Jedi Sound Studio di Roma.
Nato e cresciuto a Lucca si è trasferito nella metropoli milanese dove sperimenta la vita del
fuorisede con altri tre coinquilini.
Le sue canzoni parlano, nemmeno a dirlo, di amori, litigi, serate e malinconia il tutto con un
tocco di disincanto tipico della sua terra d’origine.
L’uscita del disco è prevista nell’autunno 2019.

ASCOLTA FRIGORIFERO
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