Giacomo Voli: intervista al rocker della seconda edizione di The Voice

Giacomo Voli: intervista al rocker della seconda edizione di The Voice

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Giacomo Voli è stato uno dei concorrenti della seconda edizione di The Voice. Aspetto da rocker graffiante, abbigliamento aggressivo, una voce acuta e potentissima. In molti lo indicavano come favorito per la vittoria finale, ma nessuno aveva fatto i conti con suor Cristina, che a livello mediatico e di televoto non ha avuto rivali. Così per Giacomo è arrivato il secondo posto, una buona visibilità e il rimpianto di una mancata vittoria, che forse gli avrebbe offerto altri scenari musicali. Il passato è passato, lui non si è perso d’animo e dopo un breve periodo di riflessione è ritornato sul palco, per fare l’attività che ama: cantare. Ancora non sa se il suo futuro da artista gli consentirà di vivere con la musica, ma intanto ci prova. L’abbrivio che gli ha regalato lo show televisivo, è un buon viatico per un tour molto partecipato a livello di pubblico, in attesa di poter incidere quel disco e trovare un contratto in grado di farlo diventare un professionista. L’abbiamo incontrato ad Asti e lui gentilmente ci ha concesso questa intervista.

Trovare tue notizie antecedenti la scorsa primavera è davvero difficile. Vuoi dirci tu chi è veramente Giacomo Voli?
«Prima dell’esperienza televisiva di The Voice ero uno dei tanti cantanti * che proponeva generi che andavano dall’Hard Rock al Metal al Prog, che si esibiva in musical. In poche parole ero specializzato in cover, per prendere parte a qualche serata e racimolare quel minimo per rientrare dalle spese. Non pensavo assolutamente di poter diventare cantante a tempo pieno e comincio a crederci solo oggi, visto che è accaduto tutto così in fretta ed è ancora molto presto per fare progetti. Sicuramente il mio obiettivo è quello di crearmi un’identità definita e proporla al pubblico. In questo senso il talent è servito per avere visibilità. Al giorno d’oggi è difficile che si cerchino volti nuovi e che si voglia investire su di essi».

Come te ce ne sono tanti?
«Certo e voglio salutarli. Purtroppo il programma è fatto così, per quei pochi che emergono ce ne sono tanti, bravissimi che sono ritornati a casa. E’ il meccanismo del gioco, il rischio di queste avventure televisive».

Cosa ti ha dato in termini artistici il programma?
«Sicuramente mi ha riportato nella dimensione che io prediligo. Prima se dovevo immaginare una carriera musicale per me, non la vedevo con l’hard rock e il metal, ma con un qualcosa di più appetibile per il mercato discografico italiano. Avevo scritto alcuni brani che propongono sonorità vicine ai Subsonica o i Verdena. Ora invece The Voice mi ha fatto capire che comunque c’è spazio anche per il rock finalmente, anche a livello di mainstream».

Quali sono i musicisti a cui ti sei ispirato?
«Io amo il rock progressivo dei Dream Theater e il rock graffiante degli Skunk Anansie».

Dopo giugno, cosa è cambiato dal punto di vista professionale?
«Finita la trasmissione mi sono dato un mese di tempo per mettere a fuoco la situazione. In questo periodo ci siamo chiusi in sala prove con la band, per mettere insieme un repertorio da proporre nel corso dei concerti già fissati per i mesi estivi. L’intento è stato quello di uscire il più presto possibile, per far sentire alla gente che non ero sparito. Ne è uscito un tour che mi ha dato grandi soddisfazioni».

A livello di promozione come ti sei organizzato?
«Dopo la decadenza dell’opzione esercitata dalla Universal, che non ha dimostrato interesse per me, mi sono affidato ad un’agenzia, che curerà la promozione e cercherà l’etichetta migliore per me. Sono giorni di fermento, che metteranno chiarezza sul mio futuro».

Ritorniamo a parlare di The Voice e al momento in cui sei stato selezionato. Tu puntavi ad avere Piero Pelù come coach?
«Diciamo che ho affrontato la selezione senza illudermi, con la filosofia di chi si sarebbe accontentato. Ovviamente quando lui si è girato ovviamente ne sono stato lusingato. Anche J-Ax mi ha tentato, per il suo passato punk ma… naturalmente Piero era quello più affine al mio modo di intendere la musica! Lui è stato il rocker italiano più onesto e sebbene non canterò il suo stesso genere non ho avuto dubbi sulla scelta. Devo comunque dire che sono stato sorpreso dall’interesse della Carrà e anche quello di Noemi durante le puntate. Rifarei sempre la stessa scelta!».

Non possiamo dimenticare come la trasmissione sia stata influenzata pesantemente dalla presenza di suor Cristina Scuccia, che ha sparigliato le carte. Come hai vissuto questo strapotere a livello mediatico?
«Non essendo un vero e proprio reality, di riscontri con l’esterno ce n’erano parecchi. Lei è sempre stata…una suora! Nelle settimane di convivenza ha continuato a fare la religiosa prima ancora che la cantante. Forse il problema non è lei, ma ciò che i mass media hanno fatto di lei. Suor Cristina ha regalato a tutta la trasmissione una visibilità internazionale impensabile, ed è anche grazie a questo che ricevo molte mail dall’estero, anche se poi tutti ricorderanno la seconda edizione di The Voice come quella “della suora”…».

Ti senti il vincitore morale, visto che lo scontro finale vi ha visti uno contro l’altra?
«Per me è stata una sorpresa arrivare in finale. Meritavano in molti: artisti come Daria Biancardi o Dylan erano fortissimi, e così molti altri concorrenti. E’ andata bene così. Diciamo che mi son sentito di rappresentare quelli come me che vorrebbero vivere facendo musica. Suor Cristina ha fatto una scelta che forse rende un po’ difficile contemplare anche la vita da musicista. Dopo essere entrata nel vortice di The Voice non poteva nemmeno tirarsi indietro, visto che ci sono penali per chi rinuncia. Di sicuro per lei il voto è un grande freno per una possibile carriera artistica».

E’ un dato di fatto che forse oggi avresti in mano quel contratto riservato al vincitore…
«Eh oh… Tutti i concorrenti speravano in quell’unico primo posto che avrebbe regalato il contratto per l’incisione del disco. Al di là dell’aspetto mediatico un disco è un disco e ora quel diritto spetta soltanto a suor Cristina. The Show must go on, come diceva il mio mito!».

Intervista e photogallery a cura di Vincenzo Nicolello

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